Colleghi ed altre considerazioni

Nel corso della propria vita lavorativa si ha modo di fare la conoscenza di molte persone. Molte di queste persone resteranno poi in memoria come “colleghi”, pochi diventeranno amici, e i restanti saranno sempre ed esclusivamente delle conoscenze che col passare del tempo verranno completamente rimosse salvo avere qualche leggero ricordo che di tanto in tanto potrebbe riaffiorare.

Questo per un fatto comune e collaudato del nostro carattere, e anche perché il nostro isolazionismo ci porta ad avere dubbi e pregiudizi sulle persone e, in modo principale per il fatto che la natura umana è pervasa da alcuni sentimenti come l’invidia e l’avidità che di gran lunga superano quelle che potrebbero definirsi invece come virtù. I pochi che possono dirsi tali ovviamente esistono, difficile da trovare ma, non impossibile.

Quando si veniva assunti da una azienda ancora prima che si prendesse servizio, l’arrivo del nuovo elemento (oggi risorsa umana (forse)), era preceduto dalle informazioni che se ne riusciva a ricavare. Il tutto al fine di essere preparati e non farsi cogliere di sorpresa dal nuovo arrivato.

Gli anziani della casa, i veterani i cosiddetti “nonni” per usare una terminologia da caserma, cercavano di capire che panni avrebbe vestito il nuovo impiegato. Le indagini per appurarlo scattavano da subito. Soprattutto, era bene sapere se appartenesse a qualche dirigente, pezzo grosso di qualche ministero oppure della Santa Sede. Appurato che non scendeva dall’Olimpo e quindi non poteva certo impensierirli, si preparavano ad accoglierlo senza tralasciare di tenerlo poi sotto osservazione per parecchio tempo. 

Il giorno che il nuovo “ufo” si presentava in reparto l’accoglienza era sempre molto tiepida. In tanti consideravano il nuovo un intruso, pericoloso, sicuramente messo la per togliere di mezzo qualche altro lavoratore. Comunque si andava cercando il modo di mettere subito in mostra una certa solidarietà, benevolenza e tutto il sussidio su cui il nuovo arrivato avrebbe potuto sempre contare, naturalmente, se si fosse comportato come era descritto nei loro pensieri.

I colleghi della casa dopo le presentazioni passavano alla fase di indottrinamento. Le regole del reparto, quelle dell’azienda in generale e soprattutto evidenziando (falsamente) che sono una grande famiglia sulla quale poter contare anche se, come in tutte le grandi famiglie non mancavano i dissidi ma, grazie al capo famiglia (il capo servizio, di solito) tutto si metteva a posto e si viveva tranquilli. 

Durante i primi turni, concocendosi meglio si aveva modo di capire come funzionasse il sistema. Il collega anziano della casa illustrava il funzionamento delle macchine, dove era reperibile la cancelleria ma, soprattutto faceva una accurata descrizione degli altri: di chi ci si poteva fidare, di chi era filo direttivo, chi invece faceva parte di una corrente legata a qualche collega particolare, chi era di quelli con cui si poteva parlare di alcuni argomenti e di quelli invece che era meglio evitare del tutto il contatto. Conseguentemente al cambio di turno e lavorando con un altro collega molte delle cose che erano state riferite dal precedente collega venivano smentite o, raccontante in maniera diversa da quest’altro collega. E così, i primi mesi si andava avanti così sentendo nell’aria tutta la diffidenza di coloro che lavoravano insieme al nuovo venuto. 

Non mancavano i comenti che a volte a voce alta o a volte sussurrati arrivano alle orecchie del nuovo impiegato. I pregiudizi e le maldicenze certe non mancavano e, nel caso il nuovo impiegato avesse manifestato simpatia per la direzione o per qualche capo servizio erano poi guai nel caso costoro fossero invisi alla truppa del reparto. Si veniva subito additati come la spia, il delatore, colui di cui non ci poteva fidare insomma quello da tenere a bada ma, senza dargli troppo addosso. 

Il punto era che se ci si fosse avvicinati troppo alla direzione alla fine avrebbe potuto anche essere un bene per gli altri in quanto si era poi capaci di riportare informazioni che magari loro non erano capaci di reperire. Insomma il solito lavoro di spionaggio e controspionaggio…

Questo naturalmente è riferito agli anni ormai lontani, anni in cui in ogni azienda non mancava un forte sindacato cui faceva riscontro i tanti iscritti di solito il 90% di tutti gli impiegati ed operai. 

