L'impotenza appresa: ossia la corda dell'elefante
Perché alcuni individui si arrendono facilmente di fronte alle avversità e altri non si arrendono mai?
L’impotenza è lo stato psicologico in cui nulla di ciò che si decide di fare ha un effetto su ciò che accade. La rinuncia, l'abbandono e la resa che segue la convinzione che non si potrà avere alcun ruolo nell'esito di un determinato evento. Un pensiero del tipo «Qualsiasi cosa io faccia non ha alcun valore» può portare un individuo a delegare il controllo delle cose alle circostanze.
L’impotenza appresa è stata studiata da Seligman attraverso un dispositivo sperimentale. Nel 1975, sottopone tre cani a tre condizioni differenti: il primo cane è sottoposto a una serie di scosse evitabili, il secondo a una serie di scosse identiche ma impossibili da sfuggire, infine il terzo cane è utilizzato per controllo e non lo si sottopone ad alcuna scossa.
Successivamente, i cani sono posti all’interno di una gabbia con una barriera bassa, all’interno della quale ai cani è reso possibile sfuggire con un semplice salto della barriera che delimita il box.
Il primo cane, che ha precedentemente imparato a controllare le scosse, reagisce saltando la barriera; lo stesso accade per il terzo cane che precedentemente non ha subito alcuna scossa. Per quanto riguarda il secondo cane, che ha precedentemente fatto esperienza dell’inefficacia delle sue reazioni, quando è sottoposto alle scosse non fa alcun tentativo di reagire, nonostante possa facilmente vedere la bassa barriera che lo separa dalla zona libera da elettricità, non fa alcun tentativo di scappare e si arrende, rimanendo sdraiato e subendo passivamente le scosse nel box.
Gli animali che hanno sperimentato eventi per i quali non c’è stata possibilità di fuga, apprendono l’inutilità delle proprie azioni a fronte delle scosse e rinunciano a reagire.
Se per i cani era stato possibile apprendere un concetto complesso come l’inefficacia delle proprie azioni, lo stesso poteva accadere agli esseri umani che sperimentavano impotenza.
Anche se abbiamo le risorse per superare un problema, non le mettiamo più in pratica. Questo è l'essenza dell'impotenza appresa.
L'elefante viene legato da piccolo e non riesce a liberarsi, nonostante i tentativi. Dopo impara che è inutile tentare e smette. Da grande non farebbe fatica a liberarsi, ma ha imparato che non c'è nulla da fare e non ci prova neppure più.
Si instaura così un circolo vizioso, dove si assiste a una continua svalutazione e a fallimenti conseguenti.
Esempio: un bambino che ha difficoltà a svolgere i compiti di matematica a lungo andare inizierà a pensare che non potrà in nessun modo migliorare le sue capacità. E quando da adulto si troverà ad affrontare un qualsivoglia problema inerente alla matematica si sentirà incapace di risolverlo.
Anche le osservazioni cliniche e sperimentali sugli esseri umani dimostrano che quando gli individui non possono percepire una qualche correlazione fra le proprie azioni e la probabilità di ottenere certi risultati si può instaurare un deficit motivazionale, cognitivo, emozionale tale da impedire qualsiasi progresso: un’esperienza di perdita di controllo che porta ad accettare passivamente gli eventi, anche i più minacciosi.
Parallelamente, molti studi dimostrano che una visione ottimistica e una fiducia nella propria capacità di controllare gli eventi rinforza la motivazione ad agire, migliora la performance e la risposta ai feedback e facilita il raggiungimento del risultato.
Service Manager at GRUPPO VENCO SPA
8 anniGrazie per aver condiviso questo interessantissimo punto di vista.
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8 anniCaro Andrea, prendo spunto da questo bel post per una ulteriore riflessione sulle possibili derive dell’impotenza appresa da cui si può scivolare facilmente nel mito del “pensiero positivo” e del “volere è potere”, rischiando, