La trappola dei corsi di formazione: continui ad accumulare diplomi sul muro sperando di far decollare il tuo studio, ma...
Pensi che fare millemila corsetti da 20 euro e appiccicare il diploma al muro sia l’unica chiave per il successo del tuo studio? Allora preparati: quello che sto per rivelarti potrebbe deluderti.
Ma attenzione: questo manuale è rivolto esclusivamente a chi ha uno studio privato di nutrizione. Se lavori nel pubblico, non ne avrai bisogno :)
Per il tuo bene, ti chiedo di leggermi fino alla fine senza giudicare. Se alla fine pensi che ciò che ho detto sia inutile o fuorviante, dimmelo nei commenti. Prima, però, leggimi con curiosità e mente aperta.
Partiamo: non è l’ennesimo corso di formazione che ti porterà i pazienti che desideri, ma una combinazione ben diversa di elementi che, purtroppo, non ti sono mai stati insegnati (scoprirai il motivo più avanti).
Ho seguito ormai centinaia di colleghi dal 2019 ad oggi e ti assicuro che, all'inizio, si sentivano come te. Hanno speso anni a studiare e perfezionare le loro competenze, eppure faticavano a portare pazienti nel proprio studio (e avere una stabilità economica).
Sai qual è il problema principale? La formazione tecnica è solo una parte del problema (e del successo professionale e personale).
Il paradosso della formazione compulsiva
Viviamo in una società che ci ha inculcato l’idea che “più studi, più sai, più avrai successo”. Questa è una mezza verità che università, ordini professionali, scuole di nutrizione e simili hanno sfruttato a loro favore, vendendo corsi come il pane (senza parlare della "lobby" degli ECM) per spingerti a continuare a comprarli.
Se poi non riesci ad avere pazienti, ti fanno credere che sia colpa tua, che ci sia qualcosa di sbagliato in te, che non sei abbastanza brava. E così torni a comprare corsi, ancora e ancora.
In questa fase potresti anche iniziare a pensare che sarebbe stato meglio insegnare e cominci a considerare seriamente questa possibilità.
La verità è che non basta conoscere tutte le ultime novità nel campo della nutrizione, tutte le patologie, tutte le terapie nutrizionali per attrarre pazienti e garantire loro una buona esperienza. Oltre alla competenza, è fondamentale saper comunicare queste abilità e trasmettere il proprio valore.
La doppia strada verso il successo: competenze tecniche e comunicative
La tua carriera, come nutrizionista, è come un treno che corre su due binari:
Questi due binari, come dicevo, sono interdipendenti.
Se ce n’è solo uno, e l’altro è assente o danneggiato, il tuo treno (la tua professione) è sempre a rischio di deragliare.
Mi spiego meglio: se le tue abilità sono scarse, ma hai tanti pazienti, i risultati che riuscirai a portare saranno minimi o insufficienti e, prima o poi, i tuoi pazienti finiranno per rivolgersi ad altri professionisti (che sono più preparati e “performanti”, e che portano migliori risultati).
Dall’altra parte però, se le tue abilità sono eccelse, ma non sei in grado di attirare a te pazienti, diventi come un meccanico nel deserto…
In poche parole: non hai la possibilità di lavorare, di applicare le tue tanto sudate e preziose abilità e conoscenze.
Sei come un genio che non può dare sfogo alle proprie capacità, al proprio intelletto.
Quindi, se vuoi che la tua professione corra rapida su questi binari, permettendoti di raggiungere il successo e la soddisfazione professionale in un tempo ragionevolmente breve, e senza incidenti, è necessario che entrambi i binari siano mantenuti allineati, e che entrambi ricevano le giuste attenzioni e cure.
Inoltre voglio che sia estremamente chiaro che io non sono assolutamente contro la formazione a prescindere. Io stesso, e la mia squadra, ci formiamo continuamente. E questo lo faccio nonostante l’esperienza ventennale nel mio campo. Perché ritengo che per essere un buon professionista la formazione sia necessaria; un dovere, in certo senso, oltre che una buona pratica.
Ma questo rimane vero solo fino al momento in cui la formazione assolve il suo compito, colmando quelle lacune che non ti permettono oggettivamente di svolgere in modo efficace ed efficiente il tuo lavoro.
Ma oltre quella soglia, la formazione rischia di trasformarsi in un’attività che prende più tempo ed energie di quelle realmente necessarie, trasformandosi in una “stampella” a cui appoggiarsi quando le cose non vanno come vorremmo
Finiamo per credere che, se i risultati non arrivano, sia solo colpa del fatto che “non sappiamo abbastanza”.
