RASSEGNA STAMPA - settembre 2024 Non è una condotta antisindacale quella di una azienda che non concede permessi sindacali retribuiti quando l’assenza dal lavoro non riesca a garantire lo svolgimento dell’attività produttiva. È quanto deciso dalla sezione lavoro del Tribunale di Bari, che ha rigettato il ricorso di una organizzazione sindacale barese. La società è stata assistita dagli avvocati Luigi Milani e Valeria Nocera di Polis Avvocati - Studio legale. #dirittodellavoro
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𝗟𝗶𝗰𝗲𝗻𝘇𝗶𝗮𝗯𝗶𝗹𝗲 𝗶𝗹 𝘀𝗶𝗻𝗱𝗮𝗰𝗮𝗹𝗶𝘀𝘁𝗮 𝗰𝗵𝗲, 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝘀𝘃𝗲𝗹𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗮 𝗶𝗻𝗱𝗮𝗴𝗶𝗻𝗶 𝗶𝗻𝘃𝗲𝘀𝘁𝗶𝗴𝗮𝘁𝗶𝘃𝗲, 𝘂𝘁𝗶𝗹𝗶𝘇𝘇𝗮 𝗶 𝗽𝗲𝗿𝗺𝗲𝘀𝘀𝗶 𝘀𝗶𝗻𝗱𝗮𝗰𝗮𝗹𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗳𝗶𝗻𝗮𝗹𝗶𝘁𝗮’ 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗮𝗹𝗶 E’ quanto affermato dalla 𝐂𝐨𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐂𝐚𝐬𝐬𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐧 𝐨𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐧. 𝟐𝟎𝟗𝟕𝟐 𝐝𝐞𝐥 𝟐𝟔 𝐥𝐮𝐠𝐥𝐢𝐨 𝟐𝟎𝟐𝟒, occupatasi del caso di un licenziamento di un dipendente di un’azienda tessile per aver usufruito di 𝐩𝐞𝐫𝐦𝐞𝐬𝐬𝐢 𝐫𝐞𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐢𝐭𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐚𝐭𝐭𝐢𝐯𝐢𝐭𝐚’ 𝐬𝐢𝐧𝐝𝐚𝐜𝐚𝐥𝐞 ma, in realta’, 𝐢𝐦𝐩𝐢𝐞𝐠𝐚𝐭𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐞𝐬𝐜𝐥𝐮𝐬𝐢𝐯𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢 e, quindi, diverse da quelle istituzionali. I giudici della Suprema Corte hanno evidenziato, da un lato, che la concessione dei permessi sindacali non e’ soggetta ad alcun potere discrezionale ed autorizzatorio da parte del datore di lavoro e che, purtuttavia, essi non possono essere utilizzati al di fuori della previsione normativa e per finalita’ personali o, comunque, divergenti rispetto a quelle per le quali possono essere richiesti; e, dall’altro lato, che la sussistenza di un diritto potestativo del rappresentante sindacale a fruire dei permessi non esclude la 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐢𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚’ 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐝𝐚𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐨 𝐝𝐢 𝐯𝐞𝐫𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚𝐫𝐞, 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐚𝐯𝐯𝐞𝐧𝐮𝐭𝐨 𝐧𝐞𝐥 𝐜𝐚𝐬𝐨 𝐢𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐢𝐧 𝐜𝐨𝐧𝐜𝐫𝐞𝐭𝐨, 𝐞𝐯𝐞𝐧𝐭𝐮𝐚𝐥𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐭𝐭𝐢𝐯𝐢𝐭𝐚̀ 𝐢𝐧𝐯𝐞𝐬𝐭𝐢𝐠𝐚𝐭𝐢𝐯𝐚 – attivita’ non preclusa dalla normativa vigente poiche’ riguardante non direttamente l'adempimento della prestazione lavorativa ma un comportamento illegittimo posto in essere al di fuori dell'orario di lavoro, disciplinarmente rilevante - che effettivamente i permessi siano stati utilizzati nel rispetto di quanto previsto dallo Statuto dei Lavoratori. In particolare, in merito alla 𝐠𝐫𝐚𝐯𝐢𝐭𝐚’ 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐝𝐨𝐭𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐝𝐢𝐩𝐞𝐧𝐝𝐞𝐧𝐭𝐞, gli Ermellini hanno pienamente condiviso le argomentazioni della Corte d’Appello che ha ritenuto “𝑖𝑙 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑛𝑑𝑢𝑐𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑎𝑑 𝑎𝑙𝑐𝑢𝑛𝑖 