Come bruciare un business in tre semplici mosse

Come bruciare un business in tre semplici mosse

Questa è una delle storie che preferisco.

Questa è una di quelle storie da raccontarsi al caldo di un camino quando fuori nevica, di quelle da sussurrare ai bambini quando vogliono avere paura, di quelle da rileggersi ogni tanto , quando ti sembra che il peggio capiti solo a te.

Questa è la storia di una azienda bruciata in tre semplici mosse.

Pronti? Bene, allora inziamo come si deve.

C’era una volta, tanto ma tanto tempo fa, nel bel mezzo della Grande Depressione americana dei primi anni trenta, un immigrato russo di nome Maurice Greenberg che per sbarcare il lunario aveva iniziato a vendere prodotti per riparare le suole e per farlo aveva creato una azienda: la COnnecticut LEather Company o COLECO.

 

Ora, Maurcice aveva due figli: Arnold e Leonard (sono i tre a sinistra nella foto di copertina) e, come tutti i business-man che si rispettino, li impegnava in lavoretti in negozio continuando a ripetere “un giorno tutto questo sarà tuo, per cui impara bene!”. Fu così che Arnold e Leonard crebbero nel negozio del padre, imparando ad odiare il lavoro che li costringeva a fare e cercando di cambiare il futuro al quale sembravano destinati.

Leonard si mise a studiare ingegneria e iniziò a usare il magazzino del padre per mettere su un piccolo laboratorio dove iniziò a lavorare la pelle. Di li a poco convinse il padre a entrare nel business della produzione di prodotti in pelle e, a distanza di qualche anno, nella produzione di stampati di plastica. Per farlo Leonard progettò personalmente un macchinario per la produzione di stampati in plastica e, sai cosa, il prodotto che gli riusciva meglio con la produzione in plastica erano le piscine da giardino… O.O”

“Ma come!" - continuava a ripetere la signora Greenberg - "prima vendevamo prodotti per la riparazione le suole delle scarpe, poi abbiamo fatto i kit per i mocassini, e poi siete passati alla plastica e adesso questa cosa delle piscine… io non capisco, ma cosa volete combinare?” (da notare il passaggio dal noi al voi tipico di chi sta iniziando a prendere le distanze da un fenomeno che non capisce).

La signora Grenberg, si sa, era la parte razionale e “stabile” della famiglia e questa cosa di cambiare business ogni due o tre anni proprio non la mandava giù. Per non contrariarla troppo e considerato che il fatturato delle piscine aveva superato quello dei prodotti per riparare la pelle, il signor Maurice nel 1962 vendette il ramo d’azienda dedicato alla pelle per concentrarsi sulle piscine.

Vi ricordate il titolo dell’articolo? “Come bruciare un business in tre semplici mosse”

Bene. Mossa n. 1: non avere un piano, vai semplicemente dove ti porta il vento.

Ma torniamo alla nostra storia.

Qualche anno più tardi, anche Arnold, il primogenito, pensò di essere pronto a portare il suo piccolo contributo alla storia della COLECO, e nel 1966 iniziò ad occuparsi degli aspetti legali per diventare, di li a un anno o due, Presidente della società. Da bravo business-man, Arnold fece una cosa che piace molto in quell'ambiente: fece shopping, come solo un Presidente può fare. Fu così che COLECO acquisì una piccola società canadese in crisi, la Eagle Toys che faceva, indovinate un po’… giocattoli.

Nel frattempo la signora Greenberg girava per casa sbraitando in russo e chiedendo a tutti i componenti maschi della famiglia cosa centrassero i giocattoli con le piscine ma l’unica risposta decente che riuscì ad ottenere fu: “Mamma, sono di plastica…” detta da Leonard in un disperato tentativo di calmarla.

Del resto, cinque anni più tardi, nel 1971, COLECO si quotava in borsa e Arnold potè pronunciare la mitica frase “Mamma cosa vuoi capire, sono cose da Uomini!”

In breve, dai giochi da tavolo COLECO passò ai videogames, con una console proprietaria di nome Telstar. Era il 1976 e, sull’onda di Atari, un sacco di società stavano cercando di entrare nel neonato mercato dei Videogame, utilizzando principalmente i sistemi elettronici di General Instruments. Arnold fu veloce ad intuire il business e piazzò uno dei primi ordini a G.I. così, quando quest’ultima si ritrovò incapace di soddisfare tutte le richieste, Coleco potè godere del vantaggio temporale sui suoi competitor. Ma il mercato delle console a singolo gioco non durò a lungo e, quel che è peggio, nel 1978 uno sciopero ai magazzini del porto bloccò le consegne della Telstar proprio a ridosso del Natale e COLECO prese una di quelle batoste che ancora se la ricorderebbero se non fosse finita come scoprirete tra poco… Fu allora che la signora Greenberg potà pronunciare la famosa contro-frase “ECCO!...Te l’avevo detto, io!” (si narra che intere generazioni di imprenditori siano stati colpiti dalla maledizione del te-l’avevo-detto-io  prima e dopo Arnold e Leonard).

