Devi esserci sempre
C'è una frase che sento risuonare spesso nella mia mente, anche se in modo un po’ sfuggente: "Devi esserci sempre". Non si tratta di una frase motivazionale, né di un invito a sacrificare tutto per un obiettivo. No, è un diktat che mi porto dietro, come una costante sfida a non perdere la presenza nelle cose che contano davvero.
In molti momenti della mia vita professionale, quella pressione di rispondere sempre 'presente' si è fatta sentire forte: una riunione extra proprio quando il mio tempo doveva essere altrove, una telefonata urgente durante una cena, un’email che aspetta una risposta.
Il mio argine è portare i miei figli a scuola. In realtà, è un gesto che considero piccolo, ma per me ha un peso enorme. Perché ogni mattina, nel caos delle ore che precedono la partenza per l'ufficio, c’è un istante che non voglio lasciare andare: quello in cui vedo i loro occhi sorridenti (più spesso assonnati) mentre chiudo la porta dietro di me. È un piccolo atto, ma ha una forza che contrasta le riunioni che si sovrappongono nel mio calendario, le email in attesa, i continui “urgente” che segnano la mia giornata.
La verità è che, come molti di voi, anche io sento la pressione del lavoro, quel bisogno di esserci sempre, sempre "disponibile", sempre "reattivo", sempre "impegnato". La società ci ha insegnato a interpretare questa continua corsa come sinonimo di successo, come il percorso che bisogna fare per arrivare lontano. Ma cosa significa veramente essere sempre presenti? In che misura il lavoro può giustificare il sacrificio delle cose che veramente contano? La mia risposta a questa domanda, che continuo a riflettere su ogni giorno, è in continua evoluzione.
Io non voglio dire che il lavoro non sia importante. Il mio lavoro è parte di chi sono, è ciò che mi consente di crescere e di imparare. Ma, quando guardo i miei figli, sento che c’è qualcosa di irripetibile e fragile in quei momenti che non posso lasciare scivolare via troppo facilmente. I miei figli saranno piccoli "solo una volta" – e questa consapevolezza è quella che mi aiuta a trovare la forza di proteggere il mio tempo con loro. Quello che prima sembrava un sacrificio, ora mi appare per quello che è davvero: un investimento che, a lungo termine, mi aiuta a rimanere ancorato a ciò che per me è significativo.
La vera sfida, però, è trovare un equilibrio che non sembri una contraddizione. Mi rendo conto che a volte, quando sento di dover fare qualcosa che posso delegare, sento un'impellente necessità di “essere presente” anche a quelle attività che potrebbero essere svolte da qualcun altro. Non solo per un senso di responsabilità, ma anche per quella convinzione che, se non lo faccio io, qualcosa potrebbe sfuggire. Ma così facendo, cosa sto veramente sacrificando? Quali momenti con la mia famiglia sto lasciando indietro? E, soprattutto, sono io veramente presente in questi momenti o sto solo “facendo presenza”?
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Tornando a quel "devi esserci sempre", mi chiedo: quale prezzo siamo disposti a pagare per esserci sempre per il lavoro? Io sono uno che ci tiene, ma sono pure uno che sa che quel "sempre" ha una scadenza.
Io continuo a cercare un equilibrio che non trovo mai completo, ma che credo valga la pena di perseguire. E non penso ci sia una risposta giusta e unica. Anzi, credo che ogni giorno sia una nuova occasione per provare, sbagliare e ricominciare. Ma quella consapevolezza, quella piccola grande verità che mi guida è questa: i momenti importanti della vita non sono quelli che ci tengono svegli fino a notte fonda, ma quelli in cui possiamo fermarci e semplicemente esserci.
Perché, in fin dei conti, il lavoro è una parte della vita, ma non è la vita stessa.
E, quindi la domanda che vi pongo è questa: come riuscite a proteggere i vostri spazi, a tracciare dei confini che vi permettano di essere produttivi ma anche presenti nella vita di chi amate?
Come riuscite a rispondere a quella spinta imperiosa che vi dice di esserci sempre, senza dimenticarvi che non possiamo esserci, sempre?
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1 mesePurtroppo con la testa che frulla per quella soluzione che non hai ancora trovato non si può fare molto, notte compresa. Ma fisicamente non ho problemi a staccare. Non farlo in modo netto vorrebbe dire essere "inutile" dopo pochi giorni, perché troppo stanco/stressato... Bisogna essere regolari.
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1 meseCiao Marco, ti seguo da diverso tempo e fin dall'inizio mi era piaciuto quel tuo "Family man" che presenti nella head line del profilo. In questo articolo traspare il tuo voler essere quel family man, cosa nella quale mi ritrovo tantissimo e che probabilmente è il motivo per cui apprezzo spesso le cose che scrivi. Personalmente volendo rispondere alla tua domanda ti dico che molte delle situazioni che affrontiamo si possono sempre ricondurre a un tema di priorità e importanza che assegnamo a quelle situazioni. Per me la famiglia è un pilastro fondante del mio essere chi sono e salvo rare eccezioni non ho mai permesso che la famiglia andasse in seconda priorità. Questo mi ha portato anche a fare delle scelte di carriera o di opportunità ma, considerando che il work-life balance è una grande balla ed esiste solo la vita con quello che scegli di farci dentro, non ho mai rimpianto le mie scelte e tra le poche certezze della mia vita so che la famiglia è sempre a priorità 1, il resto si gestisce scusandosi, rendendosi disponibile il giorno dopo o con altre strategie che non mettono in dubbio la competenza ma fanno trasparire che in quel momento abbiamo altro da fare. Grazie per questa opportunità di riflessione