Siti naturali per l’arrampicata sportiva e indagine geologica
Negli ultimi anni la crescente popolarità dell’arrampicata e l’aumento dei praticanti hanno indotto numerosi enti ed associazioni a programmare interventi di riqualificazione di storiche pareti e nuove chiodature un po’ ovunque. L’attenzione verso le diverse modalità di frequentazione della montagna è certamente interessante, a patto di preservare stili e attrezzature diverse delle pareti e del modo di affrontarle, evitando processi di omologazione forzati.
Le rocce offrono anzitutto un'opportunità di conoscenza, oltre che di sport.
Basta poco per trasformare passione ed entusiasmo in inquinanti che contaminano le idee e i luoghi.
Senso della misura e capacità di adattarsi alla natura e non viceversa sono le migliori risorse per non cadere in questa trappola, seconda solo alla deriva “securitaria” che pretende, ovunque e invano, la sicurezza dovuta ad ogni costo.
L’arrampicata (anche quella sportiva) su roccia è un’attività potenzialmente pericolosa, indipendentemente dal tipo di bonifica messa in atto e di chiodatura impiegata.
Affrontare una via d’arrampicata su roccia presenta un pericolo intrinseco, a prescindere da qualsiasi intervento di sistemazione.
Le opere di sistemazione/manutenzione costituiscono un aiuto nella gestione dei pericoli e dei rischi conseguenti, che permangono, ma non possono e non debbono essere completamente eliminati, pena lo snaturamento dell’attività.
Ogni falesia, infatti, è soggetta ad un normale processo di degradazione dell’ammasso roccioso, dovuta ad azione chimica delle acque meteoriche, gelo-disgelo, spinta idrostatica dell’acqua nelle fratture, azione divaricatrice delle radici degli alberi, sovraccarico delle piante….
Per questo motivo anche la struttura più monolitica non potrà mai essere assimilata ad un impianto artificiale di tipo sportivo, essendo soggetta ad un inevitabile processo di modificazione nel corso del tempo; ne consegue che il rischio di caduta massi in una falesia non potrà mai essere annullato, così come non potrà mai essere garantita negli anni una perfetta tenuta degli ancoraggi.
L’arrampicata su queste pareti è da intendersi come ogni azione condotta in ambiente naturale, dove l’atteggiamento del “fruitore” deve essere orientato alla percezione dei pericoli insiti nell’attività e alla predisposizione ai rischi conseguenti.
Ad esempio l’intervento di sostituzione della chiodatura vetusta, preceduto da rimozione di materiale instabile, va ad innalzare il livello di protezione per la pratica dell’arrampicata. Ciò nonostante considerata l’impossibilità di eliminare i processi di degradazione naturale e le possibili conseguenze nel tempo (caduta massi), è fondamentale rinnovare il messaggio di autoprotezione da destinare ai fruitori delle pareti, incentrato sull’adozione di comportamenti adeguati, sull’assunzione di consapevolezze tese a percepire i pericoli, a predisporsi e a gestire i rischi conseguenti, oltre all’utilizzo di idonei dispositivi ed attrezzature.
Tra gli interventi periodici è fondamentale il taglio ed alleggerimento dagli alberi pericolanti immediatamente soprastanti i settori di arrampicata, sovente causa di innesto di scariche di sassi, il disgaggio di porzioni mobili, la rimozione della vegetazione morta e controllo degli gli accumuli detritici lungo le cenge più pericolose.
Parallelamente non va dimenticato di intervenire sempre con oculatezza e misura, senza eccessi, con rispetto di piante, animali e rocce; ricordandosi che la realizzazione di eventuali opere di sistemazione accessorie aggiuntive (es. aree di sosta alla base) può favorire assembramento e stazionamento di persone sotto il “tiro” delle scariche.
Considerata l’impossibilità di eliminare i processi di degradazione naturale in atto e le possibili conseguenze nel tempo, ogni progetto risulta incompleto se non si accompagna con un messaggio di autoprotezione da destinare ai fruitori delle pareti, perfezionando ogni intervento con opportune azioni di comunicazione e sensibilizzazione destinate ai frequentatori delle rocce.
L'indagine geologica non può prescindere da un accurato lavoro sul campo, con sopralluoghi mirati in parete, percorrendo vie d'accesso e itinerari, con uno sguardo d'insieme che valuta la "situazione"geologica delle strutture in funzione della pratica sportiva e delle connessioni con altri elementi ambientali e territoriali (rete sentieristica, habitat, biodiversità..).
MARKETER - ACCOMPAGNATORE DI MEDIA MONTAGNA
3 annitra l'altro, hai letto delle placche di baone a Arco? credo fosse anche una delle falesie cosiddette "certificate"...
Titolare presso Vulcano Sas Soluzioni Con L'Informatica
3 anniConcordo Michele Comi
Consulente Sicurezza Formatore alla sicurezza Professionista 818
3 anniSaggio e vero. Bravo Michele, che le tue riflessioni non siano vane