I "poveri risparmi"​ in retrospettiva: l'instabilità evidente del 1979, la falsa stabilità del 2019

I "poveri risparmi" in retrospettiva: l'instabilità evidente del 1979, la falsa stabilità del 2019

Ci sono 40 anni tra le due prime pagine in alto. Quella di sinistra uscì il 24 novembre 1979 sul Giornale dell'Economia, supplemento de "Il Giornale" all'epoca diretto dal grande Indro Montanelli. Quella di destra è uscita ieri su "Der Spiegel". A sinistra il titolo è "Questi poveri risparmi" con un occhiello quasi agghiacciante: "La svalutazione se li mangia vivi, gli investimenti sono insicuri o poco redditizi, l'oro è alle stelle, le case costano troppo, la Borsa delude...". A destra il titolo è "Se il risparmio ti rende povero: il tasso a zero si mangia la ricchezza dei tedeschi. Cosa devi fare ora per i tuoi soldi".

La costante è quella del piagnisteo legato ai risparmi, ogni tanto evocato dai media di tutto il mondo per vendere qualche copia in più (oggi molte meno di allora, per la verità). Basti pensare alla moltiplicazione della ricchezza degli italiani - chi più, chi meno - nei decenni successivi a quella angosciante copertina. Aggiustando per l'inflazione le attività finanziarie nette procapite del 1979, poco più di cinque milioni di lire, si arriva a una stima di circa 14.600 euro attuali. In altre parole, l'italiano che non avesse risparmiato per i 40 anni successivi, e si fosse limitato a ottenere un ritorno pari all'inflazione, oggi si ritroverebbe depositi e titoli per 14.600 euro. Succede invece che, rielaborando i dati di Bankitalia, le attività finanziarie procapite degli italiani siano oggi pari a 55.800 euro. Quindi gli italiani hanno fortunatamente continuato a risparmiare molto e a investire a tassi anche superiori all'inflazione, invece di compiere insani gesti ispirati da questo e molti altri titoli terrorizzanti visti in questi 40 anni. Molto aiutati dall’espansione del debito pubblico, ovviamente.

Ma senza cadere nel "senno di poi", vorrei evidenziare le differenze tra i rischi dell'epoca e quelli attuali. Nel 1979, per gli italiani e per i residenti in molti altri Paesi occidentali, anche blasonati, l'incubo era l'inflazione fuori controllo. Oggi, e di nuovo diffusamente nei Paesi occidentali, i risparmiatori si sentono maltrattati dai rendimenti a zero sulle attività meno rischiose e "popolari" come i depositi bancari o come i titoli del Tesoro a breve termine. Tra la fine degli anni 70 e l'inizio degli anni 80 ci sono stati periodi in cui i rendimenti dei BOT - per non parlare degli interessi bancari - sono stati inferiori all'inflazione, con vari picchi. Con i tassi correnti a zero, l'erosione monetaria della liquidità, con un'inflazione riportata ex-post dello 0,3%, è stata fino a oggi limitata ma abbastanza continua. D'altra parte, oggi come allora per chi punta a rendimenti attesi maggiori di quelli della liquidità e del BOT o dello Schatz la soluzione è abbastanza semplice: deve prendere dei rischi (come quelli azionari, con orizzonti appropriati),

La differenza principale che io vedo tra il 1979 e il 2019 dei risparmi credo sia questa: all'epoca i rischi erano piuttosto evidenti, mentre oggi l'ultra-interventismo delle banche centrali ha creato una insidiosa situazione di falsa stabilità. Nell'eurozona i vari bazooka usati dalla BCE negli ultimi sette anni non sono riusciti a riaccendere inflazione e crescita come era stato promesso, con l'effetto collaterale di aver pericolosamente eliminato una instabilità che sui mercati dovrebbe essere fisiologica. La politica monetaria degli ultimi anni ha voluto (o dovuto, a seconda dei punti di vista) sopperire alla mancanza di volontà dei Governi e dei Parlamenti a caccia di voti e di consensi nel risanare i debiti pubblici. E i Governi e i Parlamenti - anche per compensare l'assoluta incapacità di perseguire i responsabili delle insolvenze bancarie - a loro volta hanno usato i soldi dei contribuenti (o spinto a usare quelli degli schemi di garanzia) per "salvare" le banche.

