Perché Greta Thunberg ha ragione: il momento della transizione ecologica è ora

Perché Greta Thunberg ha ragione: il momento della transizione ecologica è ora

È giunto il momento di ascoltare la voce dei giovani, e di farlo davvero. Il 24 settembre il movimento dei Fridays for Future fondato da Greta Thunberg è sceso di nuovo in piazza per chiedere un approccio alla transizione ecologica che rispecchi l'urgenza richiesta dalla più grave sfida esistenziale della nostra generazione. Ce lo ha ricordato all'Onu anche il presidente del Consiglio Mario Draghi: «La nostra azione deve essere immediata, rapida e su larga scala. C'è una grande aspettativa sulla nostra leadership da parte delle giovani generazioni. Il nostro successo verrà misurato sulla nostra capacità di rispondere alle loro istanze con azioni ambiziose». Ce lo ha sottolineato l'estate del 2021, nella quale il clima si è definitivamente rotto: i quasi 50° C in Canada, i 48° C a Siracusa (la temperatura più alta mai registrata in Europa), le alluvioni catastrofiche in Germania, Belgio, Cina, gli incendi nel sud Italia. Infine, il rapporto Ipcc sui cambiamenti climatici: l'ultimo campanello di allarme, la mappa del futuro al quale stiamo correndo incontro. Mentre scrivo, la concentrazione di CO2 nell'atmosfera è a 413.43 parti per milione.

Il rapporto che citavo, uscito l'8 agosto, è importante anche perché è anche un segnale di speranza. L'Ipcc è l'organismo scientifico Onu sui cambiamenti climatici, raccoglie la voce della migliore scienza sull'argomento. Quello che scrive, insomma, contiene le cose di cui possiamo essere certi. Nel rapporto, l'Ipcc sottolinea la drammaticità della situazione ma anche il fatto che siamo ancora in tempo per evitare gli effetti peggiori della crisi climatica. È una verità che ci ha ricordato anche il rapporto dell'Agenzia internazionale sull'energia: c'è ancora una strada per arrivare a zero emissioni e limitare l'aumento della temperatura a 1.5°C, la soglia più ambiziosa dell'accordo di Parigi del 2015. Non è facile, ma possiamo farlo, se iniziamo subito. In questo momento servono segnali di speranza così, perché la possibilità di agire è ancora nelle nostre mani e la pandemia ci ha mostrato con quanta determinazione sa agire l'umanità in tempo di crisi. Quella stessa determinazione dovrà essere messa in campo per il clima: ci aspettano settimane importanti. Il G20 di Roma, e poi la COP26 di Glasgow. Dai mesi di ottobre e novembre dipende gran parte del nostro futuro.

C'è un'altra ragione per la quale la speranza e la determinazione sono importanti: contrastare quello che il grande climatologo Michael E. Mann nel suo ultimo libro La nuova guerra del clima definisce «inattivismo». È la nuova variante del negazionismo, ammettere che siamo in una crisi ma contemporaneamente cedere alla tentazione di smorzare, attenuare, rallentare la transizione ecologica. L'inattivismo è qualcosa che non ci possiamo permettere. Una buona prova è stata la crisi autunnale delle bollette: qualcuno ha provato ad attribuire alla transizione ecologica gli aumenti, ma, l'80% dei rincari dipende dal prezzo dal gas, il 20% da quello della CO2, entrambi sono legati ai ritardi nella transizione energetica. Come ha giustamente sottolineato il nostro amministratore delegato Francesco Starace e come ha ribadito il responsabile del mercato Italia Nicola Lanzetta, la causa degli aumenti è il fatto di essere ancora indietro con le fonti rinnovabili di energia e di essere così dipendenti dal gas e dalla volatilità di quel mercato. Anche per questo motivo sono orgoglioso di lavorare per un'azienda che ha fatto da tempo una scelta di campo così netta nel campo delle rinnovabili.

