Il Rating di Legalità è uno strumento positivo, ma deve essere utilizzato secondo le regole
Mi è capitato di leggere una sentenza del Consiglio di Stato che annulla la lettera di invito a una gara pubblica nella Regione Puglia e, per effetto, anche l’aggiudicazione all'impresa vincente che si è vista attribuire sei punti premiali per il Rating di Legalità.
Non voglio entrare nel dettaglio di tutti i temi trattati nella suddetta sentenza, ma mi preme fare una considerazione circa il tema del Rating di Legalità che mi è caro.
In sostanza l’impresa arrivata seconda alla gara ha presentato ricorso in quanto l’impresa vincente ha ottenuto 6 punti per il possesso del Rating di Legalità, mentre seconda posizionata non poteva ottenere il Rating non presentando i requisiti dimensionali richiesti dal Regolamento AGCM (in particolare i 2 milioni di euro di fatturato).
Il Codice degli appalti, tuttavia, all'art. 95, comma 13, del d.lgs. n. 50 del 2016, prevede misure di compensazione per le imprese che non possono essere in possesso del Rating di Legalità non avendone i requisiti necessari (2 milioni di fatturato, iscrizione al registro delle imprese da almeno due anni e sede operativa sul territorio nazionale).
Questo aspetto trova conferma anche nell'interpretazione dell’A.N.A.C. con le linee guida n. 2, di cui alla delibera n. 1005 del 21 settembre 2016, che ammette la premialità del Rating (per le imprese che ne hanno i requisiti), richiedendo però al contempo la previsione del riconoscimento compensativo di elementi presenti nel Rating di Legalità per i soggetti che a questo non possono accedere.
L’intento è infatti quello di agevolare la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese.
Il Rating di Legalità è quindi uno “strumento” sbagliato? A mio avviso no, ed è sbagliato demonizzarlo o criticare la sua utilità.
Il Rating di Legalità invece, a mio avviso, costituisce uno strumento positivo e utile per promuovere non solo il tema della legalità, ma per incentivare le imprese a sviluppare azioni virtuose, quali quelle di Responsabilità Sociale, i sistemi di gestione del rischio e anticorruzione, l’adozione di codici etici, solo per fare qualche esempio… Non a caso il Rating di Legalità è attivo da oltre 6 anni e ad esso sono stati agganciati riferimenti normativi importanti che premiano le imprese in possesso del Rating nei rapporti con PA e Istituti di Credito.
Non da ultimo è entrato nel Codice degli appalti e nelle informazioni dell’azienda presenti sulle visure camerali.
Il Rating quindi non è uno strumento poco efficace o, peggio, sbagliato anzi, al contrario!
È corretto infatti a mio avviso valorizzare chi, rispetto ad altri, opera in modo virtuoso e rispettoso delle leggi. Tuttavia questa valorizzazione deve essere fatta in modo appropriato, “compatibilmente con il diritto dell'Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità”, come cita il comma 13 dell’art. 95 del Codice Appalti.
Quindi, sì al Rating di Legalità, ma secondo le regole previste.
Andrea Casadei
Consulente di Sostenibilità, ESG e Legalità dal 2000. Esperto di Economia Circolare e Sviluppo Sostenibile per la CamCom di Milano. Socio AIAF. Professore a contratto Università di Bologna dal 2004
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Consulente di Sostenibilità, ESG e Legalità dal 2000. Esperto di Economia Circolare e Sviluppo Sostenibile per la CamCom di Milano. Socio AIAF. Professore a contratto Università di Bologna dal 2004
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