Google investe in AI a casa del suo nemico
Il paradosso di Google che investe in AI (Artificial Intelligence) in un paese dove il suo servizio è bloccato.
Il centro Google di ricerca sulle intelligenze artificiali di Pechino ha compiuto da poco il suo primo anno di vita. E per quanto il suo direttore Li Fei Fei sottolinei l’importanza della ricerca e quanto questa esplorazione tecnologica non debba avere confini, in Cina esistono dei confini molto chiari. E Google li conosce molto bene. Il motore di ricerca attualmente è bannato dalle autorità locali. I suoi competitor sono Baidu e Sogou che detengono il primato non soltanto sulla ricerca internet, ma sull’aggregazione dell’infinità dei dati che i cinesi, popolazione da 1,4 miliardi, producono con i loro click quotidiani.
L’esclusione di Google dal mercato cinese
Nel 2010 in seguito ad un attacco informatico proveniente dalla Repubblica Popolare Cinese, Google reindirizza le sue ricerche da Google.cn a Google.com.hk. E nel 2012 GreatFire.org annuncia il definitivo blocco all’accesso del motore di ricerca. Pur subendo un netto ridimensionamento del suo share di mercato, calando dal 39% del 2009 all’1,7% nel 2013, Google mantiene i suoi uffici in Cina. Perché continuare ad investire in un paese che impone dei pesanti limiti alla libera competizione economica? La motivazione è semplice: la Cina è uno dei mercati più grandi al mondo ed il paese che ha recentemente annunciato il piano di sviluppo industriale più ambizioso di tutti i tempi: il Made in China 2025.
L’AI guarda ad oriente
Il piano programmatico con un orizzonte temporale che guarda al 2025, impone un’accelerazione nello sviluppo di tecnologie all’avanguardia in 10 settori chiave, uno dei quali è l’intelligenza artificiale. Google, che ha una divisione specifica dedicata all’implementazione dell’AI ed è azienda leader nel settore, non può che essere presente sul territorio. Pechino è ormai da anni un grande incubatore di idee e innovazione. Aiutare e scoprire i talenti cinesi è la mission di Google con il fine ultimo di mettere il loro know-how a disposizione non della corporation, ma dell’intera umanità. Così Google, il cui servizio riceve la scure delle autorità politiche, relegato un passo al di fuori del grande firewall cinese, salta al centro della scena mondiale e rivendica il suo contributo allo sviluppo di tecnologie che rivoluzioneranno il nostro modo di concepire la realtà. Il focus si è semplicemente spostato ad Oriente: bisogna accettare le condizioni della Cina per impiegarne i talenti.