IL VIAGGIO DELL'EROE•14 La Missione

IL VIAGGIO DELL'EROE•14 La Missione

Prima di affrontare il nodo nevralgico del racconto – la Battaglia – vorrei intavolare alcune riflessioni. Una di queste è sulla Missione dell'Eroe.

L'Eroe ha bisogno di una Missione. Una! E basta.

E dì poco. Chi si affaccia per la prima volta al mondo della narrativa – e in realtà anche chi c'è dentro da tempo – cozza duramente con questa idea.

C'è chi tenta di raccontare di un Eroe che nulla vuole, nulla cerca, nulla fa … perché c'est la vie (D'accord, mais l'expérience n'est si!). E poi c'è chi tenta di raccontare il conflitto interiore del senso di abbandono, mutuato nell'edipismo e nello scetticismo antropologico del suo personaggio, fagocitato nell'entropia della fluidità postmoderna dell'ubiquità globalizzata … … … e l'Eroe sta dietro a così tante cose, cerca di raccapezzarsi in tanti casini, senza una direzione o una meta concreta, che alla fine non ne combina mezza.

Cancellare tutto, facciamo un po' di spazio. Allora:

noi scriviamo storie; le storie sono esperienze. E le esperienze prendono corpo quando l'Eroe – il protagonista dell'esperienza – corre verso un oggetto di valore.

È tutto qui. Il racconto è un moto tensivo dell'Eroe verso l'oggetto di valore cui tenta di avvicinarsi. Se il cavaliere deve salvare la principessa dalla torre, il racconto è tutto l'avvicendarsi e il "confliggersi" degli eventi nel viaggio verso la torre e nella strada fino alla torre e alla principessa. Nel tragitto di lontananza e avvicinamento si compone il racconto.

Poi, come ogni cosa in narrativa, questo movimento può essere figurato. La principessa possiamo averla proprio al nostro fianco. Eppure sentirla lontana anni luce, infatti ci vede "come un amico". Non c'è strada più lunga e tortuosa in un rapporto di coppia che quella che separa la friend-zone dal would you be my Valentine.

Che stia a qualche centimetro o qualche parsec dal mio naso, la distanza è una distanza del cuore. L'Eroe vive l'impossibile congiungimento con un oggetto di vitale valore.

Vitale nel senso che ne va della sua vita. Ci morirebbe se non lo inseguisse. Frodo morirebbe se l'Anello non fosse distrutto, Katniss morirebbe se non vincesse gli Hunger Games, Michael morirebbe se non rendesse la famiglia Corleone la più potente di New York. Ma anche Amleto morirebbe se non vendicasse suo padre, e Lester – in American Beauty – morirebbe se non andasse a letto con la cheerleader.

Perché? Perché l'altra opzione è non agire; cuocere in se stessi. Evirarsi. L'altra opzione è l'annichilimento, scomparire e fare come non fossimo mai stati.

Questa tensione verso l'oggetto di valore, è chiamata Desire, oppure (come preferisco personalmente) Want.

Il Want – o Desire – è quello che l'Eroe vuole, è ciò che lo fa muovere.

Gli story editor di Hollywood ci insegnano che le storie si inscrivono in questo Want, sono catalizzate da questa azione. Distruggere l'Anello, distruggere la Morte Nera, attraversare il Calvario, liberare la Scozia, difendere la missione dei Guaranì, portare la casa sulle Cascate Paradiso, …

Vedete che se conoscete le storie, vi basta questa sola riga d'azione per sapere subito di quale racconto sto parlando.

Perché il racconto è l'azione!

Alle volte l'azione è già inscritta nel titolo: ne L'Isola del tesoro, il Want è … trovare l'isola del tesoro! Il racconto non è qualcosa di astratto, ma di concreto, tangibile. Abbiamo visto che le storie sono evenemenziali, ossia sono piene di eventi, di cose che accadono al di fuori di noi. Questo perché la realtà è un fatto che accade, e l'esperienza è lo scontrarsi con questa inequivocabile tangibilità delle cose.

Non scopriamo la verità "ragionando", ma osservando. I fatti e le cose stesse dichiarano la loro verità. La verità è tiranna. Se volete fare un'esperienza di verità dovete sbattere la faccia contro quello che accade.

Per questo vi serve un goal, una quest, un Want … una Missione.

Attenzione, però: Want e Missione non sono la stessa cosa.

Il concetto di Missione è qualcosa a cui sono molto affezionato, perché nasce proprio per sopperire alle mancanze del Want.

