Gli effetti delle pandemie nei cambiamenti sociali
Le pestilenze, come la guerra o le catastrofi naturali, rappresentano momenti di cambiamento, anche violento, per le società che ne sono colpite e sono così forti da costituire momenti di riferimento nella narrazione storica, come il “prima e dopo” Cristo, il “prima e dopo” la scoperta dell’America, il “prima e dopo” la Rivoluzione Francese, il “prima e dopo” la bomba Atomica.
Momenti che caratterizzano un determinato periodo storico e la successiva evoluzione e ne vedono spesso ampliati gli esiti grazie agli storici e alla letteratura che ne hanno descritto gli effetti sulla popolazione, sui costumi, sull’economia e sulla società.
È naturale per le persone fare riferimento a momenti specifici e drammatici per definire il confine tra un mondo passato e un mondo nuovo, trovando conforto inconscio nel fatto che il cambiamento sia scaturito da un fatto unico, straordinario e drammatico e non sia invece la faticosa somma di tanti mutamenti che hanno inciso su regole, abitudini, costumi e culture, evoluti assieme al fluire della storia.
E’ lo stesso passare del tempo che determina il cambiamento, in un processo molto più complesso, articolato e lungo di un singolo straordinario accadimento. Gli anni “zero”, di volta in volta individuati, non sono l’innesco della novità, ma il momento in cui la stessa novità ha avuto la sua accelerazione definitiva ed è apparsa chiaramente agli occhi di tutti. In questo contesto non fanno eccezione epidemie e pestilenze, semplici evidenziatori dei cambiamenti in atto.
L’espansione e lo sviluppo dell’umanità sulla terra sono stati accompagnati dalla diffusione delle malattie infettive che sono diventate uno scomodo e ricorrente compagno di viaggio, che dimentichiamo volentieri e con il quale vorremmo evitare ogni confronto.
Eppure la storia racconta questi drammatici eventi e le loro conseguenze, ce ne ricorda le date e il numero delle vittime, a partire dalla Peste Antonina che, manifestatasi alla fine del 2° secolo dopo Cristo, è stata descritta da Galeno come una probabile epidemia di vaiolo.
Invasioni militari, trasmigrazioni, incremento dei traffici commerciali, urbanizzazione incontrollata, deforestazione, sono stati le principali concause nella diffusione delle pestilenze che hanno colpito la società umana e contribuito talvolta ad accelerare i cambiamenti in corso.
La drammaticità degli eventi associati alle pestilenze, con la strage della popolazione e l’innata paura che scaturisce da nemici invisibili e sconosciuti, ha consentito l’adozione di scelte e provvedimenti che altrimenti avrebbero richiesto molti più anni per essere accettati. Hanno spinto a comportamenti igienici che hanno trasformato la società e le abitudini, hanno dato impulso a studi medici e soluzioni ambientali ed urbanistiche che hanno ridisegnato le nostre case e le nostre città.
La successione di epidemie di colera, verificatesi a Napoli alla fine dell’800, hanno consentito l’adozione, da parte del governo unitario guidato da Agostino Depretis, di realizzare un grande intervento urbanistico che, con il nome di Risanamento, mutò radicalmente il volto della maggior parte dei quartieri storici della città Partenopea, sostituendo le preesistenti costruzioni con nuovi edifici, piazze e strade e risolvendo i problemi igienico sanitari di alcune zone della città.
Più o meno nello stesso periodo, un fenomeno simile riguardò la città tedesca di Amburgo, analogamente colpita da una epidemia di colera, dove le condizioni degradate di alcune zone della città erano acuite dai mancati interventi di bonifica del fiume Elba e dalla carente gestione dei rifiuti urbani. In questo caso, agli interventi di risanamento urbanistico, si accompagnarono quelli di depurazione delle acque e di incenerimento della spazzatura. Ma anche la medicina ne trasse impulso con la fondazione dell’Istituto di Igiene e Ambiente di Amburgo mutuato dall’iniziativa già avviata da Robert Koch a Berlino.
Quando la società è matura al cambiamento, le pandemie diventano un agente della "reazione chimica" complessiva che trasforma la società e le abitudini. Altre pestilenze e pandemie hanno attraversato la storia dell’umanità, anche con esiti molto più drammatici, ma provocando molte meno trasformazioni dopo il loro passaggio perché non vi erano le condizioni per attivare una significativa evoluzione.
La sensazione è che la comparsa di Covid19, possa rappresentare, al di là del numero di vittime che provocherà e della sua durata, l’anno zero rispetto a trasformazioni importanti dei nostri atteggiamenti nei confronti dell’ambiente, delle relazioni sociali, del lavoro e del welfare in tutte le società più avanzate. Si potrebbe verificare un’importante modifica dell’attuale concetto di comunità e l’abbandono dell’approccio a-critico nei confronti di una globalizzazione non gestita.
Quali cambiamenti “stabili” dobbiamo attenderci dal post Covid19? Quali trasformazioni si consolideranno? Quali dimensioni e modelli caratterizzeranno le nuove comunità? Quale collocazione avranno i singoli nella società dello smart working e del distanziamento? Quali saranno gli impatti nell’architettura delle abitazioni e dei luoghi di aggregazione?
Forse sono più importanti le risposte che riusciremo a dare a queste domande sul nostro futuro che la ricerca dello spillover o del paziente “zero”.