Geosofia del camposanto

Geosofia del camposanto

Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole, e la luce del giorno si divide la piazza tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa.

I versi sono all'epitaffio di Frank Drummer, personaggio ritenuto pazzo ed internato.

Nella canzone Il Matto di De André, presente nell'album 'Non al denaro non all'amore né al cielo', ognuno può riconoscere il vero personaggio presente in ogni realtà sociale, colui che viene preso in giro dalla gente in quanto creduto matto.

Sottotitolo della canzone, emblematico sottotitolo: Dietro ogni scemo c'è un villaggio.

Il matto è il poeta, l'artista, che non ha trovato le parole per esprimersi, o che trovandole non arrivavano a destinazione, ma che possiede quella sensibilità che la gente "normale" non può raggiungere.

Ma da dove comincia questa storia.

C'era una volta uno scrittore di nome Webster Ford, o almeno così firmava i suoi scritti che uscivano sulla rivista Reedy's Mirror.

Immaginò e descrisse, in forma di poemi e versi, la vita e la dipartita tragica, comica, ilare, malinconica e schietta di 212 persone che raccontano o fanno raccontare le loro vicende dal luogo di sepoltura, in una piccola cittadina rurale vicina ad un fiume realmente esistito: Spoon River.

Dalla Reedy's Mirror le storie finiscono in un libro il cui titolo e nome dell'autore restano impressi per sempre nella letteratura mondiale: Spoon River Anthology di Edgar Lee Masters.

Non erano versi quelli nel libro, ma epitaffi.

Il libro uscito nel 1916, venne tradotto e pubblicato in Italia grazie all'impegno di Fernanda Pivano solo nel 1943. Guerre e ideologie ne bloccarono per anni la pubblicazione.

Fernanda Pivano, genovese, tradusse il libro e nel 1971, mentre un altro genovese, Fabrizio De André, portò alcune di quelle storie nell'album 'Non al denaro non all'amore né al cielo' tratto e ispirato proprio dal libro che il cantautore, in alcune sue interviste, dichiarava di aver letto quando aveva circa diciotto anni.

Ora c'è un fatto, un fatto geografico, geosofico, per così dire: Fernanda Pivano e Fabrizio De André sono entrambi nati a Genova ed entrambi giacciono ora nella Spoon River italiana ossia la città monumentale di sepoltura del quartiere di Staglieno.

Una cittadina di quasi 330.000 metri quadri.

Lo Spoon River in cui le tante storie e le tante vite, come quelle descritte da Edgar Lee Masters, tradotte da Fernanda e cantate da Fabrizio, partono e arrivano a raccontarci mille mondi, mille vicende.

Forse Fernanda e Fabrizio hanno tradotto, amato e cantato Spoon River perché avevano compreso tutto quel mondo attraverso la Città Monumentale, il Cimitero di Staglieno.

Come in Spoon River la natura, le colline, il fiume e il cammino dei vivi e il silenzio dei morti convivono in questa città accanto a Genova.

I monumenti, le statue, le cappelle, le magnifiche sculture si dipanano in uno straordinario affresco secolare di stili di scultori che in questo cimitero, come nel caso di Lorenzo Orengo, con la Signora delle Noccioline, tomba e statua di Caterina Campodonico, ottengo il loro massimo successo.

Genova ha la sua Spoon River ed è un luogo d'Italia che impressiona e che si apre storia su storia, ad essere apprezzato da visitatori di ogni angolo del mondo.

Ma come ogni nostra bellezza ha bisogno di cura, attenzione, dedizione.

Staglieno, come ogni Cimitero, vive gli anni d'oro, quelli della città marinara e mercantile di Genova che espande i propri confini attraverso il mare e gli anni più bui, quelli delle guerre e degli abbandoni.

A Staglieno la storia è impressa in ogni rivolo.

Il visitatore varcando le sue porte si immerge in una città nella città.

A questa collina, sulle sponde del Bisagno, ho dedicato alcuni mesi di lavoro insieme ad un gruppo di lavoro straordinario e d'eccezione.

