Finanza e relax - 6 marzo

Finanza e relax - 6 marzo

Il paradosso degli ultimi 12 mesi è piuttosto evidente: da una parte la crisi economica più grave che si ricordi dal periodo bellico, dall’altra un’effervescenza dei mercati tipica dei momenti di boom. In un mondo “normale”, alle fasi di difficoltà delle economie si dovrebbero accompagnare analoghe difficoltà da parte dei mercati finanziari, in particolar modo per gli asset ritenuti più rischiosi.

Ma, come detto più volte in questi mesi, questo non è, per quanto concerne i mercati finanziari, un mondo “normale”.

Dalla grande crisi del debito del 2008-2009, si è inaugurata una nuova stagione.

Le Banche Centrali hanno assunto un ruolo ancora più importante rispetto al passato, non limitandosi a “governare” la stabilità monetaria (indirettamente, quindi, andando ad impattare sulla politica economica dei vari Paesi), ma sostanzialmente intervenendo direttamente per sostenere la ripresa. La “profondità” della crisi e la sua durata hanno fatto si che interventi la cui straordinarietà avrebbe dovuto essere “transitoria” di fatto sono diventati continuativi.

A questi, con l’arrivo della pandemia, si sono obbligatoriamente aggiunti gli strumenti di politica fiscale messi in campo dai vari Governi e dalle varie istituzioni governative (vd UE), con la conseguenza di un debito pubblico che ha raggiunto ovunque livelli mai conosciuti in precedenza.

L’insieme delle 2 azioni ha permesso, come sappiamo, di “tenere in piedi” le economie, per quanto molti settori siano in una crisi profondissima, con molte aziende costrette alla chiusura, e i redditi siano tornati a livelli di 10 se non 20 anni fa (l’Italia è tornata al 1997…), con sempre più famiglie che si ritrovano sotto la soglia della povertà.

L’arrivo dei vaccini, seppur si sia ancora lontani dalla immunità di gregge, sta iniziando a dare speranza ai cittadini.

Il “combinato disposto” vaccini-stimoli monetari-stimoli fiscali ci fa finalmente intravvedere al fine del tunnel, per cui già quest’anno di dovrebbe avere un significativo aumento della crescita globale.

Qui nasce il secondo paradosso.

I mercati, da sempre, cercano di “anticipare” le fasi, per “massimizzare” i guadagni piuttosto che “mettere in sicurezza” gli asset. Dando per certo l’arrivo della ripresa, gli investitori temono che i consumi riprendano massicciamente, e per l’enorme liquidità presente e per “l’accumulo” che, soprattutto le famiglie, hanno fatto nell’ultimo anno nell’impossibilità di spendere. Normalmente, la conseguenza più evidente dell’aumento dei consumi è il ritorno delle spinte inflazionistiche. A sua volta, un livello di inflazione elevato costringerebbe in primis le Banche Centrali a rivedere le politiche espansive in attuazione, e poi i Governi a sospendere gli interventi di politica fiscale. Il minor afflusso di denaro sul mercato porta ad un aumento dei tassi (se non addirittura a decisioni delle Banche Centrali in tal senso).

Questo, in estrema sintesi, è quello che “fiutano” i mercati in queste settimane, soprattutto dall’altra parte dell’oceano. Con l’inflazione che rialza la testa, per quanto sia ben lontana dai livelli raggiunti i quali le Banche Centrali dovranno intervenire (siamo, in USA, a circa l’1,3% vso un “punto di atterraggio” tra il 2,5 e il 3%), gli investitori temono che ci sia una forte accelerazione rispetto ai tempi previsti, che costringerà le autorità monetarie ed economiche a rivedere in largo anticipo le misure espansive, se non addirittura a passare a misure restrittive. Dando quindi per scontato che i tassi aumenteranno, hanno iniziato a vendere quegli asset, come i bond a tasso fisso, soprattutto con scadenze lunghe, che sarebbero penalizzati dal rialzo. Stessa sorte è toccata, in questi giorni, alla tecnologia: è noto che le società che operano nel settore sono in gran parte “giovani”, e obbligate a fare investimenti pesanti che ne riducono la marginalità (in realtà, il più delle volte, gli utili non si vedono per molti anni). Ecco quindi che un aumento dei tassi andrebbe ad appesantire il loro debito, aumentando la loro esposizione finanziaria ed allungando ulteriormente il momento dell’arrivo degli utili. Se a questo aggiungiamo il fatto che negli ultimi 10/11 mesi il settore è cresciuto in maniera esponenziale, con molti titoli che hanno raggiunto performance “stellari”, in molti casi superiori alle 3 cifre, il “gioco” è fatto: quotazioni che già prima erano ritenute elevatissime, con il cambio dello scenario diventano quasi a “rischio bolla”. Meglio quindi disfarsene prima che sia troppo tardi…

Peraltro, la situazione non è così nitida. Alcune prese di posizione sembrano eccessive, alla luce di vari fattori:

1)     Il livello di inflazione è ancora piuttosto basso;