In questo caso, all’arrivo in azienda si veniva anche contattati dal rappresentante sindacale di qualche sigla (a volte tutte erano presenti in certe aziende molto grandi) il quale per avere un nuovo iscritto blandiva la nuova risorsa e gli faceva presente che con l’iscrizione al sindacato si metteva al sicuro contro ogni attacco da parte della direzione o di capiservizio che avessero abusato del loro potere. Bisogna ammettere che era vero, e in qualche azienda dove si sono verificati dei soprusi non sono mancate le manifestazioni si solidarietà culminate anche con scioperi per giorni al fine difendere il lavoratore colpito da sanzione o da avversione da parte dei dirigenti. Era chiaro, in quelle circostanze che se si fosse rifiutati di iscriversi al sindacato non tardavano ad arrivare le conseguenze e, quelle meno rigide era proprio quella di isolarti in modo da far capire al lavoratore che restava senza nessun aiuto in caso di bisogno. 

Purtroppo, tutto ciò appartiene al passato e, adesso è davvero inconcepibile specialmente per le nuove leve, anche solo ipotizzare cose del genere. Per molti il sindacato ha solo valore quando si è costretti ad interpellarlo ma…come ultima ratio per intenderci. Nella stragrande maggioranza dei casi quando si è in conflitto con l’azienda oggi ci si rivolge ai consulenti del lavoro o per coloro che possono direttamente ad avvocati privati al fine di essere tutelati. Oggigiorno il sindacato, e dispiace dirlo a chi ha una certa età ed è in rotta di collisione con l’azienda, suggerisce di patteggiare e non di evitare di fare causa.

Tornando ancora a parlare del nuovo impiegato inserito in azienda e, alle conoscenze che annovera tra colleghi, che non diventeranno mai dei veri amici salvo pochissimi casi, di certo non potevano mancare quelle figure che come riferito in apertura, per aver fatto sempre bene, saranno ricordate per gli anni a venire e tra queste non potevano certo mancare coloro che al contrario sarà per forza assegnata una “damnatio memoriae” per il loro carattere e comportamento.

Chi scrive può citarne pochi di miseri e anche patetici figuri del genere ed uno in particolare che oltre ad avere modi poco urbani ed essere molto presuntuoso, invidioso ed avido, in aggiunta, alla nascita gli avevano dato un nome che per il solo fatto che lo si chiamasse così era una offesa al nome stesso che portava. Per fortuna, come riferito di questi soggetti ne ho conosciuti molto pochi. Viceversa, qualche buono amico ed amica mi vanto di averne e ne vado orgoglioso. Ripeto, al lavoro è difficile ritrovarsi anche amici: i colleghi sono e restano colleghi. Certi sono veramente dei bravi, seri e preparati colleghi verso i quali puoi rivolgerti sempre, alcuni restano sempre pervicacemente fermi sulle loro opinioni e gli altri restano indifferenti dal primo all’ultimo giorno di lavoro che verrà condiviso con loro. 

E questo valeva per coloro che tanti anni fa erano di fresca assunzione. Viceversa, oggi la mentalità dei giovani e giovanissimi è totalmente cambiata. I giovani di oggi non sanno molto di lotte sindacali, contratti collettivi etc. Per loro, è importante essere assunti poi il resto viene da sé. E sappiamo anche quanto sia oggi difficile reperire lavoro e con una decente remunerazione. 

Per questo in molti casi non c’è da meravigliarsi che gli anziani in tante aziende vengono considerati dalle nuove leve come delle vere e proprie cariatidi, pezzi da museo, roba che apparteneva al paleolitico, residui bellici che non capiscono nulla. Persone che mal si adattano alla veloce evoluzione globalistica del mondo e della sua liquida, consumistica e anaffettiva  società.

Probabilmente non hanno tutti i torti. Consideriamo in primis lo scarto di tempo che esiste e che alle volte è tale che possono esserci anche trenta e più anni di differenza. Il punto è che i giovani oltre a non dare retta ad eventuali consigli o insegnamenti che vengono loro dispensati dai decani del reparto hanno anche la presunzione di credersi molto più preparati di loro. 

