SENZA TITOLO
Faccio una premessa…..Oggi non parlerò di lavoro. Ognuno potrà interpretare come meglio ritiene questo pezzo e fare le riflessioni che crede.
Sono un donatore di sangue e credo fortemente sull’utilità di questo dono, per motivi etici, ma soprattutto per motivi personali. All’ultima mia donazione mi sono recato in ospedale con la metropolitana in una bellissima mattina fresca di ottobre. Era sabato e non mi capitava da molto tempo di andare in metropolitana visto che lavoro prevalentemente in auto. Comunque dopo avere donato il sangue ho ripreso la metropolitana per tornare a casa e sono salito in una delle ultime carrozze. C’era pochissima gente.
Mi ha subito colpito una ragazza che si è seduta in uno degli ultimi posti e guardando attentamente il viso, ho notato che aveva gli occhi lucidi e cercava di trattenere con tutte le sue forze il pianto che le saliva, asciugandosi gli occhi e guardandosi intorno come se fosse colta da imbarazzo dal fatto che la gente potesse vederla così. Un pianto che stentava a trattenere, con le contrazioni ed i tremori di chi si sforza, ma avrebbe un bisogno impellente di sfogare tutte quelle emozioni.
Di fronte a lei c’era una signora che era accompagnata da suo figlio, poco più che un bambino, con la sindrome di Down. La osservava e vi ho visto un sorriso di comprensione. Una comprensione che io ho interpretato come quello di una donna che ha versato moltissime lacrime nella sua vita. Una comprensione materna, fatta di sguardi sinceri, come se la stesse idealmente abbracciando. Poi si è rivolta verso il figlio, che nel frattempo le aveva detto qualcosa e gli ha fatto un grande sorriso abbracciandolo. Un abbraccio ricambiato. Mi piace pensare che quell’abbraccio fosse dedicato a quella ragazza sola e che tutto ciò che è successo abbia un unico filo conduttore: gli incontri che pone il destino.
Io sono sceso alla mia fermata ma quelle immagini mi hanno accompagnato per tutto il fine settimana ed ho riflettuto molto su quanto accaduto.
Nella carrozza della metropolitana c’era altra gente oltre a noi e sono rimasto impressionato, come se non fossi io, vedere me stesso e tutte le persone presenti in quella carrozza concentrate a guardare i propri smartphone per giocare, leggere, lavorare, anche solo passare il tempo, senza minimamente accorgersi non solo del tempo che passa, ma anche di quello che banalmente ci circonda. Un’indifferenza nei confronti di noi stessi e degli altri che tutti commettiamo quotidianamente, troppo concentrati su ciò che dobbiamo fare, incapaci di fermarci e guardare dove siamo e chi e cosa ci circonda.
Quando ero a Milano a lavorare mi ricordo le lunghe passeggiate durante la pausa pranzo e rimanevo colpito, alzando lo sguardo, della bellezza di alcuni edifici, dove sarò passato migliaia di volte senza vederli.
L’incapacità di osservare generata dall’indifferenza che ci circonda, non fa altro che crescere una società sempre più individualista, non più abituata a vedere come normale una persona che si emoziona, giudicando inopportuno un atteggiamento che mette a nudo delle fragilità, perché quello che viene richiesto è forza e determinazione. Si ritiene che esprimere le emozioni sia la cosa più normale del mondo se a farlo sono i bambini, ma la follia è pensare che una società possa considerare l’età una discriminante per giudicare un comportamento come l’espressione di giuste emozioni.
Non conosco il motivo del pianto di quella ragazza, ma questa esperienza, molto intensa seppur normale, mi ha convinto ancora di più di quanto questo mondo abbia bisogno di rallentare la velocità e consentire alle persone di evitare di accantonare le emozioni in qualche angolo nascosto perché “non va bene” ed essere maggiormente solidali cogliendo la bellezza, l’intensità e la vera essenza della vita nell’osservare una persona che non teme di far vedere ciò che prova.
Un tempo si diceva “gli uomini non piangono”. Proviamo ad andare oltre e camminare in un territorio sconosciuto per molti, imparando dagli altri.
Non ho voluto mettere un titolo perché vorrei che ognuno di voi scelga quello che meglio rappresenta questo post.
Roberto Turchetti
HR Director at Friulintagli - Certified Innovation Manager
6 anniEcco il mio titolo : Non siamo solo likes, l'interazione personale continuerà a distinguerci come umani