L'emancipazione della donna
Ciò che scriverò in questo post, è frutto di quello che ho imparato dalla vita, per questo, sarà senz'altro limitato alla mia conoscenza, per questo, metto in conto che sarà tranquillamente opinabile.
Nonostante ciò, desidero condividere quel poco che so, nella speranza di contribuire a rendere migliore la visione su certe questioni della vita, senza escludere l'opportunità, di scoprire visioni anche diverse dalle mie, che possano perché no, migliorare il mio modo di vedere le cose.
Detto ciò, l’argomento su cui oggi desidero esprimermi, è “il riscatto femminile”; un argomento assai delicato, che mai come oggi, sta vivendo un importante processo mediatico, oltre che sociologico, proprio per ridefinire il ruolo della donna all’interno della società.
Dire che la donna va tutelata e curata, potrebbe sembrare superfluo e riduttivo, ecco perché, a scanso di equivoci, e per eludere qualsiasi avventore che possa fraintendere le mie parole, travasandole come "maschilista", sento il dovere di anteporre un’introduzione.
Fino a pochi anni fa, la società non si preoccupava del benessere della donna, ma è vero dire, che la società non si preoccupava nemmeno del benessere dell’uomo, se non solo, del benessere di chi ha sempre generato ricchezza monetaria.
Oggi, dove il sistema economico gira vertiginosamente attraverso i conti correnti di tutti (chi più, chi meno), la grande finanza ha capito che può progredire facendo affari in tutti i settori della società, cosicché, si è passati dalla primaria necessità di sopravvivere in atto fino all'inizio del secolo scorso, al preoccuparsi del benessere fisico di ogni individuo verso gli anni "60/70/80" (prima di allora nessuna società si preoccupava di questioni simili), fino ad arrivare ai giorni nostri (direi che era anche ora), a preoccuparsi del benessere mentale delle persone.
Questo improvviso interesse, per quanto piacevole possa sembrare, è spesso concepito per rispondere alle esigenze del mercato, o se vogliamo, dagli interessi di chi investe denaro nel mondo sanitario, che è pur sempre un settore remunerativo, e come ogni settore remunerativo, è preso da grande frenesia per raggiungere i propri obiettivi aziendali, anche se si tratta di curare le persone, e quando le persone sono sane, per non far rallentare gli affari, si cerca il modo di farle passare per malate, per avere la scusa di curarle.
Ora, se quest'ultimo punto vi possa aver confuso, per spiegarlo meglio, userò un racconto che un mio amico una volta mi spiegò: "Luca <disse questo mio amico> devi sapere che c'è un gommista nel quartiere dove abito, che nelle giornate di poco lavoro, manda un suo operaio a seminare chiodi nelle vicinanze della loro officina, in modo che in quelle giornate di poco lavoro, si generano clienti non per consuetudine, ma per bisogno creato.”
Ora, quanto questa storia possa essere vera, non mi è dato sapere; ma imparando il meccanismo di come funziona il mondo, la cosa non mi stupirebbe più di tanto se fosse vera.
Quello che sta accadendo nella nostra attuale società, mostra miliardi di persone apparentemente sane, prendere continue medicine, eseguire continue cure, eppure sembrano sempre più malati, e questo vale sia per i mali fisici, che per i disturbi mentali. Ma se fino ad oggi, le prime cause di morte sono sempre state legate ai problemi cardiovascolari, si stima che tra un paio di anni, le prime cause di morte saranno legate ai problemi mentali.
Ma com’è possibile che da quelli che erano semplicemente definiti dei disturbi mentali, si possa passare alla prima causa di morte? In un'epoca in cui il consumismo è alla base dell'economia, e l'economia è legata alla vendita della produzione, ogni azienda è a sua volta legata ad incrementare le sue attività per stare al passo con la domanda, e a far generare la domanda, non è la consuetudine, ma il bisogno creato attraverso la pubblicità, la moda, e tanto altro (ricordate la storia del gommista). Così, che tutti siamo sottoposti ad uno stress lavorativo per produrre, e allo stesso tempo, siamo inconsciamente stimolati, per acquistare ciò che produciamo, in modo che la ruota non si ferma. Tuttavia, questo vortice, ha generato l'effetto collaterale circolo vizioso. In sintesi, quello che sta accadendo, è un malessere collettivo per via del sovraccarico cognitivo causato dall’enorme quantità̀ di informazioni che riceviamo e che non siamo in grado di gestire. Si stima che ogni giorno riceviamo circa 70 mila informazioni, un enorme carico anche per il nostro sofisticato cervello che non riesce a gestirle tutte, e l'effetto che si ha, è come quando siamo dentro un supermercato, e ci troviamo davanti lo scaffale del the, e a nostra disposizione abbiamo dozzine di marche da the, e rimaniamo ipnotizzati non sapendo quale prendere.
A questo, si associa il sovraccarico delle molteplici attività ed impegni a cui siamo ogni giorno sottoposti (lavoro, palestra, casa, famiglia, figli (e loro attività), marito, moglie, cane, gatto, genitori, amici, uscite, hobby, viaggi, ecc).
L’insieme di questi due elementi, stanno avendo un impattano terribilmente fenomenale nel nostro stato d’animo, portandoci per la prima volta come non mai vicino al burnout (ovvero l’esaurimento); e qui arriviamo alla questione dell’emancipazione delle donne.
I molteplici ruoli o compiti, che oggi le donne ricoprono nel contesto sociale, espongono le donne ad un rischio più alto della media, di soffrire di disagi psichici.
Le donne, infatti, sono costrette a sopportare il peso delle responsabilità essendo mogli, mamme, e allo stesso tempo “donne in carriera”, o forse sarebbe il caso di dire: donne impiegate nello svolgere un lavoro!
La nostra epoca, vede sempre più donne illuse di essere diventate più indipendenti grazie alla loro carriera (come ho già detto sarebbe meglio dire: grazie al loro impiego). Ma la realtà è ben diversa da vedere principalmente le donne come finalmente "autonome", perché le donne sono solo più sovraccaricate di responsabilità, di impegni e di faccende da svolgere.
Il risultato, è che le donne non stanno più riuscendo a gestire tutte queste cose, perché tutto è diventato "troppo" anche per loro che da sempre sono multitasking.
Le donne non solo non stanno più riuscendo a gestire tutto questo carico, ma si sentono realmente come se non stessero più potendo vivere la loro vita.
Le donne della nostra epoca sono talmente stanche e stressate da essere ad un passo da un crollo oltre che fisico anche emotivo.
Ecco perché reputo che i molteplici messaggi mediatici che sempre più invitano le donne all'indipendenza, ad essere resilienti di fronte alle sfide, a vedere il matrimonio non più come una realizzazione, perché per loro dovrebbe venire prima seguire le proprie passioni o la loro carriera che le renderà donne più sicure e realizzate, risulta essere una mera bugia!
Alla luce di come stanno andando le cose, le donne vivono il contrario di ciò che questi messaggi persuasivi tentano di far credere.
E se qualcuno abbia la brillante idea di accusare come capro espiatorio il matrimonio, i figli o il marito, cercando di far passare il messaggio che quelli sono la vera causa del malessere della donna, perché non le lasciano il tempo di realizzarsi, la domanda nasce spontanea...,
"Come mai a rischio di burnout (esaurimento) ci sono anche le donne single?"
Anzi, a dirla tutta, leggete bene cosa ha scoperto una recente ricerca sull'argomento: "le donne senza figli sono più frequentemente lavoratrici precarie, con bassi redditi, e non sono necessariamente manager in carriera!"
Ma pensate davvero che la soluzione risolutiva sia quella di estrapolare la donna dal suo ruolo di essere donna?
La cosa primaria che differenza la donna dall'uomo, è che questa ha il privilegio di mettere al mondo un figlio.
Scusate se è poco!
Ma prima di sentenziare che questo sia un pensiero maschilista, vi invito a dare uno sguardo ad un altro personaggio fortemente a rischio di burnout.
Signore e signori, ecco a voi l’uomo di quest’epoca.
Si, perché per aiutarvi a capire ciò che intendo esprimere, leggete bene cos'altro ho da dire.
