QUALE È IL SEGRETO DEL TITOLARE DI UNO STUDIO CHE HA SUCCESSO?

QUALE È IL SEGRETO DEL TITOLARE DI UNO STUDIO CHE HA SUCCESSO?

QUALE È IL SEGRETO DEL TITOLARE DI UNO STUDIO CHE HA SUCCESSO?

Dopo quasi trent’anni di gestione di una struttura odontoiatrica che è passata attraverso tutte le fasi di sviluppo sino a diventare una vera e propria azienda sanitaria, in termini di dimensioni e fatturato, pensando a quello che in questo tempo ho passato, vissuto, studiato e sperimentato, posso dire che le azioni pratiche che mi sono trovato a svolgere possono essere ricondotte a tre macro-regole di predisposizione mentale ed azione quotidiana sul campo:

1 – avere una costante ossessione per i dettagli

2 - utilizzare un punto di vista globale su quello che avviene e, allo stesso tempo, sviluppare la capacità di considerare come regola aurea che ogni risultato di eccellenza è l’esito della sommatoria dell’esecuzione di una grande serie di micro azioni preordinate a mente fredda

3 – curare la manutenzione quotidiana dei microscopici ingranaggi composti dai processi clinico-amministrativi e dalle persone che contribuiscono in maniera decisiva al funzionamento globale dello Studio.


Analizziamo assieme il primo punto, perché può essere facilmente frainteso.


Con “l’ossessione verso i dettagli” non voglio affermare che il titolare deve passare il suo tempo a controllare ogni azione che compiono i dipendenti e i collaboratori, o a fare lui se loro non sono bravi.

Questo atteggiamento è sbagliato e controproducente.

Da un lato brucia tempo ed energie che possono essere impiegate dal titolare in attività a più alto valore aggiunto a lui espressamente dedicate, mentre dall’altro diminuisce la sicurezza dei membri dello staff nelle loro capacità, andando a “demotivarli” sul loro ruolo e potenzialità inficiando il credere in sé stessi, lungo periodo.

Al contrario, il titolare deve impostare delle procedure automatiche che permettano il controllo dell’esecuzione delle mansioni e dei protocolli che hanno portato allo sviluppo dell’azienda, portando all’assunzione della massima responsabilità operativa da parte di ogni dipendente o collaboratore.


Il dettaglio va curato quindi a monte, con la redazione – questa si, fatta dall’imprenditore – di protocolli e mansionari realizzati in maniera certosina e insegnati a menadito.

A quel punto, una volta identificate le mansioni, le responsabilità e le persone a cui affidarle, il titolare dovrà solo controllare il lavoro finito, per dare il suo “imprimatur” finale, verificando che ogni risultato sia eccellente.

Quindi, riassumendo, il primo punto si può sintetizzare nel binomio:

1. Responsabilità operativa protocollata con delega ai collaboratori

2. Controllo “di qualità” del risultato finale da parte dell’imprenditore

Passiamo a spiegare il secondo passaggio, usando un frasario prestato dal mondo militare, il titolare deve possedere contemporaneamente sia la visione strategica che quella tattica della sua azienda. I due termini spesso usati come sinonimi, ma in realtà sono ben diversi.

Per strategia intendiamo un piano d’azione impostato a lungo periodo con il quale dirigere e successivamente coordinare le azioni tese a raggiungere la meta programmata, questo racchiude la visione futura del raggiungimento delle mete programmate. Stabilito l’obiettivo da conquistare quindi è la strategia che costruisce il piano generale dell’azione bellica, e tenendo conto dei fattori complessi, alcuni di questi non sono strettamente militari ma necessari per il raggiungimento della vittoria.

La strategia riguarda dunque lo studio delle forze in campo, delle riserve di uomini da reclutare, dei rifornimenti, del tempo necessario per armare i soldati, del loro morale e delle loro motivazioni, delle condizioni climatiche, dell’orografia, dei mezzi di trasporto, delle fortezze da proteggere o da conquistare.

