Una lezione di finanza dal tuo whisky preferito.

Una lezione di finanza dal tuo whisky preferito.

Premio Oscar alla carriera per il product placement, protagonista di scene iconiche nella storia del cinema, dal Grande Lebowsky a Blade Runner, dal Padrino a James Bond, il whisky scozzese, l’acqua della vita in gaelico, può essere un argomento stuzzicante anche per chi investe.

Una volta tanto, però, non stiamo parlando delle “sin stocks”, i titoli di Borsa dei colossi che macinano utili vendendo alcol, anzi più alcol, in tempi di crisi, come Diageo (Johnny Walker), Pernod Ricard (Ballantine, Jameson e Chivas Regal), Brown-Forman (Jack Daniels) o Suntory (Jim Beam), ma di whisky scozzesi di fascia alta, un’ancora di salvezza per la traballante economia d’Oltremanica post-Brexit. Da soli, rappresentano il 70% delle esportazioni di food&drink scozzesi e il 21% di quelle inglesi.

Il Knight Frank Luxury Investment Index, la Bibbia degli investimenti in beni di lusso che traccia il valore di 10 “passion investments” (oltre al whisky, le auto classiche, l’arte, gli orologi, i gioielli, le monete, i vini, ecc…), è aumentato di un sano 16% nel 2022, battendo comodamente l'inflazione e facendo meglio della maggior parte delle classi di investimento tradizionali, comprese le azioni e l'oro.

Questi asset alternativi notoriamente tendono a comportarsi in modo diverso rispetto ai mercati tradizionali e  contribuiscono a una maggiore diversificazione al portafoglio di investimenti. Un esempio? Nell’agosto 2020, in piena pandemia, il valore dei whisky scozzesi di fascia alta cresceva del 3% mentre lo  S&P 500 precipitava del -34%.

Dopo l’annus orribili 2020, con l’export globale sceso da 4,9 a 3,8 miliardi di sterline a causa del Covid-19 e del dazio del 25% imposto da Washington come ritorsione per i sussidi europei ad Airbus (- 32% le vendite negli USA), il mercato ha recuperato nel 2021 (4,5 miliardi di sterline) e toccato un nuovo record nel 2022 (6,3 miliardi di sterline, con una crescita del 37%).

Tra i mercati emergenti, la Cina e l’India, dove il  whisky super-premium è vissuto come uno status-symbol: secondo la Scotch Whisky Association tra il 2000 e il 2021, le esportazioni in Cina sono passate da 107 milioni di sterline a 198 milioni di sterline, mentre in India si è passati dai 3 milioni di sterline del 2000 ai 128 milioni del 2019.

Per Mordor Intelligence, il futuro del mercato del whisky è incredibilmente roseo, con una crescita del 5,2% all’anno nel quinquennio 2021-2026.

Insomma, dopo la pandemia il mondo ha ripreso a bere whisky e a comprarlo nei duty free dell’aeroporto, ma anche a considerarlo come un investimento interessante.

Vero è che il Rare Whisky 101,  l’indice che misura le variazioni di prezzo in un gruppo di 100 diverse bottiglie rare e collezionabili di whisky scozzese (solo il 3% delle circa 3.000 referenze sotto l’insegna della croce di Sant’Andrea), ha perso il 7,70% negli ultimi 12 mesi, ma se lo sguardo si allarga al rendimento a 10 anni vi ritrovate con un +329%.

Le dinamiche della domanda e dell'offerta del settore sono affascinanti: l’89% del whisky scozzese viene venduto prima di raggiungere gli 8 anni di invecchiamento. Ergo, c’è sempre una scarcity intrinseca dei prodotti di maggior qualità.  Bere una bottiglia di un whisky da collezione in edizione limitata aumenta il valore delle bottiglie ancora da stappare, mentre il lancio di nuovi prodotti, come è successo nel 2020 col Lagavulin 11-year-old Offerman Edition, può mandare in tilt i siti Web delle distillerie, lasciando i mercati secondari e le aste come l’unico posto dove acquistare.

In generale, c’è chi preferisce acquistare bottiglie singole, chi predilige i barili e chi si orienta sui fondi di investimento dedicati al whisky.