Il fatto è che, non sempre l'Eroe sa cosa vuole. Non sempre l'Eroe vuole agire, ma riesce solo a reagire (ma badate bene: comunque si muove!). E spesso accade anche che l'Eroe cambi idea, che non da subito abbia chiaro fin dove deve arrivare.

Prendete Frodo: fino al midpoint de La Compagnia dell'Anello, lui non ci pensa nemmeno ad andare a Mordor. Frodo si imbarca in un'avventura ben più semplice: partire con Sam, incontrarsi con Gandalf a Brea, e di lì muoversi verso Gran Burrone, dove l'Anello sarà al sicuro. E stop!

Invece compaiono Merry e Pipino; quindi i Nazgul. Gandalf viene imprigionato. Appare Granpasso. Frodo viene pugnalato a morte e poi salvato da Arwen in una corsa impossibile … e quando finalmente l'Anello è arrivato a Gran Burrone, si scopre che non può restare lì.

È solo a quel punto che Frodo ipotizza di andare fino a Mordor. Ma se gliel'avessimo chiesto all'inizio, forse non avrebbe mai aderito.

Lo stesso se ci pensate accade a Luke Skywalker. All'inizio l'unica cosa che vuole è diventare un pilota. Poi trova un robot con un messaggio per Obi-Wan. Poi deve salvare la Principessa. Ma solo dopo che Obi-Wan muore si allea alla ribellione per distruggere la Morte Nera!

Ma allora dove sta l'unità? Dov'è quella chiara concretezza del racconto?

A questo, appunto, serve la Missione.

Se ci fate caso, Frodo non sa che l'Anello dovrà essere gettato nelle fiamme del Monte Fato perché la storia si concluda … ma noi sì! Fin nel prologo sappiamo dove l'Anello è nato e come va distrutto, ma che Isildur si è lasciato corrompere. Fin da prima di conoscere Frodo, sappiamo quale direzione deve prendere la storia. È lo stesso con Luke: la Morte Nera ci è descritta già nei titoli di testa, ma poi la vediamo presto nello spazio interstellare. Mentre Luke deve ancora salire sul Millennium Falcon, Darth Vader ha già pensato di far saltare in aria il pianeta di Leila per dimostrare quanto pericolosa sia la Morte Nera. E noi lo sappiamo: quell'affare deve scomparire.

In termini semplici potremmo metterla giù così:

L'Eroe ha il Want, il pubblico ha la Missione.

Ancora una volta dobbiamo ricordarci che è il pubblico il vero protagonista. È il pubblico che deve fare l'esperienza, è per il pubblico che abbiamo tirato su l'intera baracca. Il senso di unità e la chiarezza del racconto, servono al pubblico, al pubblico innanzitutto. L'Eroe può rimanere indietro, può non essere al nostro livello di conoscenza. Dovremo solo pazientare che arrivi dove noi lo attendiamo.

L'attesa dell'Eroe, però, non è solo una pausa paziente, infatti ci serve lui per poter meglio definire la Missione.

Noi la intuiamo all'inizio, sappiamo che qualcosa non va e che bisognerà agire in proposito. Ma come? In che termini? Per l'aiuto di chi? Dopotutto ben sapendo che esistono l'Anello e il Monte Fato, che ne sappiamo ancora che uno Hobbit sarà il nostro protagonista? E che non sa combattere. Che avrà per amico uno stregone, e due uomini, un elfo, un nano, e tre suoi simili. Che ne sappiamo noi che dovrà attraversare Moria e veder morire Gandalf? Che Aragorn deve diventare re, che Boromir morirà e la compagnia si scioglierà. Che ne sappiamo noi della guida di Gollum, del conflitto con Faramir?

Nulla. La risposta è "non ne sappiamo nulla". Dovremo scoprirlo vedendolo muoversi. E in questo movimento si inscriverà la Missione, si chiarificherà, specificherà. E questo è vero anche per la vita reale, quando noi siamo l'Eroe della nostra avventura, e ci scopriamo in azione, ci scopriamo in movimento.

La Missione è la nostra direttiva, la nostra meta. E la indaghiamo un evento alla volta, in compagnia del nostro Eroe.





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Dall' Odissea a  Il Padrino, dalla  Divina Commedia a  Game of Thrones: esiste un solo racconto che si ripete nelle più svariate e mirabili forme, eppure rimane lo stesso viaggio. È il viaggio dell'eroe.         
Stay tuned.

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