POLIZZE MISTE E DI PURO RISCHIO Assicurazioni sulla vita: individuare la corretta tassazione

Di Stefano Loconte - Professore a contratto di Diritto Tributario presso l’Università degli Studi LUM Jean Monnet, e Roberto Rigoldi - Loconte & Partners

La legge di Stabilità 2015 ha sensibilmente modificato la tassazione, ai fini IRPEF, delle somme derivanti da contratti di assicurazione sulla vita, in ipotesi di decesso dell’assicurato. L’intento del Legislatore è stato quello di contrastare il ricorso alle polizze per il solo fine di ridurre la "incidence of tax" dei beneficiari. I chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 8/E del 2016 e con la risoluzione n. 76/E del 2016 delineano un nuovo quadro impositivo delle polizze assicurative sulla vita, certamente più complesso del previgente regime di esonero IRPEF generalizzato.

La polizza assicurativa sulla vita è civilisticamente definita (ex art. 1882 c.c.) come “il contratto col quale l'assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana”. 

L’assicuratore si fa, quindi, carico del rischio demografico, inerente la durata della vita ed, eventualmente, anche del rischio finanziario, concernente gli investimenti che l’assicuratore realizza sui premi clientelari per incrementarne il valore.

La previgente formulazione del comma 5 dell’art. 34, D.P.R. n. 601/1973 esentava integralmente dall’IRPEF i capitali percepiti dal beneficiario di un contratto di assicurazione sulla vita configurando un regime fiscale di vantaggio da motivarsi proprio in virtù della natura stessa dell’istituto (previdenziale) e del connesso valore sociale. 

L’esenzione risultava, quindi, essere del tutto indipendente dalla natura finanziaria di parte della prestazione corrisposta.

La legge di Stabilità 2015 (art. 1, commi 658 e 659), modificando l'art. 34, comma 5, ha invece circoscritto l'esenzione ai soli capitali erogati in dipendenza di contratti assicurativi caso morte, a copertura del rischio demografico e non anche ai relativi rendimenti di natura finanziaria. L’innovata norma si applica ai proventi percepiti a decorrere dal 1° gennaio 2015.

Nellaa circolare 1° aprile 2016, n. 8/E l’Agenzia delle Entrate opera, quindi, una distinzione tra il trattamento fiscale dei capitali erogati in dipendenza di polizze assicurative puro rischio (in cui si collocano quelle temporanee caso morte), da quello dei capitali erogati in dipendenza di polizze assicurative miste (che presentano anche una componente finanziaria).

Se nella prima ipotesi persiste, infatti, l’integrale esenzione IRPEF, nella seconda è necessario operare un’ulteriore distinzione tra la quota capitale riferibile alla copertura del rischio morte e quella relativa al rendimento finanziario dell’investimento. 

Nello specifico, quest’ultima parte del provento costituisce reddito di capitale ai sensi dell’art. 44, comma 1, lettera g-quater) TUIR ed è assoggettato all’imposta sostitutiva contemplata dall’art. 26-ter, comma 1, D.P.R. n. 600/1973.

L’Amministrazione finanziaria chiarisce, inoltre, che, in caso di polizze assicurative miste, “l’ammontare della prestazione imponibile debba corrispondere alla differenza tra il valore di riscatto che sarebbe stato riconosciuto all’assicurato, determinato al momento individuato sulla base delle condizioni contrattuali, e l’ammontare dei premi pagati al netto di quelli corrisposti per la copertura del rischio morte”. 

L’imponibile è, quindi, calcolato tramite la differenza tra il valore di riscatto (alla data del decesso dell’assicurato) e la somma della quota finanziaria dei premi pagati (ovvero di tutti i premi corrisposti al netto di quelli volti alla copertura del rischio demografico).

Se il valore di riscatto è superiore all’entità della complessiva prestazione caso morte effettivamente percepita, quest’ultima rileva quale termine primo della predetta differenza (da cui è sottratta la somma della quota finanziaria). Se il valore di riscatto non è determinabile, si considera la riserva matematica (sempre alla data del decesso dell’assicurato).

Ulteriori chiarimenti sono forniti con specifico riferimento alle polizze assicurative sulla vita che prevedono l’erogazione di prestazioni ricorrenti. 

L’Agenzia delle Entrate rileva come, in tali fattispecie, non esista generalmente alcuna certezza che consenta di tassare il capitale corrisposto al momento dell’erogazione della singola prestazione, dal momento che la polizza non può garantire, prima della scadenza del contratto, alcuna garanzia di restituzione del capitale.

L’imposta sostitutiva di cui all’art. 26-ter è, quindi, applicata sull’eventuale reddito che si genera al momento dell’erogazione della prestazione, qualora sussista un differenziale positivo tra l’ammontare delle prestazioni ricorrenti programmate, aumentato della prestazione corrisposta alla scadenza o al riscatto anticipato, e l’ammontare dei premi versati.

La circolare n. 8/E del 2016 individua, infine, per mezzo di un esempio numerico che considera la corresponsione di un premio unico, un criterio di tipo proporzionale per l’attribuzione della complessiva prestazione caso morte alle prestazioni ricorrenti erogate nel corso della vita dell’assicurato e alla prestazione erogata all’atto del decesso.

Inoltre, l’Amministrazione Finanziaria ha, di recente, chiarito, tramite la risoluzione n. 76/E del 16 settembre 2016 (in risposta a un’istanza di consulenza giuridica presentata dall’associazione di categoria delle imprese di assicurazione), che detto criterio trova applicazione esclusivamente nei casi in cui la regola generale non può operare, in quanto la polizza prevede un premio unico indistinto, vale a dire nell’ambito del quale non risulti possibile differenziare la componente a copertura del rischio demografico da quella finanziaria.

Pertanto, anche nel caso di polizze sulla vita con prestazioni ricorrenti che prevedono la corresponsione di un premio unico, la tassazione all’atto della morte dell’assicurato deve avvenire in base al valore di riscatto ogniqualvolta l’operatore può, in base a dati certi, ricondurre i premi a ciascuna delle due componenti della prestazione assicurativa.

Qualora, al contrario, a fronte di una polizza con premio unico non sia possibile distinguere i due caratteri della prestazione, si deve necessariamente applicare il criterio proporzionale. E ciò indipendentemente dal fatto che la polizza sia con o senza prestazioni ricorrenti.

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