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖 𝑑𝑖 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑖𝑛𝑔𝑖𝑢𝑠𝑡𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎𝑡𝑎, 𝑑𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑠𝑒’ 𝑠𝑎𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖 𝑡𝑒𝑜𝑟𝑖𝑐𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑠𝑎𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑒𝑟𝑣𝑎𝑡𝑖𝑣𝑎 𝑒𝑑 𝑒𝑣𝑒𝑛𝑡𝑢𝑎𝑙𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑒𝑠𝑝𝑢𝑙𝑠𝑖𝑣𝑎”, cosi’ come non ha considerato “decisivo il dato economico”, ossia la retribuzione indebitamente percepita “per vari giorni” dal lavoratore, ma ha qualificato la condotta posta in essere “𝙞𝙣 𝙩𝙚𝙧𝙢𝙞𝙣𝙞 𝙙𝙞 𝙖𝙗𝙪𝙨𝙤 𝙙𝙚𝙡 𝙙𝙞𝙧𝙞𝙩𝙩𝙤 (𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑡𝑟𝑒𝑔𝑢𝑎 𝑑𝑖 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑜 𝑎𝑣𝑣𝑖𝑒𝑛𝑒 𝑖𝑛 𝑚𝑎𝑡𝑒𝑟𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑝𝑒𝑟𝑚𝑒𝑠𝑠𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝐿. 104/92)", ovvero connotata da un 𝑞𝑢𝑖𝑑 𝑝𝑙𝑢𝑟𝑖𝑠 rappresentato dalla “𝑠𝑡𝑟𝑢𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑟𝑢𝑜𝑙𝑜 𝑠𝑖𝑛𝑑𝑎𝑐𝑎𝑙𝑒 𝑟𝑖𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑡𝑜”.
Studio Legale Antonio De Simone
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Le disposizioni che stabiliscono il diritto dei lavoratori impiegati negli appalti di accedere ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi leader costituiscono uno strumento fondamentale di contrasto allo shopping contrattuale, ma pongono numerosi problemi interpretativi e applicativi. Ne discutiamo oggi a Treviso #appalti #salari #contrattazionecollettiva #lavoro
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Nel periodo pandemico acuto da Covid-19 il divieto dei licenziamenti economici previsto dal Decreto Cura Italia poteva essere superato se il licenziamento interveniva nell’ambito di un cambio appalto, a fronte dell’assunzione dei lavoratori da parte dell’impresa subentrante. La Cassazione precisa adesso che la deroga non opera se il lavoratore rifiuta l’assunzione del subentrante per il peggioramento delle condizioni economiche e normative offerte rispetto al precedente rapporto di lavoro. Nel mio articolo su Il Sole 24 Ore evidenzio le possibili ricadute di questa pronuncia sull’applicazione delle clausole sociali nelle operazioni di cambio appalto.
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Articolo redatto per Sistema Ratio | Centro Studi Castelli
🗣️ Per Ratio Quotidiano di Sistema Ratio | Centro Studi Castelli di oggi ho analizzato una recente ordinanza della Cassazione sul caso di due lavoratori neoassunti che lamentavano l'applicazione di un CCNL differente da quello applicato in precedenza dal medesimo datore di lavoro. 📝 Ai due neoassunti veniva applicato il CCNL Multiservizi (anziché il CCNL Terziario) dal momento che l'azienda lo riteneva più in linea con le mansioni che avrebbero dovuto svolgere. Avverso tale decisioni i lavoratori presentavano ricorso. 👨⚖️ La Cassazione, preso atto che l'azienda svolgesse un'unica attività di impresa e che quindi mancassero i presupposti per l'applicazione di due diversi contratti collettivi, confermando la sentenza della Corte d'Appello accoglieva il ricorso dei due lavoratori ordinando che venisse applicato il CCNL Terziario.
