La calma prima della tempesta?
Proprio come la calma prima della tempesta, crediamo che la bassa volatilità del mercato sia dovuta proprio all'elevata incertezza elettorale. I mercati rimangono stabili nonostante l’imprevedibilità elettorale, oppure a causa di essa?
Numerosi operatori di mercato, noi inclusi, hanno inaugurato il 2024 evidenziando le elezioni politiche come uno dei temi cruciali in un anno in cui metà della popolazione mondiale si sarebbe recata alle urne.
Pochissimi avevano previsto l'incredibile numero di colpi di scena che si sono susseguiti. Ancora meno opinionisti avrebbero immaginato che ad un’instabilità politica così marcata corrispondesse una volatilità di mercato altrettanto contenuta. Come si spiega questo disallineamento? A che tipo di cambiamento dovrebbero prepararsi gli investitori?
Sorprese elettorali
Quest'anno, le elezioni hanno riservato sorprese in diverse parti del mondo. Tuttavia, esclusa la schiacciante rielezione della sinistra in Messico, dietro queste sorprese emerge un tema chiaro di anti-incumbency, ovvero l’emergere di opinioni e sentiment contrari ai politici in carica, che spesso si manifestano proprio attraverso un voto contrario alle elezioni. Questo Fenomeno è probabilmente alimentato da un'elevata inflazione. Mentre i mercati finanziari si attendono una diminuzione dell'inflazione, i consumatori percepiscono ancora un elevato costo della vita, con un carrello della spesa che costa un terzo in più rispetto a qualche anno fa.
Anche escludendo nuovamente il caso del Messico, è importante sottolineare che la maggior parte di queste sorprese elettorali si è rivelata neutrale o persino favorevole ai mercati.
Narendra Modi ha perso la maggioranza parlamentare in India, nonostante i sondaggi e persino gli exit poll avessero preannunciato una grande vittoria. Eppure, il risultato non è stato percepito come una minaccia per la crescita del Paese. In Sudafrica, l'African National Congress ha perso per la prima volta la maggioranza nel periodo post-apartheid, e anziché allearsi con i partiti di sinistra scissionisti, ha scelto di formare una coalizione con l'Alleanza Democratica centrista. Nel Regno Unito, la portata della sconfitta dei Conservatori è stata storica. L'ampia maggioranza del Partito Laburista è stata accolta positivamente, considerata come un ritorno ad un governo più stabile e centrista.
Quanto alla Francia, il Paese ha riservato una serie di sorprese una dietro l’altra. La sconfitta del partito di estrema destra francese lo scorso fine settimana è stata inaspettata. Come avevano saggiamente previsto Patrick Barbe e Ugo Lancioni un mese fa, "La vittoria elettorale del Rassemblement National in ambito europeo non garantisce lo stesso esito a livello nazionale, dove la posta in gioco sembre essere più alta."
Il mese scorso non è stato certo un trionfo per il partito dell'attuale Presidente Emmanuel Macron, e riteniamo che l’assenza di una maggioranza parlamentare stabile possa comportare difficoltà a lungo termine. Nonostante ciò, l’imminente minaccia alla stabilità fiscale della Francia sembra essersi attenuata. Gli spread dei titoli di Stato francesi e italiani si sono allargati rispetto a cinque settimane fa e il mercato azionario francese ha mostrato segni di debolezza, ma l’azionario e gli spread del credito europei hanno dimostrato, in generale, una certa resilienza.
L’elevata posta in gioco
Dobbiamo aspettarci qualcosa di analogo in previsione delle elezioni negli Stati Uniti a novembre?
La competizione elettorale vedrà due candidati alla presidenza con politiche divergenti in quattro ambiti cruciali per l'economia e per i mercati finanziari: tassazione, regolamentazione, immigrazione e commercio. Molte cose potrebbero cambiare prima di novembre; il Presidente Joe Biden è sotto crescente pressione affinché si ritiri dalla corsa. In questo contesto, crediamo possano esserci differenze tra le principali posizioni economiche dei due candidati.
Consigliati da LinkedIn
In ambito fiscale, i tagli alle imposte introdotti da Donald Trump nel 2017 sono previsti in scadenza alla fine del 2025. In caso di vittoria, è probabile che Trump possa prolungarli o addirittura incrementarli. Al contrario, in un eventuale secondo mandato di Biden, è verosimile che i tagli fiscali del 2017 scadano per i contribuenti più ricchi e vengano estesi per quelli con redditi meno elevati, fino a $400.000. Le politiche fiscali di Trump potrebbero avere effetti positivi sui mercati azionari e sulla crescita economica, ma comporterebbero rischi per i mercati obbligazionari, alimentando l’inflazione e sollevando dubbi sulla sostenibilità del debito pubblico. È difficile immaginare che queste politiche non aumentino sensibilmente i deficit fiscali, soprattutto in combinazione con la sua proposta di un aumento della spesa per la difesa, nonostante le dichiarazioni di ridurre altri programmi governativi, esclusi quelli riservati a coloro che soddisfano certi requisiti.
