Diventare un buon copywriter: libri da non perdere
Se il vostro sogno è scrivere bene, allora mettetevi comodi e ascoltate con attenzione. "On writing: a memoir of a craft" è il saggio sulla scrittura di Stephen King, l'autore che ha trasformato la sua vita nel suo mestiere.
In questo articolo, vi parlo della prima parte del libro, dedicata alla sua autobiografia. In seguito, nel prossimo post, ci concentreremo sulla seconda parte del libro, che spiega le tecniche e gli strumenti per scrivere.
Non esistono vite da scrittori. Esistono solo vite normali, ma ogni scrittore nella propria vede un romanzo. Nessuno ha scoperto Stephen King, nessuno lo è andato a cercare. Neanche la giovane madre abbandonata dal marito cercò di instillare in lui questa passione. Nella scrittura il piccolo Steve si è sempre espresso al meglio e, imparando a padroneggiarla, è diventato il romanziere al di sopra della norma, che è ancora oggi.
La prima parte del libro racconta della sua vita. Sin dall’infanzia, i ricordi di bambino si colorano di sfumature horror. Un esempio? Un giorno, il piccolo domandò alla madre se avesse mai visto una persona morire. Lei rispose:
“«Sì, si è spiaccicato», disse nel tono più neutro possibile. Dopo un attimo di silenzio, soggiunse: «dal corpo è uscita una poltiglia verde. Non me lo sono mai dimenticato».
Neppure io, mamma.”
Quanti di voi sono stati operati alle tonsille e alle adenoidi? Tutti ce lo ricordiamo, o almeno quasi tutti (se non avete memorie prima dei tre anni, o magari neanche prima dei sei, non preoccupatevi. Succede). Voi come lo raccontereste? Ecco, Steve lo racconta così:
"Mi infilò un ago nell'orecchio, trapassandomi il timpano. Non ho mai provato un dolore simile. Il buco nel timpano fu qualcosa di indicibile. Urlai. Dentro la testa rimbombò qualcosa simile al forte schiocco di un bacio.
La settimana dopo, risentii il puzzo di alcool e notai il lungo ago. Altro dolore, quasi identico alla prima vista. Lo schiocco dentro la testa fu più sonoro, tipo una bacio tra giganti"
Non si tratta di un episodio speciale. Sono le parole usate per descriverlo che lo rendono tale.
Potrei dilungarmi a enumerare le varie tappe, i successi e gli insuccessi della carriera di Stephen King, ma seguirò una delle sue prime regole: evitare di dilungarsi inutilmente. “Il ritmo è la velocità della narrazione” , insegna l’autore. Mi limiterò quindi a dirvi che la sua prima a scoprire il talento di Steve fu sua madre, che acquistò i quattro racconti scritti dal figlio dopo la prima elementare a 25 centesimi, per inviarli poi ai parenti, che però non colsero la bravura del piccolo Steve.
A questo seguono una sfilza di racconti pubblicati su giornali, magazine e fanzine horror, una lunga lista di film che Stephen andò a vedere al cinema di Lewiston, un racconto, “Il pozzo e il pendolo”, che gli vale la fama di umorista e infine l’impiego in un piccolo giornale locale. Da quest’ultimo lavoro, il neo assunto giornalista King imparò la migliore delle lezioni di scrittura della sua vita:
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“«Quando scrivi qualunque stupidaggine, la stai raccontando a te stesso. Al momento della revisione, la tua missione è sbarazzarti del superfluo».
Quel giorno Gould sottolineò un altro punto fondamentale: scrivi con la porta chiusa, correggi con la porta aperta. Cioè, all’inizio cerchi qualcosa per te, che poi però segue una sua strada nel mondo. Dopo avere individuato una storia valida e averla buttata giù al meglio delle tue possibilità, questa appartiene a chiunque voglia leggerla. O criticarla. Se sei molto fortunato, saranno più i primi dei secondi (sto riportando il mio parere in merito, non quello di John Gould, ma credo che sarebbe stato d’accordo)”.
Torniamo al cinema. Che cosa insegnarono i lungometraggi a Stephen King? Probabilmente tutto, o qualcosa, di quello che sa. Ma non è questo il punto. Il punto è che una sera, Steve stava in auto con il un amico al drive in di Brewer e, durante la proiezione, un annuncio risuonò dagli altoparlanti:
“STEVE KING, SEI PREGATO DI TORNARE A CASA! TUA MOGLIE È IN TRAVAGLIO!
Mentre mi avviavo all’uscita con la vecchia Plymouth, circa duecento clacson esplosero in un saluto sarcastico. Molti lampeggiarono con gli abbaglianti, illuminandomi a sprazzi con un bagliore accecante. Il mio amico Jimmy Smith scoppiò a sghignazzare talmente forte da scivolare in fondo al sedile del passeggero. Rimase laggiù per buona parte del tragitto verso Bangor, ridacchiando tra lattine vuote di birra.”
Poi arrivò un assegno di 500 dollari, dalla rivista Cavalier, per il racconto “ A volte ritornano”, una manna dal cielo, per la famiglia King, con tre bambini piccoli e con tanto bisogno di denaro. In seguito, Carrie realizzò profitti milionari, sotto gli occhi di uno stupefatto Stephen King:
“Prima di rendermi conto che mi serviva un agente, avevo ormai generato profitti per oltre tre milioni di dollari, che spettarono in gran parte all’editore”.
Infine, Misery, il celebre best seller, accompagnò lo scrittore attraverso l’esperienza della dipendenza da droga e da alcool, riconducendolo sulle vette delle classifiche.
Così termina la prima parte, autobiografica, del libro, che diventa nelle pagine a seguire un vero e proprio saggio sulla scrittura. Prima di immergerci nella sua lettura, chiariamo una cosa: Che cos’è la scrittura?
Il titolo del secondo capitolo di questo libro pone una questione non da poco. Stephen King non dà una definizione, ma parla di un’arte che “dipende dalla telepatia”, da praticare in un posto sicuro (“Ѐ un posto che mi sono ricavato negli anni, dal quale spaziare lontano. Lo so, suona strano. Ѐ una strana contraddizione che un posto così si trovi in cantina, ma per me funziona”). Un terzo elemento è fondamentale: che lo scrittore scriva, dal suo luogo speciale, e trasmetta al lettore che riceve il messaggio, nel suo luogo speciale.
Infine, c’è un consiglio da tenere da conto: “Non accostatevi a una pagina bianca con leggerezza. Questa non è una gara di popolarità o di virtù, e nemmeno una funzione religiosa. Però è scrivere, porca miseria, non lavare la macchina a mettersi l’eyeliner. Se prendete la questione sul serio, allora lavoreremo bene insieme. In caso contrario, è arrivato il momento di chiudere il libro e dedicarvi ad altro.
Magari a lavare la macchina.”