Si finisce così per continuare ad accumulare “conoscenza” e “sapere” che, ad un certo punto, non sappiamo nemmeno come sfruttare o come applicare.
Passiamo più tempo a studiare che a mettere in pratica ciò che abbiamo imparato.
E qui torniamo al vero problema di cui ti ho accennato all’inizio dell’articolo.
Ovvero la “cantilena” che i formatori, le istituzioni, gli enti e le varie scuole di formazione continuano a raccontare ai professionisti, da decenni: “La formazione è la chiave per il successo!”
La trappola mentale della “formazione compulsiva”
Vedi, come persona che ha studiato per tutta una vita, sei naturalmente portato a pensare che più conoscenze acquisisci, più le tue possibilità di successo aumenteranno.
Ma questo è un BIAS cognitivo.
I BIAS vengono definiti come automatismi mentali, o scorciatoie mentali e false credenze, che derivano dalla nostra interpretazione - spesso non completamente oggettiva - della realtà.
Questi BIAS, spesso, ci portano a dare per scontato che certe nostre convinzioni o credenze siano corrette a prescindere. Anche se poi, ad una più attenta analisi, ci si accorge che non è così.
Un esempio? Il bias di frequenza; ovvero un errore sistematico della nostra mente che ci porta a “selezionare” solo le informazioni che ci interessano, e che in quel momento sono importanti per noi.
Per esempio, immagina di esserti appena tinta i capelli. Questo bias potrebbe portarti, per via della sua natura, a notare che ci siano molte donne con il tuo stesso colore di capelli.
O, nel caso tu abbia acquistato una macchina bianca, a vedere quel colore su tantissime altre macchine!
L’errore della nostra mente, quindi, è quello di farti credere che ci siano molte più donne con i capelli tinti, e molte più auto bianche, di quelle che realmente esistono.
È una cosa che la nostra mente fa in automatico, senza che nemmeno ce ne accorgiamo.
E se questo, come nel caso della tinta e dell’auto, non è un problema vero e proprio, quanto più una cosa singolare, lo diventa invece nel momento in cui quei BIAS hanno il potenziale di avere influenze negative sulla tua vita.
Come avviene, appunto, con il BIAS relativo alla formazione, che ti porta a credere che “più ti formi, più alte saranno le tue probabilità di avere successo”.
Così tu, credendo di essere nel giusto - e sostenuto da chi ti dice che questa cosa è vera - continui ad investire denaro e tempo in corsi di formazione.
Ora, la cosa importante da comprendere è che i BIAS non risparmiano nessuno: tutti ne siamo vittime. È il nostro cervello che funziona così.
Ma è importante notare che i BIAS, spesso, non si formano “da soli”. Ci può essere un’influenza esterna che ci porta a formarli.
E lo stesso vale per il BIAS sulla formazione: non te lo sei inventato tu!
Quel BIAS ti è stato instillato dal sistema scolastico e dall’università.
Come?
Pensaci: in quegli ambienti, soprattutto quelli accademici, il tuo valore viene misurato unicamente sulla base di un sistema di punteggio che premia la conoscenza e la padronanza di un argomento.
E quel sistema, in modo più o meno volontario, ha instillato in te l’associazione per cui “più conoscenze = maggiore successo e riconoscimento”.
In questo modo, sei portato a credere (sempre per associazione) che se quella regola è vera nel mondo accademico, lo sarà anche nel mondo del lavoro.
Ora, per quanto formarsi sia sacrosanto, necessario e un’ottima “best practice”. E per quanto io possa condividere questo pensiero, è anche vero che, ad un certo punto, questa “ragione” viene meno.
Viene meno nel momento in cui questo BIAS e necessità viene sfruttata e finisce per trasformarsi in una debolezza.
Viene meno nel momento in cui i formatori, le scuole, e compagnia bella, continuano ad alimentare questo BIAS, facendoti credere che sia VERO e corretto pensare che la formazione sia l’unica via per il successo professionale (e personale).
Ma se, come abbiamo visto prima, le abilità necessarie per avere successo nel tuo lavoro sono 2 (abilità tecniche, e abilità imprenditoriali o di comunicazione), perché i formatori si focalizzano solo sulle prime, ignorando le seconde?