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Nelle giornate dell'8,9 e 10 novembre si terrà il convegno "I LICENZIAMENTI nella stagione breve delle riforme. Principi, fattispecie, regole, tutele nel dialogo tra la dottrina e la giurisprudenza". Conversazioni organizzate e coordinate da Maria Teresa Carinci, Luigi Di Paola, Ileana Fedele e Vincenzo Antonio Poso, organizzato presso il Convento San Cerbone a Lucca. L'Avv. Sergio Galleano parteciperà al convegno con un intervento relativo al tema: "Il Licenziamento nullo: i confini "interni" ed "esterni" della fattispecie" riguarderà in particolare #illicenziamentoritorsivo e il motivo illecito determinante. Vedi qui il programma delle #conversazionisullavoro ⬇
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L'ordinanza n. 1972/2024 della Suprema Corte riafferma l'orientamento consolidato che consente di limitare la platea dei lavoratori subordinati, coinvolti da un licenziamento collettivo, soltanto agli addetti ad un certo settore, reparto o sede territoriale. La Corte di Cassazione precisa che occorre che sussistano esigenze tecnico-produttive specifiche e coerenti con le indicazioni rinvenibili nelle comunicazioni da devolvere alle rappresentanze sindacali. La Suprema Corte precisa che nella decisione di circoscrivere la platea dei dipendenti, al datore di lavoro compete l'onere di comunicare quali siano le ragioni che schiudano alla limitazione e quelle per cui non ritenga di ovviare ad esse trasferendo i lavoratori in unità produttive vicine
🧑⚖️ Per quanto i lavoratori da licenziare vadano individuati tenendo conto del complesso aziendale, è consolidato l’orientamento che permette di limitare la platea dei dipendenti coinvolti dal licenziamento collettivo ai soli addetti ad un certo settore, reparto o sede territoriale. Lo rimarca la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 1972/2024, sottolineando che in ogni caso occorre che sussistano delle esigenze tecnico-produttive specifiche e coerenti con le indicazioni presenti nelle comunicazioni alle rappresentanze sindacali. Nel decidere di circoscrivere la platea dei lavoratori, al datore di lavoro spetta il compito di comunicare le ragioni alla base della limitazione e quelle per cui non ritiene di ovviarvi trasferendo il personale in unità produttive vicine. 📄 L'ordinanza completa 👇 🌐 La giurisprudenza delle Alte Corti sul sito di AGI 👇 https://lnkd.in/eJfwca3c
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È valido l’accordo collettivo aziendale nel quale si prevede, a fronte della rinuncia datoriale ai licenziamenti per motivo oggettivo per un periodo di 12 mesi, che l’indennizzo risarcitorio in caso di licenziamento illegittimo (individuale e collettivo) intimato dopo il periodo interdetto è contenuto in una soglia tra 1.500 e 3.000 euro. Fermo il diritto del lavoratore alla reintegrazione, la misura del risarcimento prevista dalle norme di legge può essere derogata tramite accordo di prossimità (art. 8 L. 148/2011). Nel mio articolo su Il Sole 24 Ore segnalo le ricadute di questa pronuncia della Cassazione.
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Licenziamento illegittimo se non rispettati i tempi previsti per la contestazione disciplinare. Leggi il nostro contributo sulla Rivista Sintesi di Maggio 2024
Licenziamento illegittimo se non rispettati i tempi previsti per la contestazione disciplinare. Leggi il nostro contributo sulla Rivista Sintesi di Maggio 2024 Seguici per restare aggiornat* ➡️➡️ Studio Masi #consulentedellavoro #sintesi
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🛑 Licenziamento dei dirigenti, saranno le aziende a pagare il conto degli errori legislativi ⚖️ La norma sul blocco dei licenziamenti introdotta in pandemia (che vietata tutti i licenziamenti, salvo i recessi individuali dei dirigenti) è in attesa di giudizio presso la Corte Costituzionale per violazione dell’art. 3 Cost. ➡️ Se la norma fosse dichiarata incostituzionale, diventerebbero illegittimi i licenziamenti dei dirigenti intimati durante la pandemia ✅ Una dichiarazione di incostituzionalità avrebbe impatto su tutti i contenziosi non ancora conclusi; non cambierrebbe nulla, invece, per le cause passate in giudicato e per i recessi definiti con una conciliazione ⚠️ Questa vicenda offre un importante insegnamento ai professionisti: le norme non vanno solo lette, ma interpretate e collocate a livello sistematico. Cercando di vedere anche le insidie più nascoste. 🗞️L’approfondimento su Il Sole 24 Ore dell’8 giugno
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