Ciò che ho imparato su Hayao Miyazaki e sullo Studio Ghibli

Ciò che ho imparato su Hayao Miyazaki e sullo Studio Ghibli

I film di Hayao Miyazaki e tutti gli altri realizzati dallo Studio Ghibli possiedono alcune peculiarità che li rendono immediatamente riconoscibili agli spettatori e che, allo stesso tempo, ci mettono di fronte al dubbio che ogni narratore vorrebbe suscitare nel suo pubblico: che succede, adesso?

Il principio secondo cui il finale di una storia (ma anche il resto del racconto, potremmo aggiungere) dev’essere necessario ma inatteso, teorizzato da Aristotele e riscontrabile in tutte le narrazioni più avvincenti, è uno degli elementi che rendono i cartoni Ghibli dei film memorabili.

Combinato con lo stile visivo e musicale di ognuna delle opere prodotte dallo Studio, genera la formula per riprodurre tecnicamente un’opera d’arte. Non facciamoci ingannare dai disegni: le avventure di quell’universo sono sì raccontate con un tono leggero e accessibile, ma non mancano mai momenti in cui i protagonisti sono sul punto di perdere il senno o devono sopportare frustrazioni, catastrofi naturali, la morte di un loro caro o la scomparsa di se stessi.

Guardando attentamente anche solo alcuni dei film, come La città incantata o Si alza il vento, Il castello errante di Howl o Laputa – Il castello nel cielo o ancora Ponyo sulla scogliera, possiamo ritrovare in ciascuno di essi alcuni indizi che conducono sempre a Miyazaki, al romanzo della sua vita, alla sua immaginazione e ai suoi feticci. Si tratta di un universo in cui potrebbero incontrarsi tutti i personaggi dei suoi film e dentro il quale nessuno si sentirebbe estraneo, nemmeno per un momento. Qui un elenco di tali indizi, certamente non esauriente.

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