Il colpo d’occhio, in questo caso, è dall’alto, ben lontano dal campo di battaglia.

Quindi la strategia si concretizza individuando una ramificazione di obiettivi di ampio respiro che si scompongono in più obiettivi, che a loro volta si scompongono in obiettivi operativi dei vari reparti per i quali verranno definite le attività da svolgere in maniera sinergica.

La tattica, invece, studia l’impiego delle unità militari sul campo di battaglia.

Questa riguarda quindi il metodo, gli strumenti e i mezzi utilizzati per conseguire gli obiettivi nelle singole, specifiche azioni che andranno a comporre la grande strategia generale. La tattica guarda a come ogni determinato reparto organizzativo si coordina e si configura e si muove in relazione ai grandi scopi da raggiungere.

Per schematizzare possiamo affermare che:

La strategia pianifica il piano, la tattica lo esegue

La strategia opera su larga scala, la tattica opera su sul terreno.

La strategia riguarda il perché si fa, la tattica riguarda il come la si fa

La strategia è difficile da copiare (perché è in genere segreta), la tattica è facile da copiare (perché tutti vedono ciò che fai, anche se ignorano il tuo piano strategico che giustifica quelle azioni)

La strategia si realizza nel lungo termine, la tattica si realizza nel breve

La strategia la programma il titolare, la tattica la esegue il responsabile

Nella storia, spesso, i grandi condottieri sono stati o buoni tattici oppure buoni strateghi, difficilmente entrambi. Un esempio tra tutti Annibale Barca, il generale che sconfisse Roma sul campo ben quattro volte – sul Ticino, sulla Trebbia, sul Trasimeno e infine a Canne – ma non seppe capitalizzare le sue vittorie a livello strategico, permettendo alla Repubblica Romana di riprendersi, organizzare la riscossa e infine annientare Cartagine per sempre a Zama in un’unica battaglia.

“Gli dei evidentemente non hanno concesso alla stessa persona tutte le doti: tu sai vincere, Annibale, ma non sai approfittare della vittoria”

Disse Maarbale, generale cartaginese

L’imprenditore non si può permettere questo lusso. Lui deve avere il controllo della grande strategia dell’azienda, e allo stesso tempo deve tenere in conto ogni singola “battaglia” che, giorno dopo giorno, andrà a generare il successo complessivo della sua attività.

Questo si traduce nel costante controllo di gestione amministrativo, contabile e finanziario da un lato, così come nella selezione e nella formazione costante dei dipendenti e collaboratori, nell’impostazione e nel controllo del marketing, nella verifica della soddisfazione del cliente e nella risoluzione di tutti quei piccoli problemi che si presentano quotidianamente nella vita lavorativa, da affrontare immediatamente prima che diventino grandi.

Valutiamo ora il punto tre. Per raggiungere il successo è necessaria una continua manutenzione dei processi e delle persone dell’azienda. E questo è a carico completo del titolare. Solo lui è in grado, come un condottiero che conosce pregi e difetti dei propri ufficiali e soldati, di operare con saggezza, sfruttando le abilità specifiche di ogni persona sotto il suo comando, per ottenere la vittoria di tutti.

Tale regola di controllo costante è necessaria per ogni tipo di attività, settore o categoria, in quanto è legata ad un aspetto intrinseco della natura umana: la patologia da troppo benessere.

Anche i più bravi dipendenti e collaboratori, ad un certo punto, quando va tutto bene, tenderanno a semplificare le procedure in cui si sentono ormai competenti, puntando a portare a casa il maggior risultato con il minimo sforzo. A prima vista tale atteggiamento potrebbe apparire come un bene, ma sul lungo periodo porterà a numerosi problemi andando facilmente fuori controllo.

Difatti, ben presto si andranno a semplificare – non seguendo più tutti i passaggi – non solo i protocolli più semplici e banali, ma pian piano anche quelli più complessi e importanti. Questo genererà errori, disaccordi e calo della produttività dell’azienda, che facilmente entrerà in crisi.