Rare Whisky 101, come detto, è un punto di osservazione ideale per capire gli andamenti del mercato grazie alla sua accurata serie di dati storici. Ad esempio, un investitore saggio e fortunato che avesse acquistato nel 1993 una bottiglia di Black Bowmore Aston Martin DB5 1964 al prezzo di 110 euro, oggi si ritroverebbe con un tesoretto di 56.000 euro.

Età, rarità e prestigio della distilleria (ce ne sono 140 in Scozia) possono determinare quotazioni da capogiro: una bottiglia di Dalmore di 62 anni è stata venduta nel 2019 per 293.000 euro, mentre un Lagavulin di 37 anni è stato pagato 54.000 euro nel 2021.  Poi ci sono i colpi unici, opere d’arte in edizione limitata come la bottiglia di McCallan 1926, una delle 40 dipinte a mano dall'artista Michael Dillon, battuta all'asta per 1,4 milioni di euro nel 2019.

Il barrelled whisky, a differenza di quello imbottigliato, non smette di invecchiare e può aumentare di valore. Un barile di McCallan costa quanto un bilocale (500  mila euro), ma può garantire un ritorno del 60% a sei anni. O più: una botte dell'ormai defunta distilleria Brora, acquistata per 100 dollari nel 1970, è stata venduta per oltre 400.000 nel 2019.

Negli ultimi vent’anni, infine, hanno preso piede fondi di investimento dedicati: il Platinum Whisky Investment Fund, per esempio, è stato uno dei primi fondi di private equity al mondo a concentrarsi su whisky rari single-malt.  Costituito nel 2014 con un finanziamento iniziale di 12 milioni di dollari, alla fine della durata prevista di sette anni, ha generato proventi netti per 26 milioni di dollari, con un rendimento annuo lordo del 17%.

Nonostante questi numeri, o proprio per effetto di questi numeri, la verità è che anche questo mercato dovrebbe essere affrontato con cautela e col supporto di una solida consulenza professionale. I prezzi all'ingrosso sono aumentati di circa 7-8% all'anno negli ultimi 40 anni, quindi non si tratta di un investimento rapido, del tipo “dentro e fuori”. Si investe per un minimo di tre o quattro anni, ma si deve essere pronti a restare in “hold” anche per tutto il tempo, otto-nove anni, che il whisky trascorre in un barile prima di essere imbottigliato.

Anche per questo esistono intermediari, come Whisky Wealth Club, che offrono una articolata exit strategy basata su aste online, la rivendita a un altro investitore che ha un orizzonte temporale diverso e può permettersi di far invecchiare il whisky per altri 5 o 10 anni, la rivendita a un imbottigliatore indipendente o il buy back da parte della stessa whisky broking house.

Come altri passion investments, il whisky è un bene tangibile e questo ha delle conseguenze. La prima è che il profitto che genera dipende quasi interamente da ciò che si sta acquistando. I whisky più redditizi sono solitamente i prodotti rari di una distilleria con un solida fama, come Bowmore, Dalmore, McCallan.

La seconda conseguenza è che il whisky è deperibile, visto che è soggetto a evaporazione quando è in botte (la "Angel's Share" come la definiscono gli addetti ai lavori) o alla possibile rottura di bottiglie e barili, e questo determina costi significativi per la conservazione e le coperture assicurative.

La terza è che può essere soggetto a truffe raffinate che spacciano prodotti di qualità inferiore come marchi premium. Anche per questo sono fondamentali la tracciabilità della provenienza, del luogo di stoccaggio e della proprietà di un determinato prodotto, tutti ambiti dove le nuove tecnologie come la blockchain possono fare la loro parte, come ha dimostrato la distilleria William Grant and Sons vendendo 15 bottiglie di whisky Glenfiddich di 46 anni per 18.000 dollari a bottiglia, ognuna con il proprio NFT e un certificato di proprietà a prova di contraffazione.

C’è un’ulteriore conseguenza della natura di bene tangibile del whisky: anche se come investimento è andato male, recita un luogo comune che nulla dice su quale sia - nel caso - il mood dell’investitore, l’oro liquido lo si può sempre bere. Per fortuna che, a dirla con Raymond Chandler, "non c'è whisky cattivo. Ci sono solo alcuni whisky che non sono buoni come altri."

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altre pagine consultate