Questa è la fotografia dell’uomo attuale:
L’uomo è sempre più impegnato nel suo lavoro, anche perché, oltre permettergli di campare, l'uomo vede il lavoro come uno dei pochi spazi a sua disposizione in cui ricercare quel successo che dovrebbe appagare il suo ego.
Purtroppo per lui, questo successo, nella maggior parte dei casi non arriverà mai, facendo vivere l'uomo nella continua frustrazione di non aver raggiunto nessun risultato.
Anche per questo l’uomo sente il bisogno di dover assistere al rincorrere di 22 persone dietro una palla, in mezzo ad un campo, e l'uomo si esalta ancora di più, quando vede rotolare la palla dentro una rete. Perché attraverso questa esperienza, l'uomo, presume di appagare, pur se in minima parte, quel suo bisogno esistenziale di raggiungere il successo, anche se questa pratica, non riesce a risanare l'orgoglio ferito dell'uomo, che spesso si sente incapace di essere un buon capo famiglia, un buon padre, ed un buon marito.
La continua frustrazione di non essere in grado di poter rispondere perfettamente alle sue responsabilità, responsabilità rese incolmabili per via delle sempre più inarrivabili aspettative generate dal consumismo che anche la sua famiglia impone (moglie e figli), lo fanno sentire inutile. Se poi a questo, associamo la fatica che gli viene chiesto d sopportare in modo incessante nel suo lavoro, fanno dell’uomo umiliato, un personaggio altrettanto ad alto rischio di esaurimento, cosicché, il suo istinto primitivo che risiede ancora in lui, lo conduce a trovare una valvola di sfogo reagendo allo stress con la forza mascolina che lo caratterizza rispetto alla donna.
Davanti a questo penoso stato d’animo in cui riversa l’uomo, cosa gli si dovrebbe mai suggerire?
Forse parole come: uomini, dimenticatevi dei vostri doveri. Uomini, non pensate alle vostre mogli. Lasciate perdere i bisogni dei vostri figli. Piuttosto, iniziate a pensare prima a voi stessi, e ai vostri bisogni, vivendo la vostra vita per come vi pare e piace?
Inoltre, uomini, smettete di guardare al matrimonio come ad un piacere; ma seguite la carriera.
Ora, se davvero si proponesse all’uomo e alla donna di ragionare in questo modo, sapete cosa accadrebbe nelle società di tutto il mondo: l’effetto sarebbe devastante!
Una collettività è tale perché si basa sul rispetto della reciprocità, ma per formare una collettività, si passa prima dal nucleo che compone quella collettività, ovvero l’unione tra un uomo e una donna, che insieme costituiscono la FAMIGLIA!
Quindi, se vogliamo preoccuparci del benessere mentale, l’obiettivo dovrebbe essere quello di promuovere la salute di tutte le persone!
I messaggi mediatici che pongono una rivoluzione del ruolo della donna, proiettano verso un futuro disastroso, e a chi ci vede in queste mie parole un'espressione maschilista, rinfresco la memoria dicendo che io non sto dicendo che la donna dev’essere schiava dell’uomo!
Anzi, vi dirò di più!
Dio insegna che per avere un buon matrimonio, ci sono dei principi basilari su cui ogni uomo, e ogni donna, dovrebbero fondare la loro unione coniugale.
La Bibbia dice chiaramente in Efesini 5: 22-24 Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti, come al Signore; 23 il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, lui, che è il Salvatore del corpo. 24 Ora come la chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli devono essere sottomesse ai loro mariti in ogni cosa.
Ma cosa significa che una moglie deve essere sottomessa al marito?
Come ha chiaramente espresso il versetto biblico, la chiesa è sottomessa a Cristo, nel senso che la chiesa non va in contrasto con Gesù, perché accetta la guida di Gesù riconoscendolo come colui che si è Sacrificato per la Chiesa.
Con lo stesso principio, sì esprime che le mogli devono essere sottomesse ai loro mariti.
Ma attenzione, perché non va confuso il ruolo del marito.
Il marito infatti ha un ruolo di guida e non un ruolo autoritario o dispotico, o annichilente verso la moglie.
