“Ucrainizzazione” della sicurezza europea: perché la Russia agisce ora
Lo stato di tensione al confine russo-ucraino tiene tutto lo spazio pan-transatlantico in sospeso ed allo stesso tempo in allerta, da Kiev a Bruxelles e Washington. La questione è la sopravvivenza dell'attuale architettura di sicurezza europea sotto la pressione di possibili scontri militari tra Russia (l'aggressore) e Ucraina (la vittima). La parte russa percepisce la situazione in Ucraina come un elemento indivisibile dell'equazione di sicurezza regionale che comprende l’espansione dell'Alleanza del Nord Atlantico (NATO) in tutta l'Europa centrale e orientale. In cambio di non iniziare un'aggressione, la Russia vorrebbe che il braccio militare dell'Occidente non si estendesse ad Est.
Dall'iniziativa dell'Accordo di sicurezza europeo del 2009, la Russia ha costantemente pedalato sul concetto di "sicurezza indivisibile". Secondo tale concetto, NATO e Russia, non dovrebbero aumentare la propria sicurezza a spese dell'altra parte. Lo stesso principio è evidente anche nelle proposte sulle “garanzie di sicurezza” presentate da Usa e Nato a fine 2021. Il peggior difetto di queste proposte è che gli interessi degli Stati che non appartengono ad alcun blocco militare e che vogliono uscire dalla zona grigia (Ucraina e Georgia) in modo trasparente e costituzionale vengono ignorati. La posizione della Russia sul diritto di questi Stati a garantire la propria sicurezza è esclusiva e ancorata ad un pensiero centrato sulla supremazia e sulla vendetta geopolitica.
La parte russa si sta concentrando al raggiungimento della propria sicurezza nazionale, sulla base di un'errata valutazione dei rischi esogeni. Un'analisi elementare della situazione militare mostra che le minacce proiettate da Mosca sono del tutto infondate. Con o senza le "garanzie di sicurezza" richieste da Mosca, nessuno avrebbe intenzione di attaccare un paese con il più grande arsenale nucleare e potenziale militare in Europa. L'obiettivo primario di Mosca è piuttosto strategico, ovvero ripristinare e rafforzare la sua sfera di influenza nelle immediate vicinanze. La concretizzazione di questo scenario comporterebbe costi enormi per l'Ucraina e la Georgia, la cui sovranità sarebbe minata, vedendosi negare in modo neocoloniale il diritto di aderire alla NATO. Sebbene la mossa della Russia sia inammissibile, la NATO, l'UE ed i principali Stati membri (Stati Uniti, Francia, Germania) si rendono conto che ignorare l'"offerta" della Russia potrebbe avere conseguenze militari per l'Ucraina e la sicurezza europea. Per questo la diplomazia americana, tedesca e francese sta cercando di coinvolgere la Russia in un dialogo attivo, anche se senza risultati tangibili. Parallelamente, USA e UE stanno sviluppando, insieme e separatamente, sanzioni individuali (circolo oligarchico di Vladimir Putin), finanziarie (rimozione dal sistema SWIFT e riduzione al minimo delle possibilità di prestito sui mercati internazionali), tecnologiche ( limitando l'accesso alle tecnologie statunitensi) ed energetiche (cessazione del gasdotto Nord Stream 2).
Il momento che la Russia ha scelto per il suo tentativo di ridefinire le sue sfere di influenza non è casuale. La mobilitazione delle forze militari al confine con l'Ucraina potrebbe aver luogo in qualsiasi momento, ma ci sono alcune spiegazioni, il cui esame chiarisce la motivazione a farlo proprio ora.
Innanzitutto, la presenza della Russia nel conflitto militare attivo a Luhansk e nel Donbas consente di effettuare tutte le manovre necessarie per provocare un conflitto frontale rispettivamente con l'Ucraina ed i suoi sostenitori occidentali. Il principale pretesto per innescare un simile conflitto è la protezione dei cittadini russi, che nel 2021 contavano circa 530mila persone (nelle regioni separatiste di Luhansk e Donbas).
In secondo luogo, la crisi energetica del mercato europeo (prezzi del gas che oscilleranno almeno tra 1.000 e 2.000 euro per mille metri cubi entro aprile) e la posizione di assoluto dominio della Russia nel settore degli approvvigionamenti di gas naturale gli conferiscono un'importante leva strategica per reagire e annientare eventuali sanzioni imposte dall'Occidente. L'inizio di un'operazione militare in inverno, quando la sicurezza energetica dell'UE dipende fortemente dalle forniture russe di gas naturale, è uno scenario favorevole per la Russia.
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Un terzo aspetto che Mosca sta prendendo in considerazione è la grave pandemia (causata dalla variante Omicron), ma anche l'aumento dei prezzi dell'energia, che peggiora la percezione pubblica dei governi nazionali e incita lo spirito di protesta nella società. Di fronte all'elevato malcontento pubblico, la maggior parte degli stati dell'UE potrebbe aumentare il proprio desiderio di negoziare un compromesso con la Russia per fermare un'esplosione militare in Ucraina, piuttosto che impegnarsi nel contrastare l'aggressione russa.
La quarta consiuderazione nei calcoli russi sarebbe il contesto politico e geopolitico. Un conflitto militare in Ucraina (di qualsiasi portata) potrebbe avere un impatto sulle elezioni legislative statunitensi (novembre 2022), culminando nell'ascesa del Partito Repubblicano al Congresso, anche se il presidente Joe Biden imporrà dure sanzioni alla Russia. In precedenza, si terranno le elezioni presidenziali in Francia (aprile 2022), in cui una possibile aggressione militare russa potrebbe costringere il presidente Emmanuel Macron ad attuare una strategia di moderazione per mantenere i suoi oppositori politici, Marine Le Pen ed Eric Zemmour, nel seminterrato delle preferenze politiche. In questo senso, non si può escludere che, tra l'altro, la Russia veda un'opportunità tattica per influenzare i risultati delle elezioni francesi e americane, che spingeranno le forze nazionaliste.
Le circostanze sopra descritte creano una "finestra di opportunità" unica che la Russia vuole sfruttare per indebolire il potenziale di riforma e democratizzazione del suo vicinato occidentale. Tuttavia, Mosca comprende che l'adesione alla NATO rafforzerà l'integrazione nell'UE. La sincronizzazione di questi processi può ridurre la dipendenza dalla Russia, compromettendo irreparabilmente la sua capacità di esercitare influenza nell'estremità occidentale dello spazio post-sovietico.
La Russia, avrebbe probabilmente evitato di mettere a dura prova la situazione al confine con l'Ucraina se non fosse stata sicura che le perdite politiche ed economiche fossero gestibili e che la posta in gioco valesse il costo. La grande posta in gioco è garantire la sicurezza e stabilire un nuovo ordine europeo, e la piccola posta in gioco è costringere l'Ucraina (preferibilmente “con mani” occidentali) a negoziare con le forze separatiste nel Donbas.
A seguito delle pressioni di Mosca, la sicurezza europea è in una profonda crisi esistenziale, poiché i suoi pilastri oscillano e quelli al di fuori della NATO sono scoperti e vulnerabili. Se la sicurezza europea non riesce a farsi carico della sicurezza dell'Ucraina, si rischia di generare una presa in giro degli stati non NATO all'interno dell'UE. È in tal senso che la sicurezza europea deve essere “ucrainizzata”. Ciò comporterebbe l'eliminazione delle zone grigie in Europa e la liberalizzazione dello spazio di sicurezza secondo la volontà popolare nazionale e non secondo l'egocentrismo dell'egemonia geopolitica regionale.