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Un futuro green lo dobbiamo al pianeta, lo dobbiamo a tutti noi, ma - come dicevo all'inizio - lo dobbiamo soprattutto alle nuove generazioni. Secondo il Children’s Climate Risk Index dell’Unicef 850 milioni di bambini, un terzo di tutti quelli che ci sono nel mondo, è esposto ad almeno quattro gravi rischi ambientali, tra ondate di calore, inquinamento, eventi meteo estremi, siccità. «La crisi climatica è una crisi dei diritti dell'infanzia», scrive Unicef. Una recente ricerca su diecimila ragazzi tra i 16 e i 25 anni da tutto il mondo condotta da un pool di atenei ha raccolto le loro paure: quasi il 60% è molto o estremamente preoccupato dai cambiamenti climatici. Il 68% associa le emozioni «tristezza» e «paura» alla situazione, il 63% prova ansia, il 58% rabbia. Sono sensazioni causate dall'essere costretti a vivere nel mondo che noi stiamo lasciando, un mondo che però noi abbiamo ancora il potere di cambiare. Immagino che conosciate un bambino nato negli ultimi dieci anni: quel bambino potrebbe ragionevolmente vedere la fine di questo secolo. Ecco, noi il 2100 non lo vedremo, ma abbiamo il dovere di lasciarlo abitabile, sano e in equilibrio. È quello che scriveva il romanziere islandese Andri Snær Magnason nel suo libro Il tempo e l'acqua, forse le parole più belle sull'abbraccio tra le generazioni che serve per fermare il clima che cambia.

Verso l'inizio di questo magnifico libro, Magnason racconta un gioco che fa con sua figlia. Il dialogo avviene nel 2018, lo specifico perché le date qui sono importanti. Le chiede: quanto è vecchia la tua bisnonna? Ha 94 anni, risponde lei. «E tu, quando avrai 94 anni?» Lei fa i conti. Poi esclama, come se non avesse mai realizzato: «Nel 2102!». Magnason continua: «Magari vivrai nella stessa casa, verrà la tua pronipote di dieci anni e sarà in questa cucina come te adesso. Facciamo anche questo calcolo: in che anno la tua pronipote avrà 94 anni?». La bambina fa il calcolo su un foglio e poi esclama, ancora più stupita: «2186!». «Già, pensa un po', potresti conoscere una bambina che vivrà nel 2186». Lei vuole andare, ma il padre le chiede un ultimo sforzo. «Quanti anni ci sono tra il 1924, quando è nata la bisnonna, e il 2186?» La risposta è ancora più bella e tremenda: 262. E qui che Magnason voleva arrivare, per la figlia, ma soprattutto per sé e i suoi lettori e lettrici. «262 anni è il tuo arco di tempo. Conosci persone che lo coprono tutto. Il tuo tempo è il tempo di qualcuno che conosci, che ami e che ti influenza. Tu puoi condizionare il futuro fino al 2186». È qualcosa che dovremmo considerare, quando pensiamo alle date della transizione ecologica, 2030, 2050, e ci sembrano lontanissime. Non lo sono affatto. Il tempo delle persone che amiamo e che ameremo è il vero tempo della nostra vita ed è molto più lungo: richiede azione, rispetto e speranza. Per questo motivo, il momento della transizione ecologica è ora.

Marilena Floris

Team leader Spazio Enel presso Enel Energia

3 anni

Bellissime e stimolanti riflessioni...grazie

ciro maria giuliano

Channel Manager of B2B Indirect Channels at Enel Energia & Product Owner at Enel

3 anni

L'articolo più bello che ho letto su Linkedin da tanto tempo a questa parte!

Giovanni Pola

Founder @GreatPixel | Director @International NeuroMarTech Observatory | AI, Psychology, & Design Integrator

3 anni

Per quanto sia difficile e doloroso, bisogna smettere di fare qualsiasi altra cosa. Lo sforzo collettivo deve essere totale. Un solo grande incendio inquina come un anno di un grande paese industrializzato: è una battaglia contro il tempo e contro la nostra abitudine a pensare che 'tanto alla fina andrà tutto bene'...

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