Iperboli
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Iperboli

Fra i trend topic di Twitter e in genere dei social, scopro che oggi ci sono Luca Telese e Claudio Amendola. I due hanno scatenato un putiferio di commenti. Che avranno fatto, mi chiedo, ignara e anche un po' preoccupata. Una rapina a mano armata? Vinto un Premio importantissimo? Sposatisi fra loro? Contattati dagli Ufo? Niente di tutto questo. Mi informo e scopro che hanno espresso, separatamente e su cose diverse, due opinioni personali in forma di iperbole. Opinioni "politiche". Scrivo "politiche" tra virgolette perché qualsiasi cosa, anche dire che "la frutta costa troppo", è "politico", in questo momento storico. Quello che stupisce non è ciò che hanno detto, che infatti non riporto, ma è la valanga di insulti, battute, e vere e proprie offese che si sono scatenate tra i luminari commentatori del web nei confrontri dei due suddetti. Commenti che, nella maggior parte grossolani, aggressivi, antidialettici e intransigenti, denunciano il vero pericolo dell'informazione su internet, e cioè la superficialità e l'assoluta mancanza di volontà di approfondire l'argomento sul quale ci si scatena ad aggredire qualcuno senza aver nemmeno capito cosa realmente sia stato detto nella sua interezza o sia accaduto. Il "tema" è solo un pretesto. Basta una frase estrapolata dal contesto e rimbalzata in rete o in tv, di qua e di là fino a diventare una vuota e stucchevole espressione sillabica, a trasformare le menti delle persone in famelici zombie urlanti . Qui i problemi drammatici che saltano agli occhi sono tanti. L'aggressività repressa e furente verso gli altri, che si scatena come un vampiro alla vista di una goccia di sangue. Il torpore, la pigrizia direi, cerebrale che fa muovere i cervelli come bradipi tra un titolo e l'altro, bevendo ogni cosa che si legge o che si ascolta senza il minimo rigurgito di interesse per capire cosa c'è dietro una "notizia". Senza andarsi a leggere l'intero articolo, o altre fonti, comparare i racconti, verificare le informazioni. Troppa fatica. Meglio prendersela col malcapitato di turno, meglio se un po' famoso naturalmente perché dà più soddisfazione, ci si sente un po' più importanti, magari nascosti dietro uno pseudonimo. Il povero malcapitato e cioè colui che di questi tempi oscuri, spenti e conformisti all'ennesima potenza, ha avuto il coraggio, o l'ardire o l'incoscienza, o la stupidità anche, perché no? di dire qualcosa di "strano", o di "diverso". Qualcosa come un'iperbole, figura retorica che, con le altre, ha fatto grande l'oratoria e il linguaggio degli italiani, e ormai perduta anche quella, nelle pieghe, poche, di un italiano stento e ridotto all'osso di cento parole di lessico personale di cui la metà sono parolacce. E quell'iperbole, che magari aveva un senso nell'insieme del discorso del malcapitato, ora, decontestualizzata e sfinita dal rimpallo mediatico, ridotta a scheletro di se stessa, si è trasformata nella clava che ( avete visto mai Odissea nello spazio?) i nostri antenati ominidi stringevano in mano. Quella clava rappresenta il momento in cui si diventa uomini. E si può scegliere di utilizzarla per fini positivi: costruire, difendersi, procurarsi cibo... o per fini inutili, sbatacchiarla di qua e di là a casaccio, rischiando di fare danni a noi stessi e agli altri, e accrescendo la frustrazione che porta alla rovina.


(Carla Vistarini)

@charliecarla


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