Una giornata mondiale del caffè per Napoli
1° ottobre, giornata internazionale del caffè, si festeggia in tutto il mondo per celebrare produttori e consumatori della bevanda, inserita tra i grandi appuntamenti dell’Expo di Milano. Ma anche Napoli dovrebbe festeggiarla perché il caffè è parte integrante del brand Napoli, ancor prima della pizza e al pari della canzone, in quanto il suo consumo è collettivo e individuale, pubblico e privato, al bar e in famiglia, unico vero rituale del risveglio. Napoli è certamente tra le capitali mondiali del caffè, per la per presenza di grandi marchi, per quantità consumate, per le numerose caffetterie e botteghe fin dal XIX secolo. L’attaccamento dei napoletani alla bevanda è un tratto identitario non negoziabile. Una lunga storia e un senso di appartenenza che dovrebbero consentirci di scalare ulteriori posizioni, in un mercato globalizzato come quello del caffè. I dati dell’Organizzazione Internazionale del caffè (ICO) parlano di oltre settanta paesi produttori e circa cento milioni di addetti. E se il caffè è materia articolata lo è ancora di più l’espresso, definito come «un unicum», «un vero e proprio capolavoro», «una soluzione, un’emulsione, una sospensione colloidale e un’effervescenza», «un piccolo miracolo di chimica e fisica» (A. Illy, Il Sogno del caffè, Codice Edizioni, 2015).
Più controverse sono le origini e il ruolo giocato sul mercato del caffè dalle varie città italiane, visto che talune narrazioni le vorrebbero trivenete se non addirittura triestine. L’ultima parola sull’argomento la lasciamo allo storico Aurelio Lepre (Civiltà del Caffè a Napoli, Electa, 1990) che ricorda come «nel 1683 si aprì a Venezia la prima vera bottega del caffè», aggiungendo che «quanto all’uso, proprio gli stretti rapporti che esistevano tra il regno di Napoli e Venezia (…) fanno ritenere che non vi si sia diffuso molto più tardi che negli stati veneziani». Ma il senso di appartenenza alla nazione del caffè è scattato quando nel 2014 la trasmissione Report ha affrontato il caffè di Napoli gettando non poche ombre sui primati partenopei. Ad infastidire i napoletani, più delle inchieste sulle storture di questo mercato, la competenza del degustatore venuto dal nord per valutare il caffè e i nostri bar più prestigiosi. Ecco quindi che la risposta creativa della città dell’espresso non si è fatta attendere chiamando in causa la Napoli letteraria, con 25 scrittori capaci di animare le loro storie in altrettanti bar napoletani (a cura di P. A. Toma, Caffè di Napoli, Compagnia dei trovatori, 2015).
Già perché la nazione del caffè insieme ai tantissimi marchi che presidiano il mercato appartiene agli esercizi in cui la bevanda si consuma: «luogo di incontro, casella postale, bacheca informativa, sala di lettura, zona di esposizione, campo politico, spazio di flirt, territorio di musica, oasi di relax, ambito culinario, salotto di conversazione» (M. Cerulo, La danza dei caffè, Pellegrini, Cosenza 2011). Avere consapevolezza delle innumerevoli valenze culturali legate a questo mercato non basta, Napoli, oltre a restituire al caffè la posizione che merita nell’immaginario collettivo, dovrebbe farsi carico del suo riscatto in termini di consumo. Un lusso per tutti, ricco e più variegato del cioccolato, nobile più del tè, sinonimo di ragione e segno di civiltà.
(l'articolo è uscito per la Repubblica ed. Napoli, del 1 ottobre 2015)