Ammettiamo pure che oggigiorno il loro vantaggio è quello di essere nati nell’odierna opulenza, in una società tecnologicamente avanzata dove, grazie ad un master e all’uso di potenti traduttori che la rete mette a disposizione consentendo loro l’uso di qualche parola in lingua straniera e di internet per il resto delle informazioni, permette loro di poter pretendere di passarti, e anche giustamente, avanti. La loro vera forza è nell’uso dei dispostivi elettronici: telefonini, tablet, computer e quello dei tanti canali dove si identificano pur restando praticamente anonimi quali “tik tok Facebook, Instagram, telegram ed altri. 

La loro preparazione è data dai tutorial che si susseguono su You Tube e del quale sono grandi fruitori. (absit iniura verbo per coloro che riescono senza la stampella telematica a reggersi lo stesso e bene). Molte aziende dopo averli indottrinati a dovere su “credere, obbedire e combattere ma, soprattutto sul “vinceremo”, saranno ancora più convinti a non sentire il bisogno di nessun suggerimento o consiglio da parte del collega anziano che, anzi non fa altro che guastare l’armonia del reparto con le sue obsolete e noiose indicazioni di come si dovrebbe lavorare, di come andrebbe tenuto il reparto e di come ci si dovrebbe comportare.

Molte di queste nuove leve, sono ambiziose e mirano tutte a raggiungere le vette più altre del management senza esitare a niente e, per promozioni o gratifiche non sono capaci di rifiutare qualsiasi cosa che il “capo” chiedesse loro.

Inutile parlargli di diritti e doveri: per loro il “capo” ha sempre ragione. E nel caso qualcuno non fosse d’accordo beh…spesso lo si va a riferire direttamente in direzione. Loro non si interessano della paga, per loro va bene quello che gli viene dato. Sono single oppure vivono ancora a casa di mamma e papà, oppure convivono e col compagno dividono le spese, senza figli, senza mutuo, senza debiti e problemi di nessuna natura; di cosa dovrebbero preoccuparsi? Della pensione? Ma c’è tempo…figuriamoci. 

Ma i colleghi restano colleghi e ci si può sempre ritrovare con loro per una serata una tantum…da condividere. Personalmente mi ritengo fortunato in quanto i colleghi con molti di loro con i quali ho avuto il piacere di lavorare, ancora li frequento e spesso incontro. Con pochi di loro mi posso dire anche amico.

Ora, concludo con un pensiero extra e non vorrei manco esprimerlo il pensiero ma, come non potrei dire del governo e della legge Fornero sulle pensioni? Con questi chiari di luna, è mai possibile avere in azienda persone che per mancanza di anni di contributi sono costrette a lavorare oltre i 65 anni di età? Per molti dirigenti d’azienda anche essi molto giovani, questi figure rappresentano una vera zavorra, anche se molto preparate, precise, volenterose, risultano comunque un impedimento alla dinamicità (e ai costi) che invece il reparto vuole e deve dimostrare grazie ai giovani, alla loro intraprendenza, entusiasmo e voglia di fare che hanno o che fanno finta di avere. 

Ma, per effetto del malcostume generalizzato che in questo paese da secoli vige, è chiaro che adesso non essendoci fondi sufficienti per sostenere le pensioni bisogna ricorrere all’allungamento dell’età pensionabile e, a detta di certi economisti, (molti di loro che si pronunciano in tal senso sono andati in pensione anche prima dei 60 anni però) andrebbe bene pure quota 108 … (38 di contributi e 70 di età). 

Vedremo quindi prossimamente in parlamento chi si batterà con più forza per una nuova quota che non sia…troppo allungata verso quei limiti che la Fornero aveva dettato e per i quali la stessa compagine politica dei fratelli, all’epoca aveva votato, alla faccia delle esigenze dei meno abbienti di cui si dice, la menzionata fratellanza, protettrice… 

Tutto queste tentennare ed allungare per favorire coloro (sic) che invece godono di pensioni d’oro che mai e poi mai il governo penserebbe a ritoccare o diminuire.

Provate invece a considerare l’aumento che oggi sbandiera orgogliosamente il nuovo esecutivo (o quello che il passato governo aveva approvato) e che è stato assegnato alle pensioni sociali o di invalidità: roba da fare ridere i vitelli

Vi lascio, gentili lettori, una citazione di Karl Krauss: dove non si ha più la forza di ridere né di piangere lo humour sorride tra le lacrime.

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