Noccioline di resilienza n.11. "Io non sono ok"

Esploriamo insieme il tema dell’autostima; in particolare – in questo post – della posizione esistenziale “Io non sono ok - Tu sei ok”.

Mi riferisco allo schema di Harris: le 4 posizioni esistenziali che fanno riferimento all’analisi transazionale:

  • Io sono ok - Tu non sei ok
  • Tu sei ok - Io non sono ok
  • Io non sono ok - Tu non sei ok
  • Io sono ok - Tu sei ok

Twerski, nel suo libro “Su con la vita, Charlie Brown!” (Mondadori) sostiene che: “un corretto atteggiamento di fronte alla realtà richiede una limpida percezione della realtà medesima. Se una persona vede il mondo in maniera distorta il suo atteggiamento non potrà che essere sbagliato. E se stima se stessa meno di quanto sarebbe giusto, il suo atteggiamento sarà allo stesso modo sbagliato, perché in fin dei conti ognuno è parte integrante del suo mondo”.

Ecco, siamo nel nodo gorgiano della nostra relazione con la realtà: per avere un atteggiamento efficace dobbiamo vedere con chiarezza, ma siccome noi vediamo attraverso il nostro atteggiamento mentale (inteso come interpretazione cognitiva) finiamo in un circolo vizioso… entriamo in un looping molto complicato che ci indebolisce grandemente e rende vane le nostre azioni.

In altri post ho sviluppato ampiamente questo concetto di “cecità”: il nostro modo di vedere è fortemente condizionato da: interpretazioni diverse, ruoli ricoperti, paradigmi e convinzioni radicate, persino da quello che siamo intenti a fare (la concentrazione su un’attività ci rende ciechi rispetto agli altri fattori del contesto).

Vediamo con chiarezza solamente ciò che corrisponde al modello mentale attivo in quel momento in noi; il resto è messo sullo sfondo, quindi non visibile.

La realtà oggettiva esiste eccome, ma noi non viviamo nel suo mondo: la nostra esistenza si svolge in un mondo che è una “costruzione”, un’interpretazione effettuata a partire dal reale”. (Pietro Trabucchi).

Quindi una posizione esistenziale di scarsa autostima è devastante… siamo agli antipodi della resilienza individuale, abbiamo abdicato al nostro scopo su questa terra, che è quello di determinare e direi quasi "costruire" il senso della realtà.

Di qui ad arrivare a pensare, come fa Charlie Brown in questa terribile striscia, di “non saper neppure sperare bene”, il passo è breve.

“Quando svalutiamo noi stessi, quando non siamo consapevoli delle nostre forze e delle nostre risorse, finiamo per fraintendere il reale” (A. J. Twerski).

Infatti, se ha ragione Trabucchi (e a me piace pensare che sia così), sostenendo che il mondo è una costruzione, un’interpretazione della realtà, la bassa autostima è come un acido che corrode la realtà, un inferno in cui scegliamo inconsapevolmente di abitare.

L’interpretazione cognitiva è quindi il punto in cui noi possiamo spezzare il nodo gorgiano della percezione, decidere che interrompiamo il meccanismo della reazione automatica agli eventi e, con una posizione esistenziale “Io sono ok - Tu sei ok” scegliere per la vita e cavalcare il cambiamento (che è la forma che la vita prende in noi, a ben pensarci…). Questo è il cuore della resilienza individuale: l’insegnamento più profondo a livello personale.

Una posizione esistenziale corretta (cioè sana) plasma la realtà intorno a noi e rende disponibile il valore (enorme) in essa nascosto.

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