Politica, parole e posizionamento.
Chi mi conosce, personalmente o anche solo per aver letto qualcuna delle mie riflessioni settimanali, sa che uno dei miei riferimenti preferiti di cultura pop è un film di Totò intitolato "Destinazione Piovarolo".
Per chi non lo avesse visto, il film racconta la storia di un capostazione che si trova confinato in un paesino di provincia, Piovarolo appunto, che prende il nome dalle poco felici condizioni meteorologiche in cui è costantemente immerso. Totò, è lui il capostazione, passa le sue giornata a sognare un trasferimento in un posto più prestigioso finché un giorno riceve una lettera in cui gli si annuncia che non sarà più il capostazione di Piovarolo ma quello di Rocca Imperiale. La pomposità del nome lo rende felice, ma solo fino a quando vede la sua donna tuttofare, l'immensa Tina Pica, sostituire il cartello con la denominazione della stazione, passata da Piovarolo a Rocca Imperiale per celebrare i fasti dell'impero fascista, epoca in cui il film è ambientato. Resterà sempre lì, ma con il prestigio di un nome differente. Per chi, come me, lavora con le parole ormai da quasi 35 anni, questo episodio dovrebbe essere illuminante: da un lato mostra come una denominazione gratificante possa avere effetti positivi sull'umore delle persone, dall'altro invece è la dimostrazione che per incidere veramente sulla vita delle persone, la comunicazione non dovrebbe essere un make up ma nascere da profondi cambiamenti strutturali.
L'ennesima applicazione pratica di questo apologo l'abbiamo avuta proprio ieri, con l'insediamento del nuovo Governo guidato dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Si è definita lei così, al maschile, proprio come la sua amica Beatrice Venezi vuole essere definita direttore d'orchestra. Le scelte lessicali non sono mai gratuite, e questa prende una posizione precisa sul femminile dei nomi che indicano le professioni e che tanta ironia scatenano sui social, dalla boccaccesca "architetta" ai presunti maschili di "dentisto" e "guardio". L'uso ostentato del maschile vorrebbe sottolineare l'assoluta parità fra uomini e donne, eliminando le differenze di genere e sottolineando l'identità fra maschile e femminile quando si parla di posizioni istituzionali. Qualcuno, però, dovrebbe ricordarlo ai sostenitori (di destra e di sinistra) dell'assoluta novità di un Presidente del Consiglio donna, caratteristica di genere che il nuovo Presidente aveva evitato di pronunciare nel suo fortunato "Sono Giorgia, sono una madre, sono italiana": anche qui, i ruoli e l'appartenenza geografica l'avevano vinta sul genere di appartenenza. Essere donna, per questo tipo di ragionamenti, è un accidente genetico e non una scelta di campo, non ha niente a che vedere con il concetto femminista di "sorority" ma piuttosto con la definizione dal retrogusto machista di "donna con gli attributi" che in Inghilterra era stato declinato in un più marveliano "Iron lady".
Interessanti osservazioni di tipo linguistico possono nascere anche dall'elenco delle nuove denominazioni dei ministeri. L'utilizzo all'interno di questi nuovi nomi di termini come "merito", "sovranità" e "natalità"sono una precisa scelta di posizionamento non soltanto politico ma anche di SEO (Search Engine Optimization). Non si tratta infatti di semplici parole chiave, ma di termini che afferiscono a campi semantici condivisi con quella della mission del partito più votato alle recenti elezioni, riassunta nella triade Dio, Patria e Famiglia. Utilizzare questi termini ampliandone il campo semantico è un modo per migliorare il proprio posizionamento sia nel motore di ricerca, che sempre più tende a premiare contenuti semanticamente strutturati (come spiegato bene in questo articolo di Semrush) più che le semplici keyword, sia nella nostra mente che da migliaia di anni costruisce il suo immaginario grazie alle parole (e che continuerà a farlo per un bel po', visto il successo di applicazioni come Dall-E che utilizzano l'intelligenza artificiale per creare immagini partendo da una sequenza di parole, ma di questo parleremo in un'altra occasione).
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Iniziamo quindi l'analisi semantica dei nuovi ministeri dal concetto tipicamente protestante di "merito", che agli occhi dei più anziani riporta alla mente storici appretti per la stiratura, nasconde dietro un velo di apparentemente neutra competizione il concetto che chi rimane indietro, a scuola come nella società, lo fa in qualche modo per una sua carenza personale, per una deprecabile mancanza di impegno. Forse non tutti ci hanno fatto caso, ma l'apparizione del tag "merito" accanto a "istruzione" è accompagnato dalla sparizione del tag "pubblica" e al ritorno del ministero per la disabilità: con buona pace dell'idea di inclusione che nel concetto di pubblico dovrebbe essere naturale, le persone che non riescono a competere sembrano quindi strutturalmente destinate a occupare un mondo a parte e, chissà, magari anche classi scolastiche differenti che non interferiscano con le prestazioni dei più dotati di "Merito".
