Oltre il silenzio
È sempre semplice comprendere il silenzio di una persona che ci è di fronte, di un passante del quale incrociamo lo sguardo, di un amico o del proprio partner?
Quante volte siamo certi di leggere tra le righe e velocemente affermare cosa uno sguardo voglia intendere?
La verità è che troppo, troppo spesso siamo vittime di un’insana presunzione che ci spinge a pronunciare frasi del tipo “Lo avevo capito! So perfettamente cosa gli passa per la testa! Tu sei un libro aperto per me!” e giungiamo a semplificare e minimizzare la vita stessa di una persona, con semplici, banali affermazioni e, in casi estremi ma molto comuni, esprimere giudizi affrettati, privi di ogni base certa.
Siamo figli di un’era superficiale e pur ricercando tutti più profondità e spessore nei rapporti umani, cadiamo nella stessa trappola e non riusciamo ad essere in prima persona per gli altri, chi vorremmo avere al nostro fianco; l’uomo di oggi, la donna di oggi, l’adolescente alle prese con le prime esperienze della vita “pre-adulta”, il bambino che impara a camminare cadendo e sbucciandosi le ginocchia, hanno tutti bisogno di un sostegno valido, paziente, presente, capace di avere un orecchio esterno attento alle parole pronunciate, un occhio che vada nel profondo di uno sguardo, di una sensibilità che riesca a cogliere il pianto interiore e la disponibilità ad essere ascoltati, laddove non serve una soluzione, spesso non richiesta, ma semplicemente una mano tesa.
Cos’è il silenzio?
Spesso vado in piscina, nelle prime ore del mattino. Non c’è quasi nessuno se non qualche altro che, come me, ama avere la piscina quasi a sua completa disposizione e il bagnino che è ancora un po’ assonnato. Siamo pochi, a volte sono solo, scelgo la corsia che preferisco, la centrale perché ho la sensazione di essere perfettamente nella posizione più comoda per immergermi completamente e poter esplorare con lo sguardo l’intera superficie.
Amo il suono dell’acqua rotto da una bracciata mentre mi spingo verso il fondo e ogni suono si ovatta sempre più ed è proprio lì, “toccando il fondo” che ritrovo il contatto più intimo con me stesso, mi libero di ogni pensiero, lo lascio andare e inizio ad ascoltare, ascolto il suono della pace.
Eh si, la pace ha un suono, una sua capacità di comunicare, ha un potere immenso sul mio umore, riesce a stabilire un punto di contatto tra le mie preoccupazioni, i miei dubbi e rigenera le mie energie, fornendomi nuovi strumenti per affrontare la quotidianità.
Immerso nell’acqua non posso parlare, sono costretto al silenzio della parola, ma so che, se la piscina avesse pareti specchiate, potrei guardarmi negli occhi e scoprirei tutto ciò che il mio interiore sta dicendo, i pensieri prenderebbero voce attraverso la mia immagine riflessa allo specchio.
Il silenzio è per me fonte di ricarica, capacità di razionalizzare, azzerando ogni pressione esterna, momento di completa libertà, fonte di ispirazione e rigenerazione.
Molti come me vivono il silenzio serenamente, non associano a questo termine un’accezione negativa, e non lo intendono come sinonimo di “non-comunicazione”.
E’ spesso evidenziato tra le maggiori scuole e tecniche di comunicazione che noi esseri umani comunichiamo di continuo; il primo assioma della Scuola di Palo Alto afferma che “Non si può non comunicare”.
Il linguaggio verbale rappresenta una minima percentuale del comune modo di interazione, mentre il resto viene rappresentato dal non-verbale, che si esprime attraverso la gestualità, lo sguardo e tutto è pervaso di silenzio.
Il silenzio assume infinite accezioni per la molteplicità di contesti dei quali è protagonista, ma, soprattutto, per la varietà delle emozioni che racchiude in sé, che non possono essere standardizzate, rese universali proprio per l’unicità di chi le detiene: noi stessi!
Il silenzio è anche disagio, disagio in un determinato contesto, in una specifica situazione o a contatto con una/più persone; pensiamo, ad esempio, a chi non riesce a stare in luoghi affollati e reggere lo sguardo di più persone e, quindi, si chiude a riccio, oppure chi davanti ad una platea non riesce a proferire parola e la definiamo semplicemente timida.
L’incapacità di riuscire ad esprimere verbalmente ciò che il cuore e la mente sentono e pensano può rappresentare un'altra ragione dell’esistenza di silenzio.
Certo, l’essere introverso porta un individuo ad assumere un atteggiamento di chiusura, ma spesso il silenzio esplicita un disagio che può avere svariate radici.
Ritenere che sia semplice interpretare il silenzio di qualcuno, è davvero pura utopia, perché esso è espressione non solo di differenti emozioni, ma perché ognuno di noi lo usa sempre per modi completamente differenti in base al suo stato d’animo, alla situazione che sta vivendo, al contesto ed alla persona che si trova di fronte o accanto.
Non dobbiamo essere tutti specialisti del settore, non ci viene richiesto, perché per questo esistono scuole di comunicazione, psicologi ai quali possiamo rivolgerci in particolari periodi della nostra vita.
Il vicino di casa, l’amico, il collega di lavoro, il compagno di sport o di banco o semplicemente lo sconosciuto alla fermata del bus, ha spesso bisogno di trovare uno sguardo ed un sorriso accogliente, capace di trasmettergli un minimo di fiducia e calore.
Esistono delle chiavi strategiche per comprendere il silenzio e lo stato d’animo di una persona e riuscire a relazionarsi con lei, e sono alla base di un ascolto attivo:
- Ascoltare
- Accogliere
- Astenersi dal giudicare
- Accettare
- Aspettare
Se siamo davvero interessati e ciò che una persona sta cercando di trasmettere con le sue parole, dobbiamo avere la pazienza e l’interesse di ascoltarla, rispettare ogni pausa, gestire un possibile imbarazzo creato dal silenzio e riflettere su ciò che sta accadendo.
È importante che la persona si senta accolta, accettata attraverso un atteggiamento empatico che spinge noi ad immedesimarci nell’altro, e, così facendo, riusciremo a metterci nei suoi panni, nel suo vissuto e comprendere il suo stato d’animo.
Chi vive lunghi momenti di silenzio potrebbe aver paura di verbalizzare le sue emozioni, potrebbe non essere consapevole della causa del suo malessere e, in questi casi, ha bisogno di confrontarsi con una persona capace di incoraggiarlo ad esternare, certo che l’atteggiamento usato nei suoi confronti sarà privo di ogni forma di giudizio.
Spesso non ci viene richiesta una soluzione, tantomeno un consiglio, ma soltanto un po’ del nostro tempo e di supporto, senza alcun rendiconto e soprattutto privo di ogni forma di curiosità e pettegolezzo.
Esserci per qualcuno è una grande responsabilità, richiede a volte un dispendio di energie non indifferente ma la vita acquista un sapore diverso, speciale e sarà un tempo di qualità nettamente superiore.
Una volta instaurata una relazione duratura, il silenzio non sarà più motivo d’imbarazzo, bensì la prova dell'esistenza di un rapporto basato sulla fiducia e sulla capacità d'intimità profonda con l'altro.
“Il silenzio parla laddove le parole non possono”
Dott Antonio Buonaiuto