Millennial, Generazione Y, Trophy kids: al Comincenter le etichette non contano.
Comincenter all'Unibas - photo credits Giuseppe Lotito

Millennial, Generazione Y, Trophy kids: al Comincenter le etichette non contano.

Chiamateci pure Millennial, Generazione Y, Trophy Kids, ma quando abbiamo aperto Universosud, la nostra intenzione era quella di restare nella nostra regione, qui nel posto dove siamo nati.

Sentivamo forte, come giovani, neo-laureati di una “generazione senza tutto”, il desiderio di provare a costruire qualcosa di sensato e di utile per i ragazzi come noi e per quelli che sarebbero venuti. Volevamo dare il nostro contributo e lasciare un segno, sia pure una scheggia di luce, alle prossime generazioni.

Avevamo capito che il nostro compito era “esserci” qui e ora.

Avevamo capito che andando altrove avremmo probabilmente trovato opportunità di lavoro, una casa, uno stipendio. Ma restando avremmo potuto realizzare un sogno.

Il Comincenter nasce per questo. In troppi hanno smesso di sognare e rincorrono con affanno il miraggio di una vita dettata dai paradigmi sociali. Ci stanno abituando ad accontentarci.

Qual è il vostro piccolo sogno, cosa vi piace, cosa volete fare “da grandi”?

Il “luogo delle opportunità”, come ci hanno definito, non è una fabbrica di pacchetti per il successo pre-confezionati. È un microcosmo di strade e case in cui ognuno è chiamato a scegliere il proprio percorso con impegno e fatica.

E cosa fa il Comincenter allora?

Vi aiuta a mettere a fuoco dove siete diretti, vi insegna a leggere la mappa, prova a fornirvi gli strumenti per intraprendere il vostro percorso. Come scrivevo qualche tempo fa, ci si allena come Rocky Balboa , ma per diventare campioni nella ricerca attiva del lavoro, per affinare l eproprie competenze, per impararne di nuove.



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Era il 1997 quando la Apple usciva con la famosissima campagna Think different che chiudeva con:

solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, lo cambiano davvero.”

La mia generazione è cresciuta sotto il mito del successo.

Ma ci siamo schiantati contro questo miraggio. Non siamo tutti Steve Jobs, non siamo la Apple degli anni novanta nella Silicon Valley. Da quelle realtà ci separano una cultura completamente differente, vent’anni di storia, una crisi mondiale che pende ancora pesantemente sulle nostre teste e su quelle delle prossime generazioni.

Non serve cambiare il mondo intero, basterebbe provare a cambiare le piccole cose di ogni giorno.

Avere successo? Per dirla con le parole sempre attuali della filosofia:

Lasciare il mondo un pochino migliore, si tratti di un bambino guarito, di un’aiuola, del riscatto di una condizione sociale; sapere che anche una sola esistenza è stata più lieta per il fatto che tu sei esistito. Ecco, questo è il successo.” (Ralph Waldo Emerson)




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