Collaboriamo?
Come la mancanza di interazione tra il contributo tecnico-specialistico e contributo gestionale porti all’insuccesso dei progetti.
Un articolo di Luca Prinzio
Nella letteratura contemporanea e moderna l’approccio prevalente è improntato sulle figure responsabili del coordinamento di progetti, i Project Manager.
Recentemente si è avuto un ampliamento di questa visione, affrontando il ruolo della direzione aziendale nel favorire l’attività dei PM, svolgendo in maniera proattiva il ruolo di committente e sponsor di progetti.
È ancora in divenire la presa di coscienza dell’importanza di un ‘Project Management diffuso’ dove la guida del progetto è coordinata dal PM, ma è esercitata dall’intera squadra.[1]
Risulta quindi di fondamentale importanza supportare il team fornendo le adeguate competenze di gestione dei progetti.
Resistenze
Si fatica ancora molto a comprendere che il successo dipende in maniera importante dalla capacità della squadra di agire come un centro di eccellenza gestionale.
Si persegue l’idea che il gruppo debba essere gestito, guidato e coordinato in maniera rigida. Il contributo richiesto si riduce - si fa per dire - al solo impatto tecnico-specialistico, considerando il singolo membro del team come punto di riferimento per una determinata area tematica (conoscenza di un prodotto, esperienza e/o familiarità con un determinato contesto o con un quadro complesso). Raramente viene riconosciuta la valenza anche in aree gestionali, sopratutto nei passaggi chiave del progetto; si pensi alle valutazioni dei tempi e dei costi o dei rischi di progetto senza contare la stima degli stati di avanzamento dei lavori o della gestione delle configurazioni o del knowledge management.
Eccezionalmente il componente del team è chiamato ad interagire con il PM e con gli altri componenti del gruppo su aspetti di tipo gestionale condividendo proposte, valutazioni che potrebbero dare notevole impulso al sistema di project management, fornendo una partecipazione proattiva su tutti gli aspetti gestionali nel proprio ambito di visibilità e competenza. Ci si limita a seguire le direttive senza quello spirito critico e costruttivo che amplierebbe gli orizzonti di un progetto o un programma.
Purtroppo, è diffusa l’interpretazione del supporto al raggiungimento degli obiettivi come un’agevolazione della carriera altrui. La mancanza di ricadute positive per i membri del team portano a perdere interesse nel migliorare le proprie performance trainando il gruppo a più elevati livelli prestazionali. Questo è indubbiamente dovuto a una cultura che predilige l’immobilità professionale a discapito del raggiungimento di livelli più elevati di produttività e soddisfazione.
La filosofia aziendale prevalente non contempla con la dovuta lungimiranza l’importanza di fornire strumenti e competenze alle persone che collaborano nel team di progetto concentrando tutta l’attenzione solo sul raggiungimento degli obiettivi di margine economico, piuttosto che organizzare un sistema di collaborazione che porti ogni membro dell’organizzazione a farsi carico anche della parte gestionale, responsabilizzando e facendo crescere l’auto consapevolezza del ruolo e del contributo fattivo alla crescita dei ritorni non solo in termini economici, ma anche professionali.
Il mancato coinvolgimento sia in fase di pianificazione che nel ciclo di vita del progetto è fonte di sprechi e rallentamenti che sfociano in insuccessi più o meno palesi, il cui recupero risulta spesso più oneroso rispetto a un’adozione di comportamenti collaborativi e responsabilizzanti fin dall’inizio, con il duplice beneficio di ottenere progetti più performanti ed aumentare la soddisfazione personale del team.
Non è raro che nelle organizzazioni guidate dai progetti non vengano adeguatamente quotati i costi di aggiornamento delle competenze e/o degli strumenti.
Ciò non porta altro che a un detrimento della squadra che si trova a far fronte a continue emergenze dedicando sforzi e tempo a supplire alle carenze di risorse, invece che a ideare nuove soluzioni e a sviluppare il progetto.
Troppo spesso chi è chiamato a svolgere il ruolo di Project Manager non è in grado di sostenere il peso delle sfide e i gruppi oppongono resistenza ai cambiamenti invece che rispondere in modo positivo.
I continui cambiamenti che avvengono nel ciclo di vita di un progetto vengono vissuti in maniera negativa, frustrante e soffocante e non come possibilità di crescita o come stimolo alla motivazione, creando situazioni conflittuali a danno del possibile vantaggio competitivo dell’organizzazione stessa.
La realtà in cui ci si imbatte è spesso permeata da personaggi che operano col ruolo di PM, ma che non sanno andare oltre la semplice gestione dei requisiti finanziari e di pianificazione di un progetto mancando assolutamente di capacità, abilità nel guidare gli elementi umani del team.
Una delle lamentele che spesso si sente provenire dai PM è quella della mancanza di talenti individuali da gestire, dimenticando che le performance di un’organizzazione si dovrebbero misurare su quelle dei team che incardinano le attività ed ai quali sono affidati i progetti di business.
Segue Parte 2
Bibliografia
[1] Bassi A., et al., Partecipare a un progetto, ETAS, 2010