Il Matching nelle professioni
Ogni bravo professionista ha un suo “bagaglio dell’arte” a cui attingere nello svolgimento del proprio lavoro. E’ un contenitore multi sensoriale da implementare nel tempo, liquido, e qualche volta da resettare.
Ognuno ha il suo e lo custodisce gelosamente. Essere un professionista comporta anche dotarsi di più sensibilità, perché difficilmente si può essere così bravi da doversi isolare dal resto del mondo professionale. La contaminazione nel lavoro, è ancora un ascensore funzionale e non si deve sottovalutare. Esiste il concreto pericolo di non misurare bene il fattore tempo rispetto alla predisposizione d’ascolto verso gli altri. Chiaramente ricoprire un ruolo incide e non tutti i professionisti sono chiamati a saper gestire altre persone, però devono saper investire nelle relazioni. Si, la relazione è fondamentale.
Essere consapevoli significa avere la lucidità di comprendere i propri limiti
L’ego del professionista, magari affermato, può essere un tappo a questa capacità. Esistono diversi strumenti ed esperienze dedicate al confronto tra professionalità diverse, tutte abbastanza formative. Sono format in cui il percorso relazionale è vincolato a poche democratiche regole. Purtroppo anche qui, in questi “teatrini” il fattore tempo e l’ego creano un cortocircuito fattuale. Se non si metabolizza la necessità di attingere a nuovi input per il proprio bagaglio, il rischio è di trasformare il confronto in uno scontro, una gara di bravura a petto in fuori. Ci vuole una predisposizione mentale o non si porta a casa il risultato minimo.
Il “match” è dunque “ing” quando il dialogo ha un obiettivo assunto e condiviso. Dove gli interlocutori non devono convincere gli altri sulle proprie capacità o curricula, bensì chi ascolta, lo fa con metodo ed ha la forte motivazione di scoprire e ricevere. Non c’è gara, non ci sono premi, non è una sessione di leadership. Investire nel matching professionale è un esercizio strategico imprenditoriale. Il fattore tempo diventa una motivazione opportunistica, per cogliere suggerimenti da altri settori o mercati, anticipando la concorrenza. Dal punto di vista strumentale, è una chiave di successo, in grado di suggerire un ingranaggio procedurale o strumentale. Infine, come risorse distributive, può essere l’occasione di fare squadra e trovare partnership di valore e ottimizzare il fattore risorse. Nel match lo scopo è creare valore.
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Il matching deve traguardare risultati tangibili e strategici
Culturalmente o potremmo dire storicamente, il professionista smette di credere nell’investimento “crescita” dopo aver raggiunto un’età anagrafica matura. Ritiene di non dover apprendere altro, ha capito tutto e può solo dare eventualmente. Smette di cambiare. Il mutamento liquido, che lo ha portato nel tempo verso tanti successi, naturalmente si trasforma in gestione e protezione del già fatto. Perde sensibilità e impone il suo status. In tanti casi però, commette un errore di valutazione. Perde di competitività ed esce dal presidio strategico del mercato. Una buona palestra formativa deve utilizzare il matching per allenare la mutazione professionale. E’ un rinnovamento delle particelle organiche del professionista. Un integratore culturale. Deve essere un percorso tempificato con un impatto misurabile.
Il matching è uno strumento di crescita e strategico. Ha delle regole e si deve utilizzare in modo funzionale. In questo articolo ci sentiamo di consigliare un approccio metafisico e graduale, meglio se affiancato da un tutor esperto e in grado di misurarne, percorso e risultati. Il matching impatta sulla propria arte e può generare un danno anche economico se gestito in modo improprio. E’ bene scegliere con cura, contesto e obiettivi, prima di cimentarsi.
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