NEL NOME DELLA MADRE
NEL NOME DELLA MADRE
Accenni di riflessione sul 'materno'
'E se le madri sono il nuovo Dio, l’unica cosa sacra rimasta, allora io ho ucciso Dio'.
C. PALAHNIUK -Soffocare-
Oggi la mia riflessione è frutto di una riflessione ben più ampia, su cui ormai lavoro da tempo e parte da una domanda precisa, solida, netta: ai nostri giorni, nella nostra società, ci sono stati innumerevoli cambiamenti per ciò che concerne la definizione di famiglia e di sistema familiare; questi cambiamenti riguardano inevitabilmente, anzi proprio da lì partono, le figure genitoriali: che possiamo dire su di loro? Cosa possiamo non dire più su di loro? Cosa è cambiato?
Ricordo che già Spitz nel 1973 affermava che la relazione genitore-bambino rappresenti il contesto psicologico più frequentemente soggetto ad un intervento terapeutico, e che quindi sia fondamentale prendersene cura, nel modo più approfondito possibile. Ed è partendo da questo presupposto che il mio interesse si sta focalizzando sul modo in cui si sono trasformate, se si sono trasformate, le rappresentazioni simboliche dei vari membri del sistema familiare, e questo osservando anche ciò che capita nello specifico all'interno dell'arte e della letteratura contemporanea.
Ho deciso di iniziare questo viaggio partendo dalla madre.
Sia artisti che scrittori (io qui mi riferirò a degli spunti letterari, per ovvie motivazioni di spazio) ci forniscono un’immagine del materno nettamente in antitesi rispetto alla visione calda, morbida, accogliente spesso presente precedentemente (con ovvie eccezioni): per quel che riguarda la letteratura pensiamo a Palahniuk di ‘Soffocare’, già citato, pensiamo alla madre del protagonista in 'Trauma' di McGrath, pensiamo a 'Miss New Jersey' 1949, Dawn Dwyer, la madre di Merry in 'Pastorale Americana' di Roth, pensiamo alla figura materna, anonima, dura, assente, ne 'La strada' di McCarthy, pensiamo alle varie madri degli innumerevoli figli perduti in 'Infinite Jest' di Wallace e pensiamo passando al cinema, alla madre di 'Moonlight', il film da cui ho tratto lo spezzone qui presentato. Ci troviamo di fronte a narrazioni potenti, ingombranti, lucide, dove si denunciano rapporti dolorosamente complessi, difficili, ambivalenti con la propria madre, figura presente dalla prima all’ultima riga, dal primo all’ultimo pensiero. E come non potrebbe esserlo d’altra parte?
Che sta succedendo? Niente di ciò che non sia già successo in realtà, solo che oggi siamo in un momento storico in cui credo che l'assenza del materno si percepisca con forza, sentendone fortemente la mancanza (tutto ciò, a parere mio, anche a causa del crollo di ogni altra forma 'contenitiva', di supporto e di appoggio all'interno della nostra società, in primis il sistema scolastico).
Già da tempo sappiamo quanto il rapporto madre-figlio sia di fondamentale rilevanza fin dalla tenera età: stati interattivi disfunzionali, caratterizzati da modalità di cura incoerenti ed instabili, possono risultare tossici per un adeguato sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale del bambino. Non è questo il momento di soffermarci sugli Stili di Attaccamento e sulla loro importanza, lo faremo, promesso, ma non ora. Qui mi preme solo sottolineare che varie ricerche hanno ipotizzato che lo sviluppo sociale di un bambino sarebbe gravemente compromesso se il piccolo dovesse affrontare di continuo un comportamento materno depresso o distorto: i bambini ‘si adeguano alle distorsioni croniche del comportamento materno con uno schema di adattamento che rispecchia la qualità e la cronicità dell’esperienza’ (Stern, 1971)
Tutto questo, un piccolo breve accenno ad un argomento ben più vasto, tutto ciò ha attirato la mia attenzione per un semplice motivo: eventuali difficoltà fra genitore e figlio, e nello specifico fra madre e figlio, non sono altro che un cammeo di una storia ben più vasta, che avrà ripercussioni nel presente e nel futuro e che ha avuto inizio nel passato. Una madre in difficoltà è stata molto probabilmente a sua volta una figlia in difficoltà, e nell’ambito degli interventi di prevenzione rivolti alle famiglie, la maggior efficacia sembra proprio essere garantita dal sostegno alla relazione madre-bambino non solo prendendo in carico la situazione attuale, ma anche altri aspetti, tra i quali proprio l’impatto delle relazioni passate del genitore col proprio 'caregiver' (Friberg, 1980).
Ed ecco i ‘fantasmi della nursery’ della Selma Fraiberg, ‘gli intrusi del passato che hanno preso la residenza nella stanza dei bambini, e costituiscono l’eredità psicologica di un vissuto familiare causato da esperienze angosciose antiche, destinato a ripetersi nelle generazioni'.
Occorre lavorare con questi 'fantasmi' per poter evitare che ricompaiano nel presente, e nello specifico che si possano frapporre fra madre e figlio in un’adeguata relazione di accudimento.
'E tutto questo dopo che persino il Coniglio di Pasqua si è rivelato una bugia. Dopo babbo Natale e il Topino dei denti e San Cristoforo e la fisica newtoniana e il modello atomico di Niehls Bohr, questo stupido, stupido ragazzino ancora credeva alla sua Mamma'.
C.PALAHNIUK