COMPRENDO.   MI ADEGUO
LE TAVOLE DELLA LEGGE

COMPRENDO. MI ADEGUO

Vorrei tentare una analisi ridotta ad estrema sintesi, in qualche modo provocatoria. Infatti si tratta di ignorare volutamente la complessità, riducendo una epocale criticità ad una questione riferibile a meccanismi che potremmo definire "basici". Insomma, puro minimalismo.

Problema: la situazione che da un anno sta sconvolgendo socialità, economia, sistemi sanitari, cultura e quant'altro, richiede misure straordinarie, le quali richiedono il rispetto di regole, come si dice, "stringenti".

Il termine ( stringente) definisce, per altro, la distinzione tra un sistema statale "autoritario" ed uno che usiamo definire "liberale" o "democratico". Nel primo la norma non è "stringente": è "tassativa", è imposta come obbligo inderogabile e, quando infranta, tutelata persino attraverso l'imposizione violenta. In un regime liberale e democratico, dove l'interesse individuale abitualmente prevale su quello collettivo, l'infrazione della norma prevede una sanzione, che, comunque, non può superare i limiti che i diritti civili garantiscono. In altri termini, una sanzione pecuniaria possiede un potere dissuasivo estremamente relativo. Relativo, per esempio, al reddito di chi la riceve. Insomma: una "multa" di centinaia di euro sarà pure uguale per tutti, a parità di sanzione. Non è "uguale" il conto corrente di coloro che la subiscono

Quesito: poste tali premesse, come è possibile ottenere il rispetto di regole fondamentali non potendo utilizzare la leva dell'autoritarismo?

Per rispondere a tale quesito, invertiamo i termini della questione. Quali sono i comportamenti condivisi ed assunti in modo spontaneo come reazione ad una criticità? Banalmente, è necessaria una regola che determini la necessita di assumere liquidi al fine di evitare la disidratazione? No, ovviamente. Per quale motivo? Semplice. Se non beviamo PERCEPIAMO la sete. Quindi idratarsi rappresenta una NECESSITA'.

Ne deriva una conclusione. Affinchè le norme necessarie per arginare una situazione critica vengano applicate dai singoli senza alcuna necessità di imposizione autoritaria, è fondamentale che la criticità venga correttamente percepita, trasformando quelle che, concepite in origine come "regole", assumono la caratteristica e l'impellenza di "necessità".

Quesito: ipotizziamo che, a fronte dell'evento pandemico, l'impatto mediatico nel corso dell'anno trascorso, fosse sostanzialmente risultato inesistente o, quantomeno, irrilevante. nessuna informazione, nessun bollettino, nessun dato, nessuna cronaca. Quale sarebbe stata la percezione della pandemia? Un comune cittadino avrebbe coltivato interesse all'impatto sul sistema sanitario, all'impegno delle terapie intensive, ai posti letto ospedalieri, all'indice R/T, ai decessi quotidiani, alla mortalità nelle RSA ? Possiamo azzardare l'ipotesi per la quale, per chi ogni giorno avesse trascorso le sue giornate recandosi al lavoro, pranzando in un ristorante, entrando in un negozio, recandosi in un cinema, la percezione di una pandemia virale estremamente diffusiva, sarebbe stata pressochè nulla?

In definitiva, si è generato un "cortocircuito" tra una informazione assertiva, debordante, invasiva, il cui oggetto era rappresentato da un fenomeno che, per le dinamiche attraverso le quali si è manifestato, ha generato una scarsa percezione nella popolazione di potenziali pazienti. La comunicazione aggressiva relativa ad un oggetto non adeguatamente percepito, induce l'effetto collaterale dello scetticismo, della sottovalutazione, fino alla negazione. Per tornare all'iniziale riferimento "fisiologico": non puoi impormi di bere se non provo sete.

La sfida, in conclusione, sta proprio in questo. La percezione. Rendere "sensibile" ciò che non risulta facilmente apprezzabile. trasformare regole impopolari in esigenze condivise, assunte per "motu proprio" in quanto volte alla sicurezza e alla autoprotezione. Certo, molto più complesso che imporre "a freddo" distanziamenti e chiusure, magari per bocca di qualche onnipresente "insettivologo" ( no, non è un errore..), o qualche Direttore che non sa contare i letti occupati nel suo reparto... Un esempio? Perchè chiudere i ristoranti? Stabiliamo, invece, che al ristorante si può andare, certo....ma, in virtù dell'attuale situazione, è necessario recarsi in un ambulatorio, sottoporsi ad un tampone, prenotare il tavolo per tempo, parcheggiare distante dal centro, esibire il tesserino sanitario all'ingresso.....Insomma...i ristoranti saranno pure aperti...ma una certa PERCEZIONE del problema inizierà a diffondersi.... chissà...forse si deciderà che, DPCM o meno, andare in una piazza del centro, o frequentare un ristorante, non è poi così divertente....

Governare i problemi richiede capacità di visione, sforzo creativo volto alla elaborazione di soluzioni innovative, comunicazione volta alla condivisione e alla gestione del disagio. Il distanziamento individuale è accettabile, ma solo a fronte della massima riduzione della distanza tra cittadini e governati, "compattati" negli obiettivi e nelle strategie. Ma , purtroppo, la cultura della solidarietà non è materia oggetto di particolare attenzione. Non prevede "comitati" di esperti.

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