Per quanto riguarda la regolamentazione, riteniamo che l’amministrazione Trump tornerebbe alla sua agenda liberista del primo mandato, ulteriormente rafforzata dalle recenti sentenze della Corte Suprema, che hanno limitato la capacità dei regolatori di interpretare la legislazione. Crediamo che un ambiente normativo più prevedibile aumenterebbe la fiducia delle imprese, attualmente indebolita da alcune delle recenti decisioni volubili delle agenzie sotto l'amministrazione Biden, e favorirebbe una ripresa delle operazioni di fusioni e acquisizioni (M&A).
Entrambi i candidati adottano una posizione dura sull'immigrazione, ma riteniamo che un governo Trump potrebbe implementare misure ancora più rigide, alimentando le pressioni al rialzo sul mercato del lavoro, sui salari e sull’inflazione.
Per quanto riguarda il commercio e i dazi, intravediamo chiari segnali: Trump continuerebbe le politiche del suo primo mandato. Storicamente, i dazi sulle importazioni degli Stati Uniti sono stati tra lo 0,3 e lo 0,5% del PIL nell'ultimo secolo, con un picco negli anni '30 e un modesto aumento durante il primo mandato di Trump. Tuttavia, le attuali proposte di Trump porterebbero questo valore tra l'1 e il 2% del PIL. A nostro avviso, ciò potrebbe ulteriormente intensificare i conflitti economici globali.
Più in generale, un nuovo mandato di Trump comporterebbe probabilmente una serie di cambiamenti e azioni piuttosto rapide, mentre un secondo mandato di Biden porterebbe probabilmente più ad un consolidamento delle iniziative legislative avviate durante il suo primo mandato.
Sembra che ci siano in gioco poste economiche molto elevate, con implicazioni a livello globale. Perché, allora, i mercati sembrano rimanere indifferenti?
Momenti di volatilità
Probabilmente gli investitori stanno andando oltre i titoli di giornale per valutare gli scenari più verosimili. Le proposte di dazi di Trump appaiono destabilizzanti, ma potrebbero essere soltanto una mossa iniziale di negoziazione, pensata per creare margine di manovra. In ogni caso, è improbabile che vengano applicate prima della fine del prossimo anno.
Inoltre, sebbene l'esecutivo abbia spazio di intervento su dazi e regolamentazioni, le politiche fiscali e migratorie richiedono un passaggio al Congresso. Prevediamo due scenari: una vittoria repubblicana alla Casa Bianca, alla Camera e al Senato, oppure un governo diviso con la Casa Bianca e la Camera in mano ai Democratici e il Senato ai Repubblicani.
Considerando tutte queste incertezze, gli investitori potrebbero ritenere prematuro prendere posizione. Come osservato da Erik Knutzen qualche settimana fa e ribadito anche da Tim Creedon e Raheel Siddiqui, la volatilità del mercato azionario tende ad aumentare durante un anno elettorale, soprattutto dopo settembre.
Questa potrebbe sembrare una cosa intuitiva per noi. La Francia ha dimostrato quanto rapidamente le cose possano cambiare in una sola settimana. Negli Stati Uniti, Trump ha ricevuto 34 accuse di reato il 30 maggio, e successivamente il presidente Joe Biden ha ridotto il divario nei sondaggi. Tuttavia, la performance di Biden nel dibattito di quattro settimane dopo ha frenato quell'impulso, mettendo in dubbio la sua candidatura. Un nuovo candidato cambierebbe completamente la natura della campagna; ma anche qualcosa di ordinario, come una continua disinflazione e un taglio dei tassi a settembre, potrebbe spostare l'equilibrio.
In altre parole, ciò che scriviamo potrebbe essere già superato quando lo leggerete. Proprio come la calma prima della tempesta, crediamo che la bassa volatilità del mercato sia dovuta proprio all'elevata incertezza elettorale.
Ecco perché, a nostro avviso, gli investitori non dovrebbero lasciarsi ingannare, pensando che queste elezioni siano di poca importanza. Al contrario, sono alquanto rilevanti. Man mano che ci avviciniamo ai risultati, è probabile che gli investitori inizino a rivedere le proprie posizioni, innescando un periodo di elevata volatilità.