Per questo motivo ogni tanto è bene “rinfrescare i panni” dei mansionari e dei protocolli, per verificare se tutti li hanno chiari, se vanno ripassati o persino ristudiati. Tutto questo avviene in riunione, a data prefissata, azienda chiusa, con la partecipazione di tutti.

La consapevolezza che ogni tot di tempo il titolare farà un check di controllo aumenta la concentrazione e l’attenzione dello staff, rallentando in parte questa tendenza.

In più, se la manutenzione non viene eseguita quotidianamente, si manifesta un ulteriore effetto: se non si pone subito rimedio ad una seppur piccola mancanza, dopo un po’ questa verrà considerata data come acquisita da tutti. Di conseguenza sarà più facile passar sopra a una nuova mancanza, e poi un’altra ancora, fino alla totale perdita di leadership del titolare.

Se ad esempio un dipendente arriva in ritardo di 5 minuti, e non viene prontamente ripreso, dopo un po’ considererà normale arrivare con dieci minuti di ritardo, e così un altro dipendente, vedendo che il primo non è stato ripreso, inizierà ad arrivare con cinque minuti di ritardo, e poi un altro, sino ad avere un ingresso ad orario flessibile, ormai ingestibile. E quando il titolare snervato da questo andazzo cercherà di mettere ordine, troverà una grande difficoltà e resistenze ad eliminare tali comportamenti che, seppur scorretti, sono ormai dati come diritti acquisiti dai suoi dipendenti e collaboratori.

Ma la manutenzione costante del personale ha un’altra importante componente, anche questa di competenza del titolare, particolarmente illuminato: essere capace di riconoscere nel proprio dipendente o collaboratore quelle che sono le capacità potenziali che spesso neanche lui è in grado di riconoscere, e portarlo con impegno e sprono a esplicarle pienamente, per raggiungere un maggior stadio evolutivo nella sua vita, che porterà di conseguenza indiscusso vantaggio all’azienda.

A chiusura di questa breve analisi voglio lasciarti un concetto fondamentale. La cura di questi tre aspetti non si può dire mai conclusa fino a che continuerai ad essere un imprenditore. Non ci sarà mai un momento in cui avrai raggiunto il “Nirvana” in cui l’azienda andrà avanti con le sue gambe in maniera automatica, permettendoti di sedere in pace a goderti i frutti del duro lavoro che ha portato al successo la tua azienda.

Mi dispiace dirlo, contraddicendo chi parla di “automazione dell’impresa”: questo è solo un bel sogno. Ovviamente, se diventi bravo e trovi dei capaci responsabili o manager potrai liberare un po’ più di tempo per dedicarti alla famiglia, al tempo libero o ad altri progetti, ma in ogni caso ti toccherà mantenere sempre un’alta soglia di attenzione e cura nei processi di delega, verifica e controllo.

Insomma, non potrai mai sedere per cullarti sugli allori, a meno che tu non venda tutto o non vada in pensione.

Il lavoro del titolare è un lavoro costante, come un contadino che ara la terra. Nel tempo può diventare sempre più bravo, addestrato e abile. Potrà avere più o meno aiutanti a sua disposizione, più strumenti agricoli e sementi di qualità. Ma, alla fine, la sua presenza attenta e fattiva farà la differenza finale tra il successo e l’insuccesso del raccolto.



Ciro Renzi

✅️ Social Media Manager

4 anni

Passione, amore per il prossimo. Complimenti

Gaetano Noè

I.C.P. INTERNATIONAL COLLEGE of PROSTHODONTISTS| Professore a contratto presso Università degli studi di Parma | Socio Attivo Aiop / Specialista in Protesi riconosciuto dall’ E.P.A. ( European Prosthodontic Association)

4 anni

Complimenti Giuseppe Massaiu!

Mariangela Maitilasso

Clinic Manager-Treatment Coordinator-Aso

4 anni

Amare il proprio lavoro significa metterci l'anima ogni giorno. Parole davvero toccanti che mi hanno emozionato. Complimenti dottore.

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