Il marito non è sovrano della moglie, ma non deve nemmeno cadere nella condizione opposta, ovvero, che per pena verso la moglie che pensa di essere dominata, attua un atteggiamento remissivo, al punto da caricare sulla donna ogni responsabilità.
Il marito deve semplicemente avere nei confronti della moglie, lo stesso atteggiamento che ha avuto Gesù Cristo verso la chiesa, ovvero, prendersi cura di lei, nutrendola e curandola, mettendola con amore davanti a sé.
La Bibbia, infatti, da una precisa indicazione ai mariti:
Efesini 5:25-26: Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato sé stesso per lei.
Questo è l’esatto modello che i mariti devono seguire nell’amare le proprie mogli, ovvero di sacrificarsi per loro.
Ora, questa inequivocabile spiegazione, ci fa capire che l’amore e il rispetto deve caratterizzare sia il ruolo del marito che della moglie, perché solo in questo modo l’essere il capo della famiglia, o il sottomettersi, non saranno un problema né per il marito, né per la moglie.
Ma quando questi due compiti dati ai mariti e alle mogli vengono meno, quello che accade è conseguenziale, ovvero una società disfunzionale come quella in cui ci troviamo!
Le frustrazioni dell'uomo e della donna che ho descritto prima, sono appunto generate dal tentativo di smantellare quella che da sempre è la primaria istituzione, ovvero il matrimonio e la famiglia.
Il concetto di mettere sé stessi prima degli altri, va contro il principio della famiglia, per il semplice fatto che quel concetto, renderebbe qualsiasi società solo più egoista.
Mentre la famiglia, si fonda sul un circolo virtuoso, che è quello di prendersi cura dei suoi componenti.
La famiglia mette gli altri prima di sé stessi, perché con questo sano principio, tutti si ritroveranno serviti, perché ognuno verrebbe messo dai propri cari prima di loro.
Per prevenire le frustrazioni di cui abbiamo già parlato, sia l’uomo che la donna devono attentamente riordinare le proprie priorità e seguire le istruzioni bibliche sui ruoli, per riequilibrare la loro vita sociale, coniugale e di famiglia.
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Ogni persona, che sia uomo o donna, ha bisogno di curare il suo fisico, come anche la sua mente, il suo animo, il suo stato emotivo, ma anche quello spirituale.
Ma la realtà della società attuale, mostra che la maggior parte delle persone pur mettendo sé stesse al primo posto, non riescono ugualmente a risanare i propri bisogni, e non per mancanza di tempo, ma per incapacità di prendersi cura di sé.
Questo è confermato dalle continue dipendenze in cui sempre più persone cadono.
Sapete invece cosa aiuta una persona dipendente ad uscire dalla sua dipendenze?
A fare uscire dalla dipendenza un dipendente, è l'aiuto che altre persone danno a quello!
Ecco perché abbiamo realmente bisogno l’uno dell’altro, perché sarà l’altro a prendersi cura di noi e appagare i nostri bisogni, mentre noi dovremmo impegnarci ad appagare quelli dell’altro, e questo lo conferma anche la Bibbia in Galati 6:2 Portate i pesi gli uni degli altri.
Avere attorno a sé persone che ci fanno sentire amati non ha prezzo, infatti sempre nella Bibbia, in Giovanni 15:13 c’è scritto: Nessuno ha amore più grande di quello di dare la sua vita per i suoi amici.
La carriera, invece, ci vede proiettati in un ambiente che richiede sempre più uno stato di perenne vigilanza. Una vigilanza che ci tuteli dal commettere errori, e dal difenderci dalle insidie di chi vorrebbe farci le scarpe.
Ecco perché, nelle lunghe ore di lavoro, il nostro sistema nervoso vive ininterrottamente in uno stato di difesa, cercando di proteggersi da qualcuno o da qualcosa che potrebbe accadere.
Quando puoi finiamo la nostra giornata di lavoro, istantaneamente ci afflosciamo, ritornando in una apparente modalità “normale” ma senza più le giuste energie mentali, perché spese tutte durante la nostra giornata di lavoro impiegate a stare in vigile attesa.
A questo punto quale potrà mai essere l’effetto di tutto questo?