I motivi sono molteplici, e passano dal fatto che neanche loro conoscono e padroneggiano le seconde abilità (quelle imprenditoriali, gestionali e di comunicazione), al fatto che magari le conoscono, ma sanno che insegnare e sfruttare le convinzioni preesistenti (BIAS) è molto più semplice (e meno faticoso) che impegnarsi nell’offrire una soluzione corretta (ma più difficile da far accettare come necessaria).
Un po’ come quando, nel tuo lavoro, cerchi di far cambiare alcune abitudini alimentari scorrette ad un paziente, solo per accorgerti che non è una cosa così facile: ci vuole tempo e sforzo.
E non sempre si riesce ad avere successo.
Sarebbe invece più semplice (ma assolutamente NON etico) assecondare le sue abitudini e credenze, e cercare di arginarle in qualche modo.
Ma questo non ti farebbe onore, dato che il tuo obiettivo è, alla fine, fare in modo che le persone IMPARINO a nutrirsi in modo autonomo, librandosi dalle vecchie, cattive e controproducenti abitudini.
Ma non tutti i formatori condividono questo pensiero, questo ragionamento e questa linea etica.
Molti di loro si impegnano nel farti credere che, grazie ai loro corsi, e al raggiungimento di una certa soglia di conoscenza (che, guarda caso, non arriverà mai) tu otterrai finalmente il successo professionale a cui aneli.
Ora dimmi, hai mai sentito un formatore dirti:
“basta, smetti di formarti che così, tanto, non ottieni nulla. C’è altro che devi conoscere per raggiungere il successo professionale…”
Immagino di no.
E la verità la puoi vedere anche tu, con i tuoi occhi, e probabilmente l’hai già vissuta sulla tua pelle:
dopo esserti formato e aver seguito decine e decine di corsi, puoi davvero dire di aver ottenuto più pazienti, aver riempito l’agenda, ottenuto più riconoscimento, più autorevolezza, da parte dei pazienti stessi?
Oppure l’unica cosa che hai realmente riempito sono le tasche (veramente molto profonde) di questi formatori?
Perché vedi, se è giusto e sacrosanto, e anche necessario, mantenersi aggiornati e al passo coi tempi e le scoperte scientifiche, non è altrettanto corretto che qualcuno faccia leva su questa tua necessità e convinzione, sfruttandola per i propri scopi personali ed economici.
Infatti, il mondo della formazione – e non solo in campo nutrizionale – rappresenta un business molto remunerativo.
Si parla infatti di un giro d’affari di svariate decine di milioni di euro l’anno.
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Inoltre, questo business ha dei costi di gestione molto bassi, e dei margini, o dei guadagni, molto, molto alti.
Non sorprende quindi che l’avidità di certe figure le spinga oltre una certa soglia di buon senso ed etica professionale, in un reame di false promesse e di manipolazioni psicologiche…
Una promessa a metà… non è forse una bugia?
Scusa se sono puntiglioso ma una promessa vera solo a metà non è poi tanto differente da una bugia vera e propria.
Parlo di bugia perché questi formatori ti nascondono il fatto che, per avere successo, è necessario anche fare altro, oltre alla sola formazione professionale e nutrizionale.
Non basta essere dei professionisti-tecnici super formati, per poter lavorare con successo e profitto; è necessario anche sapersi promuovere e saper vendere i propri servizi e le proprie capacità.
Esattamente come loro fanno con te (ma immagino che questo non te l’abbiano mai detto, vero?).
Ecco, quindi, che ritorniamo prepotentemente al secondo binario, alla seconda abilità mancante e non trasmessa, mai insegnata - né all’università né tantomeno nei vari corsi di formazione - che prende il nome di abilità imprenditoriale e comunicativa.
Un’abilità tanto fondamentale, quanto troppo spesso ignorata o a malapena accennata.
Non tanto per tua negligenza, ma tanto per negligenza di chi, a ben vedere, dovrebbe averti preparato adeguatamente al mondo del lavoro e della libera professione.
Ma che, per una ragione o per l’altra, si è ben guardato dal farlo, vendendoti invece l’idea che la formazione sia la “chiave” per il successo professionale…
E questo ci porta alla seconda verità, che smaschera definitivamente la bugia della formazione:
l'indifferenziazione
Infatti, in un mondo in cui queste conoscenze tecniche (che ti dicono dovrebbero renderti speciale, unico e desiderabile agli occhi dei futuri pazienti) sono alla portata di tutti, ecco venire meno anche il pretesto del:
“le persone cercano e si rivolgono unicamente ai professionisti che dimostrano di essere i più preparati. Quindi, se vuoi avere più pazienti, devi essere preparato e sapere TUTTO”.