2)     Vero che le attese sono per un rialzo, ma strutturalmente dovrebbe rimanere sotto controllo;

3)     Tutte le Banche Centrali, per bocca dei loro principali esponenti, stanno confermando che i loro interventi continueranno e faranno tutto quello che è necessario per mantenere sotto controllo i tassi (la Banca Centrale Australiana ha già iniziato a farlo, dichiarando che farà si che il tasso dei titoli a 3 anni non superi la soglia dello 0,10%);

4)     La ripresa, per quanto data per certa, non sarà così immediata, come i dati dei primi 2 mesi dell’anno dimostrano;

5)     Negli USA, oltre al dato sull’inflazione, particolare importanza è data al livello di disoccupazione (il dato ufficiale segnala il 6.2%, in realtà siamo a quasi il 10%): la FED ha più volte dichiarato che per la revisione delle proprie politiche monetarie l’occupazione dovrà arrivare quasi ai livelli pre-Covid (con la disoccupazione al 3,5%).

E’ indubbio che la situazione sta cambiando: seppur la percezione dell’emergenza sanitaria sia ancora altissima (basta pensare a quanto sta succedendo nel nostro Paese), oramai tutti “vedono” la ripresa oramai vicina. Ma una cosa è la ripresa economica, un’altra la “normalizzazione” della quotidianità di miliardi di individui.

Insomma, alcune prese di posizione appaiono eccessive. Indubbiamente si andrà incontro ad una “rotazione settoriale”, dove si toneranno a cavalcare settori più tradizionali, pesantemente penalizzati in questi mesi, ma alcuni fenomeni ed alcuni trend (in primis l’ambiente, le biotecnologie e tutto ciò che è legato alla cura della persona)rimarranno e continueranno a crescere.


Andamento dei mercati

 

Europa: MIB + 0,51%, Dax + 0,97%, Cac40 + 1,39%, Eurostoxx + 0,91%

 

USA: Dow Jones + 1,63%, Nasdaq – 2,23%, S&P + 0,62%

 

Asia: Nikkei – 0,35%, Shanghai + 0,64%, Sensex India + 2,66%, Hong Kong + 0,41%

 

Europa

L’economia Euro si conferma a 2 velocità: da un parte il manufatturiero ha registrato la più forte espansione degli ultimi 4 mesi, dall’altra i servizi mettono in evidenza un’ulteriore forte riduzione delle attività.

Inflazione stabile a + 0,9%, nonostante il rialzo dei prezzi energetici.

A gennaio forte calo delle vendite al dettaglio, dovuto, come detto in un precedente aggiornamento, ad un aspetto “tecnico” (il rinvio dei saldi in molti Paesi).

Ha sorpreso negativamente il dato sul lavoro in Germania, con un aumento, seppur modesto, dei senza lavoro (con un dato totale di 2,750ml disoccupati).


USA

I dati di febbraio confermano l’accelerazione dell’economia. Crescita moderata, peraltro, del manufatturiero. Più contrastata la crescita dei servizi, con il settore turistico-alberghiero in evidenza.

In lento rialzo la crescita occupazionale, con il tasso di disoccupazione sempre fermo al 6,2%. Anche le prospettive rimangono di un moderato aumento.

In crescita, sempre a gennaio, i consumi delle famiglie, spinti dall’utilizzo dei $ 600 messi a disposizione dopo che il Congresso aveva approvato, a dicembre, il piano da $ m900MD.


Asia

Ancora in calo, in Cina, l’indice PMI manufatturiero, per quanto rimanga sopra i 50 punti, e quindi ancora sopra la soglia che segnala espansione.

In calo anche l’indice dei servizi, a seguito di una minor crescita degli ordini.

In Giappone stabile il livello di disoccupazione, fermo al 2,9%, verso un dato atteso del 3%. Da notare la crescita del rapporto tra posti di lavoro disponibili e il numero di persone in cerca di occupazione, salito all’1,10. Ciò significa che per ogni 100 persone in cerca di occupazione ci sono 110 posti di lavoro a disposizione. In sostanza, siamo in regime di “piena occupazione”.


Materie prime

Continua la corsa del petrolio, con il WTI che ha raggiunto i $ 65,9.

La decisione dell’OPEC di mantenere i tagli produttivi e la diminuzione delle scorte USA sono le motivazioni che hanno permesso il ritorno a prezzi di dicembre 19/gennaio 2020.

In discesa, invece, l’oro, che si è portato sotto i $ 1.700, penalizzato dall’aumento dei tassi USA, con il treasury vicino all’1,60%.

 

Cambi

In rafforzamento il biglietto verde americano, che si è portato sotto l’1,20 (1,195)verso l’€.

 

Bitcoin

Continua l’altalena della criptolvaluta, con prezzi in continuo movimento.

Nell’arco di pochi giorni è passato da $ 48.000 a $ 41.000, per poi risalire a $ 51.000. In queste ore di sabato tratta a $ 47.200.

 

Grazie come sempre per la vs attenzione e buon we.

Roberto


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