Bella bellissima giovinezza
Quando si cita la famosa affermazione dell’antropologa Margaret Mead per cui il primo segno di civiltà di una cultura è quello di "un femore rotto che è stato guarito", si dimentica il concetto fondamentale sottostante e cioè che la civiltà inizia quando si vuole aiutare qualcuno in difficoltà ;quando cioè il bisogno profondo di farlo sopravvivere è più forte della propria sopravvivenza individuale.
Questo è il gruppo della società, questo è il vero senso della civiltà umana.
Altrimenti sopravvive il più forte dal punto di vista evoluzionistico ma non è detto sia il migliore dal punto di vista umano.
Il nostro Stato si fonda su tre principi cardini sanciti dalla costituzione che richiamano alla sostanza il gruppo che si aiuta e cresce insieme oltre l'individualismo: il diritto al lavoro (Art 4 della costituzione italiana), il diritto alla salute(art 32 sempre della costituzione) e il diritto allo studio (art 33-34).
Non è possibile pensare che ad un anno dall’inizio della pandemia COVID la soluzione per arginare la crescita dei contagi sia chiudere le scuole di ogni ordine e grado.
La scuola non è un parcheggio dove mettere i figli perché i genitori lavorano. La scuola non è un luogo che prepara per andare a lavorare in futuro.
Se attacchi la scuola, non attacchi solo il diritto al lavoro dei genitori ma togli anche il diritto di studiare di quella parte del popolo(minorenne e giovane adulto) che ha il diritto alla salute inteso come uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale.
Studiare e l'accesso a tutti allo studio contribuisce al benessere psicofisico dell'essere umano.
Persino in tarda età.
A maggior ragione in crescita.
Il cervello si nutre di stimoli emotivi, relazionali e cognitivi.
Perché andare a scuola dovrebbe garantire quel processo evolutivo, trasformativo e migliorativo di apprendimento che fa l’essere umano in grado di prendersi cura dell’altro essere umano, a seconda del grado e della penetranza personale delle competenze acquisite.
E per competenze non si intendono solo le informazioni didattiche, ma lo stare insieme, il tollerare le frustrazioni, l’imitazione e l’emulazione per poi individualizzarsi, il desiderio di autoaffermazione e di comprendere l’altro, la curiosità del sapere e il senso critico.
Già da anni si parla da una parte di un aumento della psicopatologia ,delle devianze e delle dipendenze nei giovani e dall’altra della crisi della neuropsichiatria che non può dare sempre risposte tempestive e non riesce a seguire nel tempo e in modo continuo i pazienti in carico per una ormai cronica mancanza di risorse.
La lista d’attesa è infinita e non sono sufficienti gli ambulatori,i reparti e il personale.
Ma già da anni si parla anche di crisi della scuola e di quanto -salvo poche eccezioni e spesso più relative a insegnanti singole che dell'impostazione dirigenziale -stia diventando un opificio di nozioni e di crediti per poter accedere al mondo del lavoro con poca inclusione reale delle fragilità o delle diversità.
Le due crisi, della neuropsichiatria e della scuola, si sono intersecate ancora di più dall’anno scorso con l’inizio della pandemia.
Il disagio giovanile provocato dalle restrizioni necessarie nella prima ondata di Covid si è acutizzato nel corso dei mesi quando l’incertezza e la confusione rispetto alla gestione e alle informazioni dei contagi-con aperture e chiusure delle scuole,per esempio- ha colpito non solo le situazioni già fragili, ma anche quelle ‘funzionanti’.
Fare DAD non è fare scuola. E’ per alcuni – i più fortunati che hanno famiglie competenti alle spalle- proseguire col programma; per altri è dispersione e non intendo solo scolastica, ma anche emotiva affettiva, è noia che spesso provoca in alcuni ragazzi comportamenti autodistruttivi o devianti.
Per i ragazzi l'espressione della socialità ,senza la scuola in presenza, diventa infatti per alcuni ragazzi la trasgressione rabbiosa alla regole e la ricerca di emozioni violente.
Per altri, di contro, la ricerca frustrata della socialità coi pari si dirotta nella fuga evitante, depersonalizzante e depressiva nel mondo virtuale che è ricco di stimoli eccitanti ma fine a se stessi.
Altri ancora sembrano apparentemente essersi adattati alla situazione salvo poi avere crisi di rabbia o di pianto che neanche loro stessi comprendono.
Sui Navigli a Milano assembrati c'erano ragazzi ma anche tanti adulti,a meno che non si voglia considerare un quarantenne ancora un tardo adolescente.
O forse sì.
Poi ci sono i bambini.
Loro si adeguano, seguono le regole a scuola ma seguono anche quello che dicono e fanno i genitori.
Se i genitori fuori dalla scuola e nella vita dei week end non rispettano le regole,lo faranno anche loro.
Ma i genitori a volte non seguono le regole perchè se usi apri e chiudi continuamente crei l'effetto dell'imbuto.
La gente appena l'imbuto si allarga scappa.
Chiuse anche le elementari, per i bambini lo schermo dice poco e niente di socialità e di motivazione all'apprendimento.
La scuola per loro sono i compagni di classe. Le insegnanti chiamate per nome.
Anche permettere agli "alunni BES,PEI o ai figli dei lavoratori essenziali" di frequentare in presenza può aver un senso economico-didattico ma non sociale. L'essere in presenza per queste categorie(che brutta parola!) può infatti garantire ai genitori di andare a lavorare e agli alunni con disabilità di essere seguiti con più efficacia rispetto alla DAD, ma dove sono i loro compagni? Cosa significa stare a scuola se mancano gli altri?
Dov’è l’inclusione nel vero e pieno senso del termine?
E in ultimo, tutti i lavori sono essenziali. Chi fa l’operaio perché non ha la possibilità di mandare il figlio a scuola? Chi è una madre da sola, magari straniera o in difficoltà economica e non rientra nei key workers, dove e a chi li lascia i figli? Quanti devices ha a casa?Ne ha uno per figlio?
La crisi della neuropsichiatria è anche la crisi della scuola.
E entrambe le crisi sono figlie di una società già zoppicante prima, invalida e paralizzata davanti al COVID poi.
E’ giusto e sacrosanto aumentare le risorse nella neuropsichiatria perché gli interventi siano precoci, efficaci ,mirati e accurati. Ma è altrettanto giusto garantire ai nostri figli una società che rispetti i loro diritti perché nelle neuropsichiatrie accedano e siano presi in carico solo chi ha realmente bisogno.
Se non si tutela il diritto alla scuola e allo sport( perchè anche lo sport è salute, scuola di vita e di apprendimento) , non proteggiamo il contesto di cui la crescita si nutre e che spesso salva da situazioni disfunzionali.
Non proteggiamo il futuro ,se perdiamo di vista il presente dei giovani.
Creeremo soltanto una nuova prossima generazione di pazienti o, nel migliore dei casi, di adulti analfabeti emotivi e funzionali.
Preservare la scuola e lo sport non è impossibile (tamponi rapidi per esempio dove siete?)ed è , soprattutto, il dovere della società.
E se preservi la scuola e lo sport mandi un messaggio importante: che credi si possa curare un femore rotto senza lasciare indietro nessuno.
Psicologa, Psicoterapeuta, Istruttrice Mindfulness, Psicologa dello Sport, Formatrice
3 anni👏👏👏👏
Responsabile stampa e comunicazione presso Assessorato Turismo, Moda e Marketing territoriale di Regione Lombardia
3 anniOttime osservazioni