Operatori tlc e 5G - opportunità o minacce?
Elaborazione propria su dati AGCOM e siti operatori

Operatori tlc e 5G - opportunità o minacce?

Le telecomunicazioni, dopo averci trascorso oltre 20 anni della mia carriera lavorativa, continuano ad attirare la mia attenzione. Sono di questi giorni il tema della creazione di un operatore unico che riunisca gli asset in fibra ottica di TIM e di open fiber - al fine di rendere più efficienti gli investimenti e  garantirne il ritorno in periodi ragionevoli - e l’esclusione di Huawey dalla gara per la core network 5G da parte di TIM;  su questo secondo tema si è riacceso il dibattito circa la necessità o meno, per il Paese, di dotarsi di una infrastruttura strategica quale quella 5G e quali possano essere le prospettive per il settore derivanti dall’avvento di questa nuova tecnologia.

Come sempre, conviene partire dai numeri e da qualche evidenza disponibile per provare a tracciare un ipotetico percorso di sviluppo. 

L’infografica sopra riportata, di cui per fattura artigianale mi scuso in anticipo, pone una serie di questioni affatto banali.

Innanzitutto, stando ai dati pubblicati da AGCOM, alla fine di marzo 2020 ci sono in Italia in circolazione 103 mln di SIM, di cui 79,5 mln - pari al 77% del totale – cosiddette Human utilizzate per comunicazioni tra esseri umani, mentre 24,5 mln di queste – pari al 23% del totale -  denominate M2M, machine to machine, destinate allo scambio dati tra dispositivi. A loro volta le linee Human si suddividono in 70 mln, pari al 88% del totale, utilizzate dalla clientela residenziale mentre le restanti 9,5 mln, ossia il 12% del totale, sono catalogate come linee business. Infine, vale la pena di ricordare che sul totale delle linee attive ve ne sono 56 mln (il 54%) per le quali è stato attivato il profilo dati, mentre per le restanti 47 mln di unità (il 46%) è attivo il solo profilo per le comunicazioni vocali.

Esplicata la tassonomia quantitativa, vale la pena di ricordare che le linee M2M hanno un ARPU mensile compreso tra i 2 e 3 Euro al mese, mentre l’ARPU mensile sviluppato da una SIM Human va da un valore poco di inferiore ai 5 Euro in poi.

I disegni quasi a mano libera dell’infografica, che riportano andamenti irregolari di colore diverso, sono la distribuzione della popolazione di clienti dei singoli operatori in funzione dell’ARPU medio per singola classe. L’andamento è stato ottenuto ipotizzando suddivisioni in classi omogenee di spesa per ciascun operatore e confrontando i valori dei ricavi da servizi così ottenuti con i ricavi dichiarati dagli operatori nei loro bilanci o nelle loro comunicazioni al mercato.

Come c’era da aspettarsi, la market proposition dei differenti operatori ha prodotto diverse distribuzioni di classi di clienti e, nello specifico, Vodafone (VOD) è l’operatore che sembra avere una presenza maggiore su fasce più alto spendenti seguita da TIM, mentre W3 appare molto schiacciata su classi di clienti con una disponibilità più limitata in termini di ARPU mensile per linea.

Un discorso a parte merita Iliad che, da nuovo operatore, è partito da proposte su livelli bassi e sta provando ad espandersi verso fasce più alto consumanti. Poste Mobile e gli altri MVNO si posizionano nella fascia più bassa del mercato, nell’intorno dei 5 Euro di ARPU mensile, con un offerta quasi mono prodotto.

Inoltre, rispetto al tema del 5G sono da registrare i seguenti fatti:

a)     i primi due operatori TIM e VOD - che si sono alleati per condividere in una sola entità giuridica (Inwit) le componenti passive della rete di accesso che svilupperanno insieme - di fatto stanno consolidando il loro vantaggio rispetto a W3 anche attraverso la riduzione di spesa che possiamo identificare in un range tra il 20% - 30% dei costi totali dell’intero investimento;

b)    W3, invece, si è accollata l’onere dello sviluppo in solitaria di una infrastruttura 5G avendo, oltretutto, una popolazione di siti (quasi 20.000) maggiore rispetto a quella gestita da Inwit (18.000 ca), dove insisterà la rete di TIM e VOD. Inoltre, W3 ai tempi dell’asta delle frequenze, pur avendo una base clienti simile a quella degli altri due competitor, si è comportata diversamente non partecipando all’asta per l’assegnazione della banda a 700 MHz - abilitante le coperture continue e capillari che supportano i servizi in mobilità dedicati all’ecosistema dell’IoT e delle Smart Cities - e aggiudicandosi un lotto nel range di frequenze a 3,7 GHz pari ad un quinto di quello acquisito da entrambi gli altri competitor TIM e VOD;

c)     discorso a parte merita il posizionamento di Iliad che, mentre oggi è in roaming su W3 e contribuisce non poco alla performance economica della stessa, sta realizzando la sua nuova rete 5G a partire dai siti ceduti sempre da W3  e, entro i prossimi due o tre anni al massimo con il completo roll out, avrà una presenza sul territorio garantita da 12.000 / 15.000 siti; questa rete proprietaria le permetterà di offrire ai propri clienti servizi 5G con una posizione di costo complessiva più bassa ed in una situazione ben diversa da quella degli altri tre competitor sul mercato, poiché è partita senza legacy e con una configurazione organizzativa molto più ottimizzata rispetto agli altri.

Tutto ciò premesso, la domanda di fondo - a questo punto - è la seguente: dopo aver visto un declino dei prezzi dei servizi di tlc che negli ultimi 10 anni (2009 vs 2019) si sono ridotti del 29,6% e che solo negli ultimi 5 anni (2015 vs 2019) si sono ridotti del 16,4%, dopo aver visto una crescita dei volumi di dati consumati per mese dalle SIM abilitate di un fattore di oltre 4 volte, con una crescita piuttosto limitata negli ultimi 5 anni della platea di SIM abilitate al traffico dati, cosa succederà con gli investimenti per il 5G, ci sarà spazio per tutti?

Sulla base di queste premesse e sull’onda del fatto che non sono all’orizzonte nuovi servizi che facciano mutare radicalmente l’attitudine alla spesa da parte dei clienti, il percorso per gli operatori di tlc appare fortemente in salita. Forse è il caso di esplorare nuovi modelli di business in grado di estrarre maggior valore dalla base clienti a disposizione, magari in collaborazione con altre industry, anziché procedere da soli nell’affrontare ingenti investimenti il cui ritorno potrebbe essere incerto e, viste queste premesse, molto di la da venire.


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