Come far fruttare i dati e non sprecare l'attenzione dei vostri dirigenti
Nell'era del digitale, con sistemi di BI in grado di aggregare e visualizzare i dati in tempo reale senza alcun intervento da parte degli utenti, è diventato facile farsi prendere da una “euforia da reportistica” in cui i dati vengono estratti ad ogni possibile occasione, magari senza che vi sia reale necessità, ma solo perché è possibile farlo. Si pensa che, siccome non costa nulla, un report in più non possa mai fare male. In realtà questo atteggiamento è sbagliato, per due motivi fondamentali:
- Anche nel caso in cui creare un report davvero non costi nulla (e ammettiamolo, non sempre è così, visto che in molte aziende si fa ancora a mano) fare in modo che i dati alla base di esso siano affidabili ed aggiornati richiede comunque molto lavoro, sia organizzativo che operativo. Dietro ad ogni nuova informazione che si vuole monitorare vi sono sempre dei costi, anche quando si hanno a disposizione i più avanzati sistemi di BI.
- Vi è un limite all'informazione a cui i dirigenti aziendali possono prestare reale attenzione. Sommergerli di dati non può fare altro che generare confusione e distogliere l’obiettivo dalle cose veramente importanti.
Bisogna quindi essere in grado di identificare quelli che sono i reali indicatori di performance aziendali, focalizzandosi su di essi ed escludendo tutto il resto, che è solo rumore di fondo. In secondo luogo, bisogna che questi indicatori vengano monitorati con la giusta frequenza, sempre allo scopo di non generare confusione e di dare il tempo di agire sulle cause che stanno alla base dei dati.
Identificare KPI è un esercizio più difficile di quanto non si immagini, in quanto costringe ad identificare cosa è realmente importante e quali sono le aree su cui ci si vuole focalizzare. Non scherzo quando dico che, se fatto bene, è un lavoro che aiuta a prendere decisioni di business anche coraggiose. In questo articolo quindi cercherò di esporre due principi fondamentali per essere efficaci in questa operazione.
Monitorare solo le informazioni necessarie
Come decidete quali informazioni inserire nei vostri report? Sulla base di ciò che è necessario, di ciò che è richiesto o di ciò che è disponibile? Tra i tre approcci c’è una grossa differenza e se il primo è il migliore, il terzo è di gran lunga il peggiore.
Come già accennato nell'introduzione, i report dovrebbero mostrare soltanto informazioni rilevanti per monitorare l'andamento del vostro business, la cui validità è riconosciuta dai destinatari ed a cui sono collegate azioni migliorative definite. Queste sono le informazioni che io definisco “necessarie”.
Un gradino più sotto, abbiamo le informazioni “richieste”, ossia che qualcuno ha chiesto di monitorare senza però specificare perché servono, o anche solo senza specificare quale sia l’azione collegata ad esse.
Al gradino più basso si collocano le informazioni “disponibili”, ossia che è possibile recuperare, ma che nessuno ha chiesto esplicitamente.
Poniamo ad esempio il caso che stiate vagliando la possibilità di creare report per monitorare l'OEE (overall equipment effectiveness) all'interno del vostro stabilimento produttivo. Si tratta di un KPI che oramai è diventato uno standard dell’industria manifatturiera, ciò tuttavia non è una giustificazione sufficiente allo spendere tempo ed energie per monitorarlo. Nel caso il dato sia già presente nei vostri sistemi, allora esso è “disponibile”. Se però nessuno è interessato ad esso, il massimo che potrete ottenere sarà spendere tempo ed energie per creare report che nessuno leggerà. In ambiente Lean Six Sigma si usa dire che i report vanno generati nel punto di utilizzo: il lavoro di estrazione delle informazioni dovrebbe essere sempre fatto dalla persona (o dal reparto) che di quelle informazioni ha bisogno, proprio per evitare che vengano mandati in giro dati solo perché sono disponibili, ma che nessuno in realtà utilizza.
Nel caso qualcuno vi stia chiedendo esplicitamente di fornirgli un dato o un’informazione, allora quell'informazione è “richiesta”. Anche questo tuttavia non è sufficiente: perché la persona ne ha bisogno? Che aspetto di business è destinato a tracciare? Questo aspetto è rilevante? E soprattutto: quali azioni verranno informate dai dati forniti? Troppo spesso si tende a creare report oceanici, che contengono mille informazioni, solo perché i richiedenti ragionano in termini di: “intanto mettiamole, così se un giorno ne avremo bisogno le avremo”. Questo approccio tuttavia è sbagliato, in quanto aumenta la mole di lavoro solo per creare report confusionari, dove le informazioni realmente rilevanti si perdono tra quelle non necessarie.