Ora, tralasciando per un secondo il fatto che non mi è mai parso di vedere un singolo professionista della nutrizione dichiarare di essere meno preparato o formato di altri…
e quindi di dichiarare apertamente di essere “meno bravo” dei colleghi…
Vorrei sapere per quale ragione una persona dovrebbe scegliere di rivolgersi ad un professionista, piuttosto che un altro, unicamente sulla base delle competenze e degli attestati acquisiti.
Se tutti i professionisti sono ugualmente preparati agli occhi delle persone, dei “civili” (poiché tutti siete “dottori”), e se tutti i colleghi dichiarano di essere i migliori (o comunque nessuno dice di non esserlo) …
come fa una persona – che già di per sé non è un esperto e un accademico – a scegliere di farsi trattare da te, piuttosto che da un altro collega (magari anche più economico) e che dimostra le stesse competenze?
Te lo dico io: non può!
Finirebbe per essere confuso e, nella maggior parte dei casi, per scegliere il professionista più conveniente.
Quello che, a parità di abilità e competenze percepite, richiede un investimento minore.
Questo, ovviamente, a patto che non ci sia altro che ti rende differente, migliore e più desiderabile ai miei occhi.
Quindi, come vedi, la “ragione” per cui le persone dovrebbero scegliere un professionista più preparato, rispetto a uno meno preparato, non regge.
Non sta su.
E ora te lo dimostro in modo ancora più chiaro: se questo fosse vero, se le persone fossero in grado di capire la differenza (spesso estremamente sottile) di preparazione tra un professionista e l’altro, allora i vari abusivi, guru, venditori di polverine, non avrebbero ragione di esistere.
Sarebbero estinti da tempo (invece, molti di loro vantano anche un grande successo).
Se le persone dessero davvero importanza ai titoli e alle abilitazioni, alla formazione, allora gli abusivi – che di titoli e di formazione non ne hanno – dovrebbero fare la fame.
Giusto?
Eppure, gli abusivi sembrano avere un successo completamente sproporzionato e illogico rispetto alle loro reali capacità, alle loro conoscenze e competenze.
E questo non fa altro che danneggiare ancora di più la tua professione, portando i pazienti - che dovrebbero venire da te - a finire nelle loro mani (spesso rovinandone la salute).
Ma allora perché gli abusivi hanno successo?
Vedi, loro, gli abusivi, hanno capito una cosa: hanno capito che per avere successo in quello che fanno (per quanto poco etico, deplorevole e condannabile) è necessario comunicarsi.
Infatti, il loro successo, la loro notorietà, arriva anche se mancano (spesso totalmente) quelle necessarie capacità tecniche e i relativi attestati e lauree a sostegno del loro operato.
Certo, la loro comunicazione è una comunicazione bassa, sporca, ingannevole e assolutamente lontana da ogni ideale di etica e di deontologia professionale.
E io non ti dirò mai, come non ho mai detto ai miei studenti, di replicare pari-pari quello che loro fanno.
Eppure, è innegabile che quello che fanno porta loro risultati, persone, seguito e quindi denaro, notorietà e successo.
Quel successo e quell’attenzione (anche mediatica) che, invece, dovrebbero essere tue per diritto.
Quello che cerco di dirti è che la comunicazione è un elemento fondamentale e imprescindibile per avere successo in questo mondo e, ancora di più, nella tua professione.
Sia per te, per promuovere il tuo lavoro e permetterti di crescere come professionista sia, appunto, per difenderti da questa invasione incontrollata di abusivi senza etica e senza morale.
Perché vedi, la comunicazione, se fatta a dovere, ti permette di dirottare le persone - che altrimenti finirebbero nelle grinfie degli abusivi - verso l’unica soluzione possibile e legittima: TU.
Per questo non ho difficoltà a dire che la tua comunicazione dovrebbe ricevere le stesse cure e le stesse attenzioni che dedichi a coltivare e approfondire le materie tecniche legate alla professione.
Attenzione!
Perché la comunicazione, per come la intendiamo e insegniamo noi, non ha nulla a che vedere con la comunicazione corrotta degli abusivi, con il loro modo di promuoversi che, spesso, fa leva sulle debolezze delle persone.
Non ha nulla a che fare con quella comunicazione inelegante, subdola, ricca di false promesse, pillole magiche e dimagrimenti miracolosi.
