Occhio alla schiettezza: non è sempre richiesta!
Vorrei fare un elogio alla non schiettezza, il cui sinonimo viene confuso con la sincerità e il suo contrario diventa automaticamente falsità. Al di là delle definizioni da vocabolario, nelle relazioni tra esseri umani le cose non stanno proprio cosi.
Quanti danni ho visto fare in nome di una bandiera chiamata schiettezza!
Quante volte lavorando, ma non solo, ho visto ferite sanguinanti in nome di una sincerità gratuita, eccessiva e soprattutto una sincerità che non onora la parola stessa perché priva totalmente di attenzione per l’altro.
Sembra che la famosa frase… mi dispiace ma io sono una persona schietta, a cui piace dire le cose che pensa sinceramente...sia la formula magica per giustificare molte cose sgradevoli. Tante volte ho letto negli occhi delle vittime un’altra frase famosa ma quasi mai pronunciata… ma chi te l’ha chiesto???
Naturalmente mi sto riferendo alla schiettezza/sincerità usata per dire cose che non fanno piacere a chi le ascolta, altrimenti il problema non si pone.
Spesso faremmo a meno di tanta schiettezza, ma non si ha il coraggio di arginarla perché si pensa, a mio avviso erroneamente, che tutto ciò che è detto sinceramente abbia diritto di cittadinanza nelle nostre comunicazioni e quindi non osiamo mai dire ai grandi “schietti” : … ma che cavolo vuoi? Non ti accorgi che mi fai stare male? Non la voglio la tua schiettezza!
Intendiamoci, non sto dicendo che allora non si può più dire ciò che ci sembra giusto ma che tutte le volte che la cosiddetta schiettezza spinge per essere esternata forse sarebbe meglio accompagnarla con altre tre parole: perchè, utilità, sensibilità.
Perché?
Perché sentiamo il bisogno di essere schietti? E’ il bisogno di voler esprimere per forza una nostra opinione o vogliamo effettivamente aiutare l’altro? E’ qualcosa che riteniamo effettivamente giusto dire o ci vogliamo togliere una soddisfazione e cogliere l’occasione per tirare qualche frecciata? Con la nostra opinione così "diretta" vogliamo effettivamente scuotere positivamente qualcuno o metterci in evidenza?
Ciò che scrivo potrà sembrare strano ed eccessivo ma facendo formazione ho visto spesso nella sincerità molta malizia e autoreferenzialità. Non c’è da stupirsene perchè l’essere umano oltre ad avere tante qualità è spesso portatore anche di piccole meschinità e, credetemi, nessuno ne è immune!
Utilità
Ciò che stiamo per dire raggiungerà un risultato? Sia pure rischiando di provocare un dispiacere, sarà effettivamente utile per la persona a cui rivolgiamo la nostra sincerità? E prima ancora, la nostra vera intenzione è quella di essere utile? Siamo certi che esternando la nostra schiettezza verso qualcuno, questo qualcuno saprà utilizzarla al meglio? Che le nostre intenzioni, ammesso che siano effettivamente buone, saranno comprese? Perché solo così saremo certi che il nostro contributo andrà a buon fine, altrimenti rischiamo solo di suscitare resistenze e danni per la relazione.
Sensibilità
L’altro è in grado di accogliere la nostra schiettezza/sincerità? Cosa gli stiamo dicendo? Siamo certi che dentro di sè non sappia già cosa vogliamo dirgli ma non sia ancora in grado di ammetterlo neanche di fronte a se stesso? Non possiamo non porci il problema del come sarà compreso ciò che diciamo, del come staranno le persone nel sentire la nostra schiettezza. Saranno in grado di accoglierla o sentiranno solo la ferita? Per questo sono importanti le intenzioni che ci mettiamo dietro, perché si “sentono” e se saranno percepite come autentiche permetteranno all'altro di accettare anche le cose che danno dispiacere, perché “sentiranno” che dietro c’è attenzione e interesse per loro.
Lavorando sui comportamenti e sulle relazioni ho visto tanti cosiddetti “sinceri” dare cazzotti (virtuali naturalmente!) a destra e a manca in nome di una schiettezza non richiesta, perché la schiettezza che non tiene in considerazione l’altro e non si preoccupa per nulla degli effetti che può produrre è quasi sempre irriverente e dolorosa.
Parlare con gli altri, essere utili, schietti e sinceri non significa “buttare” addosso all’altro le nostre verità che rischiano così di essere dei giudizi, ma significa entrare in empatia, cercare di sentire come l’altro potrà accogliere ciò che desideriamo dirgli, ciò che desideriamo dargli.
Significa avere la sensibilità di creare le condizioni per potersi dire le cose, esternando la nostra schiettezza non per esprimere giudizi ma per parlare “con” l’altro, dimostrargli che ci interessa e dargli qualcosa di nostro.
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8 anniDiciamo che è più come si dice che cosa si dice .... che da dà il risultato di come viene capito il messaggio.
Customer Experience Excellence Manager, Luxury & Top Class Services
8 anniCredo che la schiettezza in questione nasca da una emozione tutta nostra, che si prova e che non si riesce a contenere, sollevata da una situazione o da una persona. Ma che ha che fare solo con noi stessi. Spesso questa emozione è generata da un bisogno/desiderio del quale non abbiamo una reale e profonda consapevolezza e lo esterniamo in forme differenti…quel tipo di schiettezza frequentemente è figlia di una scarsa consapevolezza emotiva: nostra e dell’altro. Personalmente ho trovato in Marshall Rosenberg e nella NVC (Non Violent Communication) un validissimo aiuto per prendere coscienza di questi meccanismi interiori e mentali e per imparare ad esprimere sentimenti e bisogni per costruire piuttosto che distruggere. Grazie Patrizia per questo bel post, dedicato agli incontinenti emotivi e verbali che “si vendono” per sinceri, schietti o diretti.
Presidente presso SACMI
8 anniConcetti assolutamente condivisibili
Business Intelligence & Analytics Consultant presso CCH® Tagetik
8 anniPienamente d'accordo! Per una schiettezza "sana" è richiesto qualche sforzo in più, ma se ne vale la pena non faremo certo troppa fatica!