𝙑𝙚𝙧𝙞𝙛𝙞𝙘𝙖𝙧𝙚 𝙡𝙚 𝙛𝙤𝙣𝙩𝙞? 𝙄𝙥𝙤𝙘𝙧𝙞𝙨𝙞𝙖 𝙙𝙞 𝙛𝙖𝙘𝙘𝙞𝙖𝙩𝙖!

𝙑𝙚𝙧𝙞𝙛𝙞𝙘𝙖𝙧𝙚 𝙡𝙚 𝙛𝙤𝙣𝙩𝙞? 𝙄𝙥𝙤𝙘𝙧𝙞𝙨𝙞𝙖 𝙙𝙞 𝙛𝙖𝙘𝙘𝙞𝙖𝙩𝙖!

In un'epoca definita - e non a caso - "delle informazioni", il loro possibile stravolgimento a mezzo fake news e mezze verità edulcorate alla bisogna, è ben più che un rischio. Esso assurge oramai al ruolo di certezza, superata la fase ipotetica da quella concreta e certa della diagnosi comprovata.

In quest’era di facile diffusione delle notizie, ci troviamo al cospetto di un dato di fatto, sicuro e incontrovertibile: Nulla è come appare. E la verità, spesso, ha un aspetto diverso da quello che ci saremmo aspettati (e che ci hanno preconfezionato).

Ma di questo ne abbiamo parlato ad nauseam.

Ciò su cui è doverosamente opportuno indirizzare l'attenzione e il conseguente scambio dialogico, è piuttosto l'essenza di pura apparenza autoreferenziale insita nel concetto di "verificare le fonti", un modo di dire nel quale non crediamo davvero, quando diventa un nuovo status sociale, atto a definirci superiori a ciò che siamo davvero.

Ed eccolo, prêt-à-porter, il nuovo mantra da salotto buono, da social per "professionisti" (che qui mica siamo su facebook), da persone informate dei fatti che vivono la stanza dei bottoni come il salotto di casa loro, conoscendo di quei bottoni "vita, morte e miracoli". Un mantra da Insider, per dirla con l'inglesismo tanto caro a chi, così dicendo, pensa di elevarsi al rango intellettuale dei nuovi Dèi e che, per sentirsi davvero professionista, deve d’imperio miscelare almeno due lingue in ogni sua frase.

Ma ci siamo mai davvero soffermati sul concetto di "verificare le fonti"?

Per quanto questo modo di dire rappresenti una necessità e un obbligo, morale prima e professionale poi, per ogni giornalista degno di questo appellativo (e della conseguente dignità), ci interroghiamo mai su cosa possa significare per noi, comuni lettori e fruitori delle notizie diffuse, indagarne l’origine e la genuinità? E ancora, di quali strumenti disponiamo, noi semplici lettori, clienti di questi “signori della penna” per definire scientemente attendibile una notizia e una fonte, a discapito di un'altra, o di molte altre?

I molti direbbero Google.

Certo, il famoso motore di ricerca (o chi per esso) potrebbe essere uno strumento utile, una strada verso la conoscenza dei fatti reali. Ma c'è una considerazione a margine che inevitabilmente dobbiamo affrontare per entrare nel merito della questione: non sempre, le fake news, sono così palesi e macroscopiche da essere sbugiardate attraverso una veloce e superficiale ricerca sul web. E soprattutto, se le notizie palesemente false sono (a volte) relativamente semplici da sbugiardare, le notizie rivedute e corrette che modificano, di pochi impercettibili gradi l’angolo di osservazione, in modo da diffondere un diverso sentimento nella popolazione, quelle elaborate a tavolino e a scopo di lucro (di qualsivoglia natura esso sia) sono di ben diversa complessità.

Quando nulla è come appare, la vera essenza delle cose è celata agli sguardi e al comune sentire.

E c'è poi l'aggravante dell'autorità.

Spesso (e raramente a ragion veduta) attribuiamo autorevolezza a riviste, quotidiani e telegiornali importanti, blasonati e riconosciuti come portatori di verità e trasparenza, nonostante ogni testata giornalistica (comprese quelle televisive) debba sottostare alla linea editoriale, "ispirata" dal potere, dalla politica, dall'economica, o ancora da una matrice ideologica, che traccia (impone) la linea del tono e del significato da affibbiare al singolo contenuto diffuso. Oltre a filtrare quali notizie possano essere diffuse e quali debbano essere minimizzate, fino a scomparire dai radar. Proprio come nel caso del Ministero della Verità narrato da George Orwell, o del più storico Minculpop di littoria memoria, dando ragione una volta ancora a Emmanuel Kant: l'unica cosa che impariamo dalla storia è che, dalla storia, non siamo capaci d'imparare (citazione a memoria).

E ancora la fretta, sempre quella maledetta velocità che, nutrita da byas, stereotipi e preconcetti d'ideologia intrisi, ci guida ed esclude ogni decantazione e approfondimento, riducendo i tempi di lettura (e il numero delle letture) e, in generale, la funzionale complessità del linguaggio.

Quella fretta che è cattiva consigliera, tanto per chi scrive, quanto per chi legge.

In siffatto plumbeo quadro, il quesito è d’obbligo: come può il semplice lettore, in preda alla fretta dei tempi moderni, sempre più affannosi e stringenti, permettersi il lusso di operare una tale indagine complessa, al fine di distinguere come artefatta una notizia davvero ben confezionata? E se, a tutto questo, aggiungessimo il principio di autorità di cui sopra, a causa del quale prendiamo come oro colato ciò che dice quel telegiornale, o la notizia diffusa dal quell'altro quotidiano, il quadro sarebbe ancor meno intuitivo.

Perché una testata giornalistica, nota e potente, grazie al prestigio del suo nome, diventa autorevole.

Le jeux sont fait.

Verificare le notizie (o le fonti) non è sempre possibile. È solo un modo di dire, superficiale e poco ragionato, che attiene più al voler stare al gioco di una comunicazione d’appartenenza, che alla reale possibilità d'indagare. È una frase fatta (e finita) utile solo a spacciare una nostra presunta superiorità, intellettuale e culturale, unita alla capacità (anch’essa presunta) di superare l’apparenza delle cose, per giungere alla vera essenza della comprensione.

No, non è sempre possibile indagare l'autorevolezza e la veridicità delle fonti, come non è sempre possibile disvelare il labile confine tra notizia vera, falsa o sapientemente manipolata.

A noi lettori non resta che incrociare i contributi leggendo, studiando e riflettendo, attingendo da più fonti, fino a derivarne un sunto oggettivo, un proprio comprovato punto di vista, una ragionata forma mentis, depurata dalle partigianerie d’idea, che ci aiuti, con la forza di un pensiero pensato, critico e asimmetrico rispetto a quello unico e dominante, a elaborare uno strumento utile a comprendere e a ragionare, finalmente, con la nostra testa.

Claudio Gussini

Progettista Creativo 🎨 di Gioielli 💍 e Sognatore 💎 Visionario 3D

2 anni

Ciao Christian, quanto scrivi è parecchio interessante. La verifica delle fonti è cosa davvero ardua, anche conoscendo un paio di idiomi in più, oltre al proprio. Tocca pensare e cercare di capire. Sai come si dice : "serve un ladro per scoprire un ladro" Ecco, ci aggiungo pure "Follow the Money" e "Cui prodest ?" Frasi fatte ? Sì certamente ! Ma sono un piccolo vademecum per orientarsi, nell'erba alta della jungla. 😉

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