La delusione dei repubblicani negli USA

La delusione dei repubblicani negli USA

La settimana appena trascorsa è stata molto importante anche per le elezioni di mid-term statunitensi. Possiamo subito affermare che il risultato è ben lontano da ciò che si aspettavano media e analisti: i repubblicani non hanno ottenuto quella grande maggioranza di cui si parlava nelle settimane precedenti. Per la precisione: il Senato è andato ai democratici mentre la Camera potrebbe andare ai repubblicani con un margine piuttosto ridotto (ricordiamo che i risultati della Camera non sono ancora definitivi per una questione di riconteggi).

Al di là delle motivazioni, che in questa sede lasciano il tempo che trovano, ci vogliamo concentrare sui mercati finanziari.

Statisticamente (e storicamente) ai mercati finanziari piace molto uno “split government”, ossia una divisione del potere tra due partiti. Questo in genere limita la possibilità di entrambe le parti di perseguire politiche troppo estreme in un senso o nell’altro. In questo periodo di politica monetaria aggressiva avrebbe potuto anche essere una buona motivazione per far rallentare i rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve. Sulla scia di tale previsione degli analisti, i mercati sono saliti nelle ultime due settimane.

Ora che non si è materializzato il potere dei repubblicani cosa accadrà? La risposta è molto più complessa di quanto si pensi. Nell’ultima settimana sono entrati in gioco più catalyst che si sono rivelati una piacevole sorpresa (inflazione più bassa delle attese). Ora diventa ancora più importante seguire i dati macroeconomici e ogni singola parola degli esponenti della FED.

I temi di breve potrebbero sostenere una continuazione del recupero

Nonostante le previsioni per il futuro non siano proprio rosee (la recessione economica è una realtà a cui molti non danno il giusto peso), nei prossimi due mesi potremmo ancora assistere a mercati azionari al rialzo per via di:

  1. Stagionalità favorevole. L’ultimo periodo dell’anno è caratterizzato da una tendenza al rialzo dei prezzi. Si tratta del famoso Rally di Babbo Natale. Il motivo è più profondo di un semplice calcolo statistico: negli ultimi mesi dell’anno i gestori mettono in pratica il c.d. “Window Dressing”. Si tratta di una pratica (legale) di alterazione dei bilanci al fine di dimostrare che si hanno in portafoglio solo i titoli che nel corso dell’anno hanno dato una performance positiva. Gli asset manager, quindi, riempiono il loro portafoglio di quei titoli che hanno sovraperformato il benchmark andando ad alimentare acquisti sui mercati azionari. Di solito avviene di più durante l’anno delle elezioni di mid-term.
  2. Sentiment estremamente negativo. Il primo punto è alimentato anche dal sentiment dei gestori. Il 2022 è stato caratterizzato da una performance molto negativa e molti istituzionali sono rimasti liquidi a livelli mai visti prima. Con l’avvicinarsi della fine dell’anno, è tempo di bilanci: per garantirsi i bonus, i gestori potrebbero utilizzare l’enorme liquidità per cercare di generare performance. In tale occasione basta anche poco per far scattare una corsa agli acquisti come è accaduto diverse volte quest’anno.
  3. Buyback. Dopo un lungo periodo di divieto dei buyback (soprattutto per le banche), negli ultimi mesi sono ripresi i riacquisti di azioni proprio da parte di quasi tutte le aziende. Storicamente questo coincide con rialzi dei prezzi, sostenuti proprio dalle aziende che attuano i piani di buyback.

Non bisogna tuttavia perdere di vista il futuro più lontano, in quel caso i catalyst sono tutt’altro che positivi: crisi energetica in Europa, calo degli utili aziendali, peggioramento delle condizioni finanziarie, quantitative tightening e conseguente recessione economica.

Il caso FTX e il disastro delle crypto

Mentre i mercati tradizionali stanno vivendo un momento di recupero, il mondo delle crypto e dei token digitali stanno passando uno dei periodi più brutti dall’introduzione del Bitcoin. Si tratta di un mercato piccolo sia per dimensioni che per peso all’interno dei portafogli degli istituzionali ma cerchiamo di capire cosa è successo.

Nelle ultime settimane la società FTX (exchange di crypto fondata da Sam Bankman-Fried) ha reso noto di essere in una grave crisi di liquidità. Trattandosi di un settore non regolamentato, ciò significa che i soldi dei clienti che hanno aperto i conti presso FTX sono persi per sempre (non esiste il fondo di garanzia come per il settore bancario).

Contestualmente, Binance, il più grande crypto exchange mondiale, ha dichiarato di voler acquistare FTX per salvarla dal default.

Negli ultimi giorni, tuttavia, Binance ha ritirato la propria offerta e ha dichiarato di liquidare i 580 milioni di FTT in suo possesso (crypto creata da FTX) in quanto i fondi depositati dai clienti in FTX venivano poi usati da Sam Bankman-Fried per finanziare scommesse rischiose da parte di Alameda, la società di trading del gruppo.

La notizia ha fatto crollare FTT e diverse altre crypto (che venivano usate come collaterale, basti pensare che solo il Bitcoin è sceso a 15.800 dai 21.000 di pochi giorni fa) mentre i clienti hanno ritirato circa 6 miliardi di asset da FTX avverando la crisi di liquidità e rendendo l’exchange insolvente. Si è aperto così il processo di default (Chapter 11) per tutte le 134 società del gruppo di Bankman-Fried.

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