Il risultato di questo lavoro è il primo ambiente narrativo immersivo del Cimitero Monumentale di Staglieno.

Il mio contributo, di direzione creativa, si è basato sul tentativo d'integrare fra Geomatica e Geosofia in un modello unico per la valorizzazione di beni storici monumentali del nostro belpaese.

Ho definito questo modello GeoTwinFlow (ne parlerò in altre puntate per non dilungarmi).

Qui in basso il viaggio da poter fare da casa per andare a conoscere questa Spoon River Italiana e poi visitarla in loco.

Ma prima prima dell'esplorazione leggiamo ancora qualche parola da quei versi messi in canzone

E senza sapere a chi dovessi la vita, in un manicomio io l'ho restituita. Qui, sulla collina, dormo malvolentieri. Eppure c'è luce, ormai, nei miei pensieri. Qui nella penombra ora invento parole. Ma rimpiango una luce, la luce del sole.

E ora fai il primo viaggio cliccando sul link o l'immagine qui in basso.

https://staglieno.comune.genova.it/virtual/web/
Tomba Campondonico

E se ancora non ti ho convinto a fare il viaggio in questa geosofia del camposanto, senti la storia di questa scultura qui in basso.

Tomba Ribaudo

Si copre il volto con una mano, l'angelo.

Per Jan Curtis, giovane artista, quella era più di una scultura: era il riflesso della sua vita.

Soffriva di epilessia fotosensibile, una condizione che lo costringeva a schermarsi dalle luci e dai movimenti ripetitivi che potevano scatenare le sue crisi.

E forse a mettersi una mano sugli occhi come l'Angelo della Tomba Ribaudo nel Cimitero Monumentale di Staglieno.

Ma nel buio di quel gesto, la sua mente si illuminava, trasformando emozioni intense in musica immortale.

Jan era il frontman dei Joy Division, una delle band più influenti del movimento post-punk. Le note ipnotiche della musica si intrecciavano con la voce intensa di Jan, capace di trasmettere tutto il peso delle sue emozioni.

Ma dietro il successo, la sua vita era una lotta costante: l’epilessia che lo debilitava, un matrimonio in crisi e il senso di alienazione che lo avvolgeva.

Nel 1980, i Joy Division pubblicarono Love Will Tear Us Apart, un singolo che è diventato il simbolo di una generazione, un lamento struggente sulla fragilità dell’amore e delle relazioni umane.

Jan si era immerso completamente nella sua arte, ma le sue ombre interiori non trovarono pace.

Sulla copertina di quel singolo Jan aveva voluto la foto di quell'angelo.


Linkografia e Bibliografia

Mariano Belmonte

Project + Content manager

2 mesi

E dallo stesso cimitero venne scattata, sfruttando una luce molto particolare, la foto per la copertina di Closer (secondo e ultimo album dei Joy Division)... Grazie per la tua newsletter Franc: ben scritta e stimolante :)

Nando Pace

arti dello spettacolo

2 mesi

....una bellissima descrizione...i paesaggi....i passaggi poetici sono meravigliosi e introspettivi...i silenzi poi di triste meditazione ...come giusto che sia....

I cimiteri raccontano la nostra storia...peccato che non vengano adeguatamente tutelati Nel 1869, nell’area dell’ex convento della Certosa di Bologna fu rinvenuto, in maniera del tutto fortuita, un sepolcreto etrusco. I numerosi oggetti etruschi rinvenuti a più riprese,nell’area cimiteriale, sono conservati al museo archeologico. Dal 2021 la Certosa di Bologna è Patrimonio dell'Umanità UNESCO nell'ambito del progetto "Portici di Bologna". https://www.storiaememoriadibologna.it/la-certosa#:~:text=Dal%202021%20la%20Certosa%20di,progetto%20%22Portici%20di%20Bologna%22.

Lavoro interessante, informativo, poetico.Complimenti, Franc!

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