Quella comunicazione non è una comunicazione etica
è una comunicazione sporca, ingannevole e manipolatoria - nel senso peggiore del termine.
La comunicazione che invece insegniamo noi, e che i nostri studenti utilizzano da anni, è una comunicazione assolutamente etica, pratica e compatibile.
Etica, perché rispetta la figura del professionista, e il paziente stesso, senza fare promesse ingannevoli e senza mettere a rischio la tua reputazione.
Pratica, perché si può applicare immediatamente, senza dover studiare per anni e anni prima di poter produrre dei risultati efficaci e tangibili.
Compatibile, perché si adatta alle esigenze dei professionisti della nutrizione, aiutandoti a gestire e risolvere quelle situazioni che ti trovi a vivere quotidianamente in studio e con i pazienti.
Una comunicazione in grado di portare il professionista a essere visto, percepito e trattato come una risorsa unica e insostituibile, a cui è dovuto il giusto rispetto e la giusta considerazione derivante dall’esercizio di una professione tecnico-sanitaria di rilievo, come la tua.
Una comunicazione che ti aiuterà a farti scegliere da sempre più pazienti, a ottenere il successo che per tanto tempo ti è stato promesso, ma che non sei riuscita ad afferrare.
A questo punto, probabilmente, potresti aver pensato tra te e te: “ma io già mi comunico!”
Ma qui devo fare una precisazione…
Perché quando parliamo di comunicazione efficace, il fatto di avere una scheda Google, un sito, un profilo Facebook professionale, qualche biglietto da visita, una vetrofania, o una scheda su siti come “Mio Dottore” o altri portali simili risulta essere insufficiente o, peggio, controproducente.
E risulta essere tale per lo stesso motivo che abbiamo visto prima: le persone non danno tutto questo valore alle competenze che tu metti in mostra.
Nel 90% dei casi, infatti, quella comunicazione non fa altro che parlare unicamente delle abilità tecniche, trascurando invece tutta un’altra serie di informazioni che risultano essere fondamentali.
Informazioni che, se non comunicate, ti portano nel reame dei professionisti indifferenziati e, ancora una volta, a essere scelta per una mera ragione di “convenienza”.
E non per le tue reali abilità e unicità.
Quindi, in un certo senso, stai comunicando, sì… ma le informazioni “sbagliate”.
E per sbagliate non intendo in senso assoluto; le tue abilità VANNO comunicate, poiché questo è ciò che ti rende differente, migliore e legittimamente abilitato a trattare la salute delle persone rispetto dalla massa di abusivi e impostori.
Quello che intendo dire è che queste informazioni tecniche devono essere subordinate ad ALTRE informazioni che devono arrivare PRIMA.
Perché - come abbiamo visto poco sopra - sembrano esserci informazioni che sono di maggiore importanza e rilevanza, rispetto a quelle tecniche, e che portano le persone a darti maggiore attenzione (proprio come è successo ai nostri studenti, che hai potuto vedere poco fa).
E queste informazioni, o per meglio dire questo stile di comunicazione, è quello che attira a te le persone, che le porta a volersi affidare a te, a vederti come una professionista unica e insostituibile e, inoltre, a consigliarti ad altre persone e potenziali pazienti.
A questo punto, potresti domandarti
“come faccio per sviluppare questa comunicazione? Come faccio a sviluppare il “secondo binario” e dare un’accelerata alla mia professione, ottenendo più pazienti e maggiore successo?”
Semplice! Continua a seguirmi (se non l'hai già fatto clicca su "segui") perché scriverò altri manuali pratici come questo che regalerò alla mia rete.
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Biologa Nutrizionista | Esperta in Nutrizione di Precisione. Accompagno chi è stanco di diete frustranti verso un equilibrio sostenibile, consapevole e dai risultati duraturi.
1 settimanaOttimo consiglio
Biologa Nutrizionista per la Fertilità e la Riproduzione
3 settimaneArticolo utilissimo! Considerando inoltre lo stretto binomio inversamente proporzionale tra numeroso di corsi ed autostima professionale.."non posso fare X senza prima aver fatto il corso Y"..in una pericolosissima ruota in stile criceto!
Nutrizionista delle Patologie del Metabolismo
3 settimaneConcordo in pieno! Anche la famiglia contribuisce a formare i bias che influenzano le nostre scelte ma non sarebbe un problema se la scuola fosse in grado di dare quella spinta in più soprattutto per chi non è cresciuto in un contesto famigliare di imprenditori!