CONTRO L’ISTERIA DELLA SOCIETÀ VELOCE

CONTRO L’ISTERIA DELLA SOCIETÀ VELOCE

Nessuna paura. Anzi, no: panico! Siamo ancora in trincea contro un nemico invisibile. L’Italia al tempo del coronavirus sembra sempre più frastornata e schizofrenica. 

È la società veloce che dà di matto perché non riesce a fronteggiare una crisi che non sembra avere una fine calendarizzabile. E che in più miete vittime al ritmo di una guerra civile.

L’emergenza Covid-19 non era prevista. Non era stata schedulata. E non dà a nessuno la possibilità di prevedere quanto tempo porterà via. Non consente di pianificare il prossimo appuntamento. Un dato destabilizzante in una società abituata a vivere a un ritmo infernale. Produrre senza sosta. Monetizzare ogni istante succhiando la vita delle persone e anche la loro salute.

Presi da questo sentimento di paura crescente, sempre più esponenti della società civile stanno accettando (ogni giorno un po’ di più) l’idea di rinunciare a tutto. Mali estremi. Estremi rimedi. O auspicabilmente, rimedi veloci.

Chiudiamo tutto. Chiudiamoci in casa. Impediamo anche il minimo movimento a chiunque. Fra un po’ ci chiederanno di non esternare più pensieri che non siano allineati al coro del momento: sia esso l’incitazione a non temere o quella a vivere nella paura di morire per uno starnuto a quattro metri di distanza.

Questa apertura mentale alla serrata totale (è la mia personalissima sensazione) è proprio figlia di questa cultura dell’immediato. Va fatto tutto subito. Va ottenuto tutto subito. 

E allora vediamo: cos’è che ci consente di risolvere “subito” il problema coronavirus? Murare vivo il Paese? Ok, si proceda.

Ma siamo sicuri che sia la strada giusta? Lo dicono i medici. 

Non esattamente. I medici invitano all’equilibrio e alla prudenza, ovviamente, nel rigoroso rispetto delle prescrizioni comportamentali a cui tutti dobbiamo indiscutibilmente attenerci. 

#iorestoacasa è uno slogan bellissimo: esprime amore per se stessi e per il prossimo. Ma non deve diventare l’incipit di una deriva liberticida.

Il fascino con cui abbiamo osservato il modello cinese per la soluzione dell’emergenza e la disattenzione con cui abbiamo considerato strade alternative la dice lunga sulla natura di questa nazione. L’appello di Sabino Cassese sul Corriere della Sera del 19 marzo (Coronavirus, perché lo Stato non può fermarsi), proprio mentre sui media ha cominciato a soffiare il venticello delle “nuove restrizioni” e dei “nuovi divieti” è stato una boccata d’aria fresca. 

Accettare che il Parlamento resti chiuso per malattia è inconcepibile. Soffocare l’organo di rappresentanza popolare nell’acqua del panico da contagio, è un’idea malata che non può essere assecondata. «Lo Stato non chiude per malattia».

Stiamo a casa. Il più possibile. Ma vigiliamo sulla nostra libertà.

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