In Italia, molti hanno di che rallegrarsi di questo mix di interventismo: per esempio, i pensionati percettori di rendite sproporzionate ai contributi versati, che anno dopo anno allargano la voragine del deficit, i benestanti indebitati per comprare grandi case, una moltitudine di parassiti della spesa pubblica, e gli obbligazionisti delle banche-zombie che non hanno perso un cent. Così come sui mercati è stata offuscata la corretta percezione del rischio con i rendimenti dei BTP spinti a collassare all'1% (e quelli dei titoli di Stato greci - no, dico, greci! - scesi ancora più in basso), nelle banche i clienti continuano a crogiolarsi nella certezza che un istituto vale l'altro, e che tanto alla fine tutti saranno salvati e mondati dai loro peccati.

Non so a voi, ma a me sembra proprio questa dimensione paternalistica, perdonista, deresponsabilizzante, e fintamente stabile dei risparmi (dimensione rotta da quei guastafeste dei tedeschi incazzati in modo un po' strumentale) il vero pericolo. Come titoleranno i giornali nel 2059? Forse la domanda è fuori luogo, perchè probabilmente non esisteranno più.

Emiliano Lugli, CIIA

Portfolio Administration @ Banca Cesare Ponti S.p.A.

5 anni

I tedeschi hanno nel DNA il loro terrore per i tassi negativi. Ringraziamo le banche centrali se non siamo saltati tutti per aria. Le bolle finanziarie ci sono, sicuramente, ma tenere il costo del debito basso è fondamentale visto che le economie sviluppate hanno appaltato all'esterno la crescita e importano deflazione. Se la politica monetaria poteva fare meglio? SI, ricordatevi Trichet, mentre in Europa continuiamo a normare sulla curvatura delle zucchine. 

Dott. Stefano Izzo

Analista tecnico finanziario esperto in contratti derivati, ristrutturazione del debito enti locali e aziende

5 anni

Semplicemente le fasi del ciclo economico (della durata circa di 7y) come si conoscevano sono completamente scomparse! Responsabili: le banche centrali. A mio avviso i momenti difficili non sono stati governati con sapienza e razionalità

Giuseppe Semerano

Founding Partner at Stone Capital

5 anni

Caro Marco, difficile non condividere il tuo pensiero. L'intervento della BCE negli anni della crisi del debito sovrano in Europa è stata fondamentale per la stabilità dell'eurozona. Il continuo ricorrere alle iniezioni di liquidità a distanza di parecchi anni da allora sta invece distruggendo il mercato obbligazionario, con un terzo delle emissioni in euro a tassi negativi, mettendo in serio pericolo la sostenibilità dei fondi pensione - che investono principalmente in titoli governativi - e gonfiando non poco le quotazioni degli immobili e di alcune aziende che crescono anche grazie a un costo del funding ormai prossimo allo zero. Il tentativo di evitare la "giapponesizzazione" dell'economia europea grz a corposi stimoli monetari ci sta invece portando proprio in quella direzione. D'altra parte, dove non è arrivata la politica, è arrivata la BCE e proprio con i tassi negativi tutti dovrebbero avere l'incentivo a disfarsi dei titoli governativi (o mettersi short) per investire direttamente nell'economia reale contribuendo essi stessi alla sua ripresa. Certo, sarebbe stato auspicabile un serio piano di riforme strutturali europeo, stimoli fiscali, maggiore integrazione etc ma temo che, se non arriverà un'altra crisi, è difficile che i 28 stati dell'UE possano insieme accordarsi su qualcosa di serio come fatto invece nei decenni scorsi. 

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