Ecco quindi la mossa n. 2: se non sai come sviluppare il tuo business, entra in quello di un altro.

Ma la storia non è mica finita. Nessun imprenditore si ferma al primo insuccesso e così fecero Arnold e Leonard. Nel 1981 ripartirono con i videogames e introdussero sul mercato la ColecoVision e questa fu un vero, autentico e sonoro successo. Erano gli anni delle prime console da videogames e Coleco se la giocava direttamente con i grandi player: Atari e Intellivision, tanto che a Natale 1982 la console Coleco sorpassò nelle vendite gli altri due.

Che gran anno fu quello per Coleco! Le azioni della società passarono dall’essere scambiate a 6/7 dollari a 36… c’era euforia in casa Greenberg: era il momento di volare alto e fare la storia. Ma era anche il momento in cui le console domestiche stavano cedendo il passo ai personal computer; del resto c’era il Commodore, lo Spectrum e di li a poco sarebbe arrivato Amiga (1985)… così iniziarono a progettare un personal computer: ADAM.

Purtroppo Adam fu un vero fiasco, principalmente perché, come prodotto, faceva proprio schifo, difettoso e inaffidabile, il che portò alla quasi rovina la società che nel giro di tre anni (1985) decise di abbandonare sia ColecoVision che Adam e rimase con il busness dei giocattoli tradizionali.

Dopo due anni di perdite stellari (oltre 100 milioni di dollari nel 1986 e 1987) Coleco chiuse i battenti fallendo miseramente e finendo riacquistata a una pipa di tabacco da Hasbro.

Mi pare che la mossa n.3 sia più che evidente: se sei al top sei al top, non serve guardare dove va il mercato, perché il mercato lo fai tu.

Volendo riassumere la storia e liquidarla in maniera superficiale potremmo dire che il probelma di COLECO fu un problema di focalizzazione. Maurice prima, Leonard e Arnold poi, non riuscirono a focalizzare l’azienda in maniera efficace finendo per fare alcune temporanee campatine in una serie di settori e mercati, mettendo a segno qualche buon colpo soprattutto grazie a culo e tempismo, ma finendo col combinare più cazzate che altro, perché in nessuna occasione dimostrarono di riuscire veramente a capire il mercato e i reali bisogni dei clienti cui si stavano rivolgendo.

Per questo a me piace tanto la loro storia, perché li considero uno dei migliori esempi da non seguire se si vuole cercare di creare una impresa, o, come si dice ai giorni nostri, fare una startup.

Per chi è curioso di conoscere di più sulla storia di Coleco, qui il link al sito dedicato

Simona Recupito

Diventa te stess*: sei qui per questo. Vieni OLTRE anche tu: realizza con me la tua Autenticità con Intelligenza Emotiva!

8 anni

Articolo eccellente, frizzante, divertente! Aspetto con ansia di leggere quello sui nuovi "imprenditori seriali" che vorrebbero imitare Richard Brenson ma poi finiscono perlopiù a scimmiottare Vacchi...Perché lo scriverai, vero? :)

Monica Balloi

Project Engineer - Public Administration & Business to Territories

8 anni

visti i trascorsi degli ultimi anni, questa storia odora di svariate realtà italiane, popolate da pseudo imprenditori che sentendosi per così dire "illuminati", i quali fiutando profitti facili su mercati che ignorano totalmente, ci si sono buttati a capofitto, senza aver assunto personale qualificato, o comunque senza aver formato/riconvertito il personale già presente in azienda.. seguendo la filosofia dell'azzardo assoluto per poi trovarsi coi libri contabili in tribunale

Paolo De Michieli

La semplicità è una complessità ben risolta.

9 anni

Da ameba a cavalletta tutta una serie di stadi intermedi (e di relativi proverbi)...

alex vech

screensdesign.com

9 anni

quando sento parlare troppo di startup e troppo poco di imprese mi insospettisco. bravo marco che lo hai ribadito.

Cristiano Montorio

CEO at Different Web S.r.l. - Digital Learning Solutions -

9 anni

Bella storia, non la conoscevo e devo dire che la focalizzazione è fondamentale!

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