Del pudore ed altri naufragi.

Del pudore ed altri naufragi.


In Italia, oltre 1,5 milioni di persone convivono con una forma di demenza, di cui circa 900.000 con Alzheimer, secondo le stime più recenti. Un fenomeno che non si arresta: le proiezioni indicano che, entro il 2050, saranno oltre 2,3 milioni a lottare contro questa condizione. Parallelamente, circa il 28,4% degli over 65—quasi 4 milioni di persone—vive con difficoltà gravi che richiedono assistenza quotidiana, un bisogno che spesso ricade sulle famiglie, molte delle quali si trovano impreparate a gestire l’impatto pratico ed emotivo di questo compito.

(Fonti: Istat, Alzheimer Europe, Ministero della Salute)


Oggi ho vissuto un'esperienza che mai avrei immaginato: prendermi cura di mia madre, affetta da demenza senile come tanti altri, in quei momenti più intimi dove la dignità incontra la necessità.

Dove il pudore deve cedere il passo alla necessità dell'accudimento

Non è facile parlarne. Ma non parlarne è peggio.

Proprio perché non sono l’unico. 

È non posso dire che sia un atto semplice, perlomeno non per me. 

Sono momenti in cui il mondo si capovolge per non raddrizzarsi mai più. 

Come tanti, ho avuto il caso di essere il primogenito di tre fratelli, fin da giovane ho assunto il ruolo di “alternativa alla mamma”, accudendo i miei fratelli minori mentre lei, operaia instancabile, lavorava per noi. Ora, in un paradosso del destino, mi trovo a ricoprire quel ruolo di cura nei suoi confronti che fortunatamente condivido con loro.

Mia madre, nata nel 1939, ha sempre incarnato un senso del pudore radicato, tipico della sua generazione. 

Superare questa barriera e accettare la nuova dinamica tra noi è stata possibile e doverosa solo per questa cosa strana buffa e tragica di un cervello che perde il ritmo.

 Che trasforma dolorosamente la tela della memoria in un colabrodo, in un puzzle incompleto, frammentato e insensato. 

Naufraghi alla deriva in un oceano agitato di onde del “non ricordo” da cui ogni tanto emerge una balena che sfiatando sbuffa frammenti di foto di tanto tempo fa. 

In ogni caso, ricacciando giù nel fondo di quello che credo sia il magone, in questo gesto di cura, ho percepito la circolarità della vita: da figlio accudito a figlio che accudisce.

Sì, lo dici sempre, lo senti sempre. Poi accade. 

Nella frenesia della società ognuno per sè e Dio per tutti, spesso dimentico l’ intrinseca fragilità e il bisogno che tutti abbiamo, prima o poi, delle cure di un altro essere umano. 

Se solo ci raccontassimo di più, condividendo non solo i nostri successi ma anche i nostri dolori e patimenti, se ci rendessimo vulnerabili agli altri e smettessimo di cercare asimmetrie informative—strumenti efficaci per massimizzare profitti e margini, ma non per creare comunità tolleranti, inclusive e rispettose—tutto potrebbe prendere una direzione diversa.

Viviamo immersi in un “homo homini lupus” di hobbesiana memoria, che si accende al mattino appena apriamo la radio, la TV o il feed dei nostri social, e si spegne solo la sera, quando, stanchi ed esausti per questa radicale incomprensione, poggiamo la testa sul cuscino, sperando che il sonno cancelli un mondo che poteva essere migliore. Che il cubo di rubik disordinato di un sistema che ha perso la direzione  si ricomponga da sè.

E non accadrà. O almeno non a breve.

Accettare che alcune cose non torneranno più è doloroso, ma abbracciare nuovi rituali e abitudini, anche quelle che mai avrei pensato di dover affrontare, diventa una necessità. In questo percorso, ho scoperto una forma di amore ancora più profonda, fatta di gesti semplici ma carichi di significato.

La vita ci pone davanti a sfide inaspettate, ma è proprio in queste, noi umani, che troviamo la forza di andare avanti, con la consapevolezza che, nonostante tutto, va bene così.

Ma non sarà gratis. Non oggi. 

Si paga tutto. Magari tardi, ma tutto.

Con un mutuo di consapevolezza che non potrà più estinguere.

Sai che non andrà a finire come speravi.

E alla fine, al di là di tutto ciò che è esterno, quello che rimarrà sarà il bilancio tra noi, tra la nostra anima e le anime degli altri che abbiamo incontrato lungo il cammino. 


#solodisabato

Eliana Pezzetti

Responsabile Marketing e Networking M.A.A.I.R. - Mediatori Agenti Affari Immobiliari Riuniti

3 settimane

Sebastiano condividere e parlarne è un grande gesto di aiuto! Anche per chi sta vivendo situazioni simili, magari in solitudine🙏

Giacomo Curatolo

✔Senior Consultant ✔Sviluppo Aziendale / IT ✔Temporary Manager

3 settimane

..poi trovi persone che sono preposte ad aiutarti che, invece, si ostinano a non capire il problema. La malattia, con mia mamma, è precipitata in 24 ore. Una professoressa che, dalla sera alla mattina, da completamente indipendente, diventa una bambina fragile, bisognosa di tutto, ma forte, decisa ed arrabbiata con il mondo. Tra le mille difficoltà che vivevo, mi trovo anche a dover litigare, lottare e vedermi sbattere la porta in faccia anche dalle istituzioni. Quello che mi ha dato più fastidio è presentarmi in commissione per ottenre il tagliando per il parcheggio per diversamente abili: vado con un certificato che attesta una invalidità del 100% per questa malattia. La dottoressa chiede alla mia mamma di camminare nella stanza. Lei, ovviamente, lo fa e mi si dice che non ha diritto. Spiego con calma che sta camminando in quel momento, ma che in qualsiasi altro può smettere perché è stanca, arrabbiata, per ripicca, per qualsiasi motivo. La dottoressa, insolente ed incurante, mi dice che quando ho bisogno di accompagnare la mia mamma ad una visita, all'ospedale, al supermercato, posso lasciarla vicino all'entrata ed io vado a parcheggiare. Non è servito a niente spiegarle che non l'avrei più trovata.... mia mamma cammina!

NICOLA FANIN

Connetto le aziende

4 settimane

Sebastiano Zanolli , io li ho vissuti come momenti per cercare di restituire tutto il bene e l' amore che avevo ricevuto.

Camilla Scatena

Direttore Aziendale (per hobby) - Bibliofila (di professione)

4 settimane

Nel viaggio più difficile della vita, quello in cui i ruoli si invertono e un figlio diventa l'ancora di salvezza per chi un tempo lo ha sostenuto, tu sei l'esempio più prezioso di amore incondizionato, Sebastiano. Prendersi cura di una madre che sta perdendo i ricordi richiede una forza che va oltre l'immaginazione, una tenerezza che si nutre di memoria e di rispetto. Ogni tuo gesto è un atto di profonda dignità. Sei un custode d'amore. Un angelo silenzioso che ogni giorno rinnova un patto sacro: quello di restituire a chi ti ha generato la stessa cura, la stessa dedizione, lo stesso abbraccio incondizionato che hai ricevuto. La tua sofferenza non è invisibile. Il tuo sacrificio non è vano. Sei la testimonianza vivente che l'amore non conosce limiti, che la famiglia va oltre le parole, oltre la memoria, oltre la malattia 🙏

Alberto Perelli

Sales Manager - Business Development Manager

4 settimane

Grazie della condivisione Sebastiano...oggi vivo nella stessa fase della mia vita

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