Quando torniamo a casa, siamo esausti e svogliati, senza forza, senza motivazione, senza voler sentire gli altri, senza voler prenderci cura degli altri, e quando qualcuno dei nostri cari richiede un nostro ulteriore sforzo, ci rifiutiamo, o ci lamentiamo di doverglielo dare.
E quando invece qualcuno ci crea un imprevisto, troviamo le forze per andare su tutte le furie, pur se non abbiamo le giuste energie nel voler gestire l'imprevisto.
Tutto questo, purtroppo genera malumori tra marito e moglie.
Questi del resto, sono oramai troppo stanchi per prestarsi le dovute attenzioni.
Danno per scontato che la moglie, o il marito, debbano comprendere la loro stanchezza, ma non si rendono conto, che loro per primi, non riescono a tollerare, o comprendere la stanchezza dell'altro.
Questa condizione, diventata una routine, alla lunga, con la complicità dei problemi economici, della gestione della casa e dei figli, e di altre pressioni esterne in cui tutti sono oramai immersi, li portano a convincersi ingenuamente, di essere arrivati al capolinea di quell’eterno amore che si erano giurati, quando invece, non si rendono conto, che basterebbe così poco per riprendere tutto in mano!
IN CONCLUSIONE:
Mi è difficile condividere il fatto di dover a tutti i costi distogliere la donna dal suo principale e meraviglioso ruolo che ha, dovendola per forza “spostare” dalla sua posizione centrale che ha nella famiglia.
Il fatto che sia la donna ad avere maggiore controllo sulla famiglia e della gestione dei figli, non significa che l’uomo sia escluso dalle stesse responsabilità che ha la donna. L’uomo è compartecipe della gestione della famiglia e della casa, allo stesso modo di come la donna dev’essere compartecipe alla gestione delle faccende fuori casa. Ma l’attitudine di gestire le faccende familiari secondo i ruoli tradizionali è un istinto naturale e spontaneo.
La famiglia ruota in torno alla donna perché Dio ha reso questa straordinaria creatura capace di prendersi cura in modo armonioso quello che è il primo nucleo che compone la società.
Con questo non sto dicendo che la donna non debba lavorare. Anzi, la donna deve avere gli stessi diritti e le stesse opportunità di un uomo sia in ambito lavorativo che sociale, ma cercare di convincere le donne, che il loro primario bene è seguire più la carriera, è una sporca bugia.
Un conto è il bisogno economico di dover andare a lavorare, un altro conto è il piacere di scegliere di lavorare.
Anche perché: “un figlio non vale forse più di uno stipendio”?
O “una famiglia non è forse più preziosa di una carriera”?
Uno stipendio si consuma entro la fine del mese successivo, e una carriera può finire in qualsiasi momento anche solo per diminuzione del personale, “ma una famiglia rimane per tutta la vita”!
Io e mia moglie abbiamo 4 figli (per i più curiosi: tutti figli nati all’interno dello stesso matrimonio).Quindi lascio immaginare come sia complessa la nostra organizzazione quotidiana per gestire una famiglia di sei componenti dove tutti sono attivi, tra scuola, lavoro e attività dì qualsiasi genere.
Sia io che mia moglie ricopriamo ruoli apicali, ma mia moglie ha da sempre esternato il desiderio di dedicarsi più ai figli che alla carriera, ed il paradosso, è che sono sempre stato io a stimolarla verso la carriera, e mia moglie mi ha sempre ricordato “quanto sia più importante l’essere mamma che una donna in carriera”!
Le donne, dovrebbero quindi rinunciare per amor della carriera alla cosa più bella che la vita gli offre, ovvero essere una donna amata dal proprio principe azzurro, per poi coronare tutto con l’arrivo di un figlio, e diventare MAMMA?
Davvero le donne dovrebbero rinunciare a ciò che hanno sempre sognato fin da bambine solo per ritrovarsi dentro un lavoro tra l'altro oggi sempre più precario, sempre più mal pagato, e sempre più sfiancante, che ad un certo punto della carriera ti getterà quando sarai troppo in là con gli anni?
Ebbene, leggete attentamente queste ultime parole: Secondo un sondaggio pubblicato su People management, l'80% dei lavoratori sarebbe pronto a rassegnare le dimissioni per colpa di una cultura aziendale tossica, tantoché, nel 2022 in Italia i licenziamenti volontari sono stati 2,2 milioni.