Il tag "sovranità" discende ovviamente dalla parte della mission che riguarda il concetto di Patria ed è abbastanza singolare che si difenda la denominazione "sovranità alimentare" ricordando che esiste anche in Francia dopo aver passato anni a contestare lo sciovinismo francese. Certo il concetto di "sovranità alimentare" (che a me ricorda Roi Bombance, il re baldoria del primo teatro futurista di Marinetti) avrà fatto anche cose buone, come si dice da sempre anche del peggior dittatore della storia italiana che ha portato il paese a scelte mortifere e scellerate, ma non può essere distinto dalla retorica sulla patria e sulla sovranità che ispira a livello più ampio l'ideologia premiata alle ultime elezioni e che, a giudicare dall'attenzione mondiale per i funerali della regina Elisabetta, è ancora saldamente ancorata nell'immaginario di tutto il mondo. Ampliando l'osservazione ad altri ministeri possiamo notare come "Sovranità" alimentare si accompagni anche a "Made in Italy", che accompagna il concetto di "impresa" nel ministero occupato da Adolfo Urso. Mi chiedo che ne pensi di questo ministero, Giancarlo Giorgetti, che solo a settembre, al convegno sul mercato del lusso organizzato dal Corriere della Sera dichiarava che "Il Made in Italy si difende grazie alla capacità di creativi e imprenditori che si affermano sul mercato più che con la presenza di un ministero o di un ministro: di ministeri ce ne sono già fin troppi". Una frase di stampo darwiniano e meritocratico che il nuovo governo sembra voler applicare soltanto al mondo dell'istruzione.
E infine, il tag "natalità" che discende dal termine "famiglia" della mission originaria. Questo Ministero, come quello della disabilità, è stato affidato a una figura femminile, e anche questo è un indicatore chiarissimo di un'ideologia che vede la donna destinata a occuparsi dell'accudimento, a meno che come già detto non dimostri di avere gli attributi necessari per diventare "Il presidente". Il concetto di natalità si incarna ora nella personalità di Eugenia Maria Roccella, di cui ricordiamo la conversione da un passato radicale e abortista della sua prima elezione del 1979, alle posizioni pro-vita che l'hanno portata a essere fra le promotrici del Family Day. Analizzando alcune sue dichiarazioni dopo questo progressivo scivolamento a destra consente di capire come si posizionano i suoi concetti di famiglia e di natalità: lo facciamo utilizzando la raccolta pubblicata su Editoriale Domani e alcune interviste come questa rilasciata a Vita. Utilizzando il tool wordclouds da cui ho tratto l'immagine che vedete sopra, appare evidente che il concetto di famiglia per Eugenia Roccella sia legato a campi semantici tipicamente femminili vista la prevalenza di concetti come "madre" e "donna" (quasi a conferma del motto latino "mater sempre certa, pater numquam"), a una forte presenza della negazione "non" e, andando un poi' più a fondo, la vicinanza fra concetti vissuti negativi come "aborto" o "eutanasia" e l'utilizzo di un aggettivo come "facile".
La famiglia, sempre secondo il Ministro Roccella, è in Italia un "generatore di stabilità", definizione che sembra svincolata dalle realtà dei fatti, dal momento che secondo i dati ISTAT (gli ultimi disponibili risalgono a un rapporto del 2018) già nel 2015-2016 erano un milione e 215 mila i bambini fino a 17 anni che vivevano solo con la madre, pari al 12,1% dei minori. Una quota molto cresciuta rispetto al 1995-1996, quando si attestava al 5,3% (per un totale di 558 mila bambini) e che rende profetico anche qui il meraviglioso dipinto di Robert Heinecken "Shiva Manifesting as a Single Mother" che risale al 1989. Aggiornando questi dati con quelli della società nazionale di ginecologia e ostetrica, si stima che diventino mamme ogni anno tra le 8.000 e le 10.000 giovani donne fino ai 19 anni d’età e secondo la SIGO il fenomeno è in crescita. Ancora una volta quindi, le nuvole di parole servono a coprire una realtà che è concretamente differente dalle ideologie.
Insomma, questo governo sembra nascere con una grande attenzione al posizionamento, sbilanciando però il concetto dal digitale all'ideologico. Il digitale, infatti, resta ancora la Cenerentola della nostra programmazione politica. Ancora una volta non abbiamo un ministero dedicato al digitale : in Francia esiste dal 1995, ma da loro abbiamo preferito mutuare la sovranità alimentare escludendo dall'area dei nostri interessi un settore strategico per lo sviluppo del Paese e che occupa circa il 27% dei fondi del PNRR. Praticamente facciamo un gran lavoro sul naming, ma strutturalmente restiamo sempre a Piovarolo. O peggio, per tornare al Bo Burnham che abbiamo messo in copertina, facciamo ritornelli accattivanti ma restiamo profondamente ipocriti.
Grazie Massimo. Da leggere e rileggere.
KAM | Corporate Sales B2B | Phygital Ecosystem Specialist | Wellbeing & Health Consultant | Digital Accessibility Consultant
2 anniMassimo Salomoni che riflessione...
Co-Founder at WYDE - The Connective School
2 anniGrazie Massimo. Articolo illuminante.