PERCHÉ IO, PERCHÉ PROPRIO A ME?

PERCHÉ IO, PERCHÉ PROPRIO A ME?

Questa è una domanda che, almeno una volta nella vita, capita a tutti di porsi. È successo anche a Sofia che, nel fiore dei suoi ventitré anni, si è ritrovata con un tumore al cuore.

La notizia, che ha prodotto un certo sgomento nell’opinione pubblica e malcelato pietismo da feuilleton tardo-romantico, solleva una questione ben più ampia che coinvolge la Medicina e il suo status epistemologico.

Il problema della malattia, o delle malattie, è un tabù persino più forte del sesso perché ci pone davanti ad interrogativi a cui nessuno ha dato ancora risposta e che ci trasportano nell’orrore culturalmente rappresentato dalla Morte.

Ecco, è proprio la questione delle risposte che ci dà uno spaccato reale della deriva verso cui sta andando la Medicina, o meglio la Biomedicina… o quella che molti chiamano la “Medicina occidentale”. 

L’oncologa della studentessa - “dati” alla mano – non sa darsi una spiegazione “razionale” e non riesce neppure a fabbricare una frase dotata di senso che possa in qualche modo suggerire alla stessa un percorso di comprensione di ciò che è accaduto. Nelle parole dell’Illuminata dottoressa c’è stato, infatti, solo un laconico: “è sfiga!”

Sfiga! Si tratta di questo e di certo serve farsene una ragione perché, laddove il “dato scientifico” non esiste (o non lo si può costruire ad arte) le nostre (culturalmente nostre) capacità di discernimento si ancorano a misticheggianti concetti che pensavamo di aver abbandonato al volgere del nuovo millennio. Perché certamente, dopo aver messo mano alla nostra “perfetta” scienza, ci tocca ripristinare antichi rituali scaccia-sfiga e oggetti materici capaci di promanare energia positiva e soluzioni che ci procurano una certa orticaria.

Sia chiaro, l’oncologa non ha commesso nessuno errore; anzi, a lei va il merito di aver inconsciamente scoperto il Vaso di Pandora e le mis-conoscenze della Medicina Occidentale (Biomedicina), capace soltanto di diagnosticare le malattie e di limitarsi ad eliminarle, laddove si può, chirurgicamente.

La questione, puramente epistemologica, è dunque cos’è la malattia?

La Biomedicina ci parla di “qualcosa che non va a livello organico-fisico”; qualcosa che si guasta da qualche parte e che produce sintomi che indicano uno stato di malattia. Nei casi più gravi ci dice che – non  si sa come né perché -  il DNA fa i capricci e comincia ad produrre “informazioni” che modificano l’input produttivo delle cellule. I tumori vengono spiegati così: la causa è organica. Il tumore esiste perché qualcosa cambia a livello genetico, cellulare, molecolare.

Il suo obiettivo, quello della Biomedicina, è dunque quello di eradicare “l’ospite inatteso”, ovvero di cancellare i sintomi e di eliminare il frutto di questi nuovi “ragionamenti sbagliati”.

L’altra questione è: chi sono i pazienti? L’asimmetrica autorità dei medici li considerano corpi: oggetti fatti di carne e frattaglie. Per dirla con loro, essi sono i luoghi “fisici” in cui si concentra la sfiga. Sono corpi “ospitanti” senza nessun ruolo in tutta la faccenda. La malattia, come dice l’oncologa, è un “caso”… è sfiga. Insomma, poteva capitare a me, a te o chiunque altro. Questo davvero poco importa.

Certamente, l’uso saggio di statistiche – condito con qualche buon algoritmo – ci dice che noi siamo nella “media”, o che (nei casi peggiori) noi siamo l’Errore Statistico: quel caso isolato che cade in una delle code di una perfetta curva gaussiana.

È tutto magnifico e “scientificamente valido”, ma la nostra domanda resta: perché io, perché proprio a me?

Stay tuned, l’argomento non finisce qui. 

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