Dopo il livello delle informazioni “richieste” si giunge finalmente a quello delle “necessarie”. Idealmente però, per raggiungere questo stadio non è sufficiente nemmeno che il richiedente sia in grado di specificare il perché un dato gli serve: deve anche specificare quali azioni effettuare nel caso esso non sia in linea con le aspettative. Poniamo ad esempio che il vostro amministratore delegato voglia un report che dia una previsione del fatturato a fine anno confrontata con il budget. Lo scopo è palese e assolutamente valido: si vuole confrontare lo scostamento tra la previsione di come andrà effettivamente il business e gli obiettivi posti, in modo da poter intervenire precocemente nel caso sia necessario. Tutto perfetto, ma in cosa consiste questo “intervento”? C’è un'azione precisa che l’amministratore delegato ha intenzione di fare nel caso le cose non vadano come previsto, in modo da migliorare la situazione? Oppure al massimo chiamerà il direttore commerciale per chiedergli spiegazioni? Se l’azione che pianifica di fare è solo la seconda, allora la realtà è che non ci sono motivi reali per fornirgli il report che ha richiesto.
Naturalmente quello appena citato è un caso estremo, si potrebbe infatti dire che l'AD di un'azienda deve essere informato sulle previsioni di fatturato a prescindere dal fatto che abbia intenzione di agire per influenzare gli eventi, oppure che gli interventi che egli potrebbe fare sono troppo variegati per essere stabiliti a priori. In linea di principio però entrambi questi ragionamenti sono sbagliati e comunque non applicabili a livelli inferiori alla direzione generale aziendale. Avere il diritto di sapere non significa avere la necessità di sapere ed i processi di reportistica (come tutti i processi aziendali del resto) vanno costruiti sulla base di ciò che crea valore aggiunto, non di ciò che è percepito come doveroso fare.
La frequenza dei vostri report deve essere pari al ciclo di azione legato ad essi
Nel corso della mia carriera ho sentito spesso dire che i report “vanno aggiornati ogni volta che cambiano i dati”. Non c’è niente di più sbagliato.
Provo a spiegarvi il concetto con un esempio estremo: siete in auto bloccati nel traffico, in ritardo per un appuntamento. Presi dal nervosismo, cominciate a controllare sempre più spesso il vostro orologio, per capire che ore sono. Ogni volta che lo guardate sono passati un paio di minuti, ma purtroppo non c'è nulla che possiate fare. La strada è completamente bloccata, non vi resta che aspettare.
Proviamo a ragionare. L'orologio in questo caso è uno strumento che fornisce report sull'ora aggiornati in tempo quasi reale (precisamente ogni secondo, se ha la lancetta apposita). Ogni volta che il nostro protagonista lo guarda, i dati sono cambiati? Certo che sì, come detto sono passati un paio di minuti. Ma facciamoci un’altra domanda: guardarlo così spesso gli serve a qualcosa, oltre che ad aumentare la sua ansia? Assolutamente no e questo per un motivo molto preciso: non vi è alcuna azione che lui possa fare per migliorare la situazione tra una lettura dei dati e quella successiva. Il report, letto così frequentemente, è totalmente inutile.
L’approccio da seguire è quindi diverso. Se avete applicato i principi esposti nel paragrafo precedente, si presume che realizziate i vostri report per monitorare KPI rilevanti per il vostro business e che questi KPI siano collegati ad azioni precise per migliorarli nel caso non siano soddisfacenti. Il passo da fare a questo punto è domandarsi quanto tempo richiedano queste azioni per essere effettuate ed avere un’influenza sui KPI stessi. Una volta che avrete individuato ciò, saprete anche la frequenza con cui dovete leggere i vostri report.
Facciamo un nuovo esempio: il direttore di un supermercato sta pensando se installare o meno un sistema di tracciamento delle presenze che mappi i luoghi di maggiore e minore traffico nel suo negozio. I consulenti a cui si è rivolto sostengono che esso gli servirà ad ottimizzare il layout degli scaffali e la distribuzione delle referenze e questo risulterà in un aumento delle vendite. Gli strumenti sarebbero in grado di fornire dati sul traffico in tempo reale, la domanda però è: se lo scopo del loro utilizzo è quello suddetto, serve consultarli di continuo? Ogni giorno ad esempio? Come detto, per rispondere a questa domanda bisogna prima chiedersi quale sia l’azione collegata alla lettura dei dati. In questo caso si tratta della modifica del layout degli scaffali, oppure della ridistribuzione delle referenze sugli scaffali stessi. Si capisce immediatamente che si tratta di azioni che richiedono tempo e che quindi non possono essere fatte di continuo, anche perché ogni cambio di layout probabilmente creerà disagio alla clientela, che sarà obbligata a memorizzare nuovamente i posti dove si trovano i prodotti. Inoltre: di quanto tempo hanno bisogno le azioni compiute per avere un effetto sui dati? Come detto ad ogni cambio di layout corrisponderà un periodo di adattamento, dopo il quale sarà fisiologicamente necessario attendere un po’ di tempo per capire se c’è stato un miglioramento oppure no. I dati di una singola giornata potrebbero essere falsati, è meglio aggregare quelli di un periodo abbastanza lungo. Avere una reportistica frequente quindi in questo caso non serve assolutamente a nulla, probabilmente sarebbe più utile averne una semestrale.
Naturalmente, se avete un sistema automatico che compila i report al posto vostro, potete leggerli quante volte vi pare e l’unico svantaggio sarà la perdita di tempo che vi sarete auto-inflitti per leggere dati che non vi servono. Se però i vostri report sono compilati manualmente, allora dovete considerare che state utilizzando ore uomo per un compito che non porta valore aggiunto. Pensateci.