Titolo: Il passaggio generazionale – Considerazioni su un problema reale
Stefano Peverelli

Titolo: Il passaggio generazionale – Considerazioni su un problema reale


C’era una volta Giovanni, figlio di imprenditori, che da trenta e più anni si sente dire: un giorno tutto questo sarà tuo. Parafrasando la storica battuta di Giorgio Gaber uno degli artisti più eclettici, ironici e lungimiranti, subito mi rendo conto della incongruenza che nasce spontanea, guardando la situazione nella quale si trovano molte nostre aziende. Giovanni nel corso degli anni, si accorge che la sua posizione risulta essere, in alcuni frangenti persino paradossale, ed allora tenta di reagire usando proprio quegli strumenti messi a disposizione dalla sua famiglia.

Strumenti che sulla carta si possono considerare ineccepibili con un dolce sapore di irreprensibilità, ma nella vita molto pratica dell’imprenditore impegnato nei vari settori, dove la concorrenza, la mancanza o quasi di scambi diretti con altre realtà professionali, la “chiusura” che ogni tanto diventa palpabile e non solo respirabile, richiede oggi più che mai decisioni con carichi notevoli di rischi e responsabilità.

E qui casca l’asino, appunto si parla di RESPONSABILITA’, di scelte, di scambi, di conoscenza, di sbagli, di rimedi agli errori commessi, insomma di un qualche cosa che ci hanno inculcato sin da bambini, ma che nella realtà Giovanni non ha mai potuto mettere in pratica.

Sono dell’idea che la famosa quanto corretta applicazione delle “norme” regolatrici della GAVETTA, siano state superate da una serie di ragioni concrete, giustificate e contingenti da parte della “vecchia” schiera di imprenditori alle prese con questo reale problema, ed in alcuni casi trasformatesi addirittura in dilemma. Ciò a dire che “qualcuno” si è reso conto che “l’iter burocratico di crescita” riguardo la formazione dei propri figli nelle aziende, ha sempre un importante valenza, ma probabilmente non basta e quindi occorre o occorrerà immaginare o studiare nuove forme di “educazione professionale interna”.

Può essere giustificata la sensazione che gli imprenditori siano timorosi nel rendere attuabile, di far prendere forma al “nuovo” come a parer mio sarebbe giusto che facessero?. La “paura” arriva dalle attuali difficoltà del mercato o da quelle future?. Oppure si tratta esclusivamente di una difficoltà personale nell’accettare che i propri figli possano camminare con le proprie gambe?.

Queste righe non hanno nessuna pretesa, tantomeno presunzione di poter giudicare i vari comportamenti, così come questo scritto non sarà sicuramente in grado di risolvere questo vero problema, ma l’intento è quello di poter sensibilizzare ulteriormente chi si trova in “casa” una situazione a mio parere di difficile gestione e considerazione.

Ma è giusto ribadire che oggi come oggi, la figura dell’imprenditore non lascia assolutamente nessuno spazio alla improvvisazione, al pressappochismo, alla inconcludenza ed alla incoerenza di pensiero e di azione.

Diventare imprenditore significa saper anche aspettare, apprendere, osservare, ma sempre e comunque saper cogliere il momento più propizio per diventarlo, veramente.

Se notiamo attentamente quando avviene un cambio generazionale, per vari motivi quasi sempre legati alla dipartita del padre o in alcuni casi della madre, la situazione nella maggior parte dei casi, precipita con la chiusura di molte aziende o la cessione delle stesse. Ci sono ovviamente anche casi, dove il figlio o i figli, riescono in poco tempo a modernizzare l’azienda, affidandosi all’innovazione tecnologica, che fino ad allora era vista come un investimento quasi inutile. Questo succede nelle grandi imprese, nelle medie imprese, ma sia in negativo che in positivo soprattutto nelle piccole aziende, che sappiamo sono il motore della nostra economia.

La cosa paradossale è che gli imprenditori nella vecchia guardia, ancora in attività, guardano con sospetto, le aziende che sono passate nelle mani dei figli, e si chiedono come possono aver fatto ad affermarsi nella propria attività, quasi “gelosi” del fatto che i “giovani”, possano essere anche dei bravi amministratori aziendali. Questo senza rendersi conto che oggi come oggi, il mondo è cambiato profondamente, in pochissimo tempo, soprattutto i ritmi sono diventati incessanti, e ci deve abituare in fretta.

Questo senza disconoscere, quello che hanno fatto tanti datori di lavoro, che hanno costruito aziende e in tanti casi imperi dal niente, ma sono convinto che un uomo, debba avere il coraggio ad un certo punto della sua vita, di dire basta e riporre la propria fiducia a chi ritiene più opportuno. Meglio a qualcuno di famiglia, che magari è anni che collabora in azienda, ma non gli è mai stata data la possibilità di prendere il timone per navigare in nuove acque.

Concludendo spero che il vento cambi il più velocemente possibile, perché non vorrei che questa o queste situazioni così delicate e cariche di strani dinamismi, possano col tempo che passa inesorabile, stravolgere quello che ogni tanto la nostra mente ha bisogno di sentirsi dire: “Ogni persona, tutti gli eventi della tua vita sono lì perché tu li hai attratti: ciò che decidi di fare dipende da TE” (Richard Bach).

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