Ed ora leggete attentamente, perché i numeri che riguardano le dimissioni volontarie avvenute nel 2022, vedono il 75,4% presentato dalle donne, e solo il 24,6% dagli uomini.
Ora, alla luce di questi inequivocabili dati, non credo che la carriera sia la strada giusta per far sentire una donne, "donna di successo"!
Come ho scritto di recente in un post in cui celebravo mia moglie nel giorno del suo compleanno, ricordo che, esistono donne che passano la loro vita mettendo sé stesse sempre al primo posto, dando valore a cose ridicole, come oggetti costosi da indossare o da possedere, ma che non arricchiscono l’anima.
Questo tipo di donne pensano incredibilmente di essere un modello da imitare.
Grazie a Dio, ci sono anche donne, che passano la vita mettendo gli altri prima di loro, dando valore a ciò che riempie la loro anima, queste non sono donne di successo ma sono donne virtuose e quindi da imitare, e GRAZIE A DIO, HO LA BENEDIZIONE DI AVERE UNA MOGLIE CHE VIVE IN QUESTO MODO.
Per questo, penso che se una donna o un uomo non dovesse considerare il matrimonio come qualcosa da realizzare per costruire quello che sarà il rapporto umano più importante di tutti, dopo qualche decennio non ci sarebbe più bisogno di parlare di donne libere ed emancipate, o di inclusione, perché non esisterebbe nessuna società per via di un’estinzione di massa causata dall’egoismo di essersi voluti mettere al centro di tutto, o di aver voluto dare priorità alla propria carriera!
Per chi non lo sapesse, è Dio che ha istituito il matrimonio, ed è Lui che lo vuole con la distribuzione di questi precisi ruoli, e chiunque ha un vero rapporto con Dio non oserebbe mai lasciare, o trascurare, o trattare male il proprio coniuge.
Decidere di separarsi non è causato dalla mancanza di amore, quanto per la mancanza di voglia di difendere quell’amore.
Il fulcro di tutto questo, e appunto la mancanza di voglia di sacrificarsi per l’altro.
Quando due persone litigano, il problema non è la loro differente veduta di opinioni, ma la mancanza di sacrificio, nell’accettare quella diversa opinione.
Il sacrificio invece, ti permette di superare le incomprensioni.
Dio ha insegnato, che occorre amare il proprio coniuge con sacrificio se si vorrà mantenere saldo il proprio matrimonio.
I mariti, come anche le mogli, devono sacrificarsi per il bene del proprio coniuge, perché come ricorda 1 Giovanni 3:16, l'amore sacrificale riflette il carattere di Dio.
Da questo abbiamo conosciuto l'amore: egli ha dato la sua vita per noi; anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli.
Matteo 7:12 Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro;
Il matrimonio rappresenta molto di più della felicità romantica, della compagnia o delle relazioni sessuali, il matrimonio è la più importante istituzione divina, perché Dio creò il matrimonio per il nostro bene.
Quando Dio ha creato l'umanità (Adamo ed Eva), attraverso il matrimonio Dio avvio il Suo scopo, ovvero di far nascere più esseri umani che riflettessero la Sua immagine.
Genesi 1:26-27 26 Poi DIO disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, … ... 27 Così DIO creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di DIO; li creò maschio e femmina.
Avere l’“immagine” o la “somiglianza” di Dio significa, che siamo stati fatti per assomigliare a Dio a livello mentale, morale e sociale. Dio ha tanto interesse nel mantenere intatti i matrimoni, perché l'unità familiare è l'elemento costitutivo di qualsiasi società, mentre il dilagante divorzio ha un impatto negativo perfino nella collettività, e chiunque distrugge un matrimonio, sta rovinando l’immagine di Dio nella propria vita, e allora c’è un vero problema spirituale. Ma Dio ci incoraggia a riconciliarci, pur se tocca affrontare dolori e frustrazioni, perché c'è sempre la possibilità di rimediare!
Atti 20:35 "C'è maggior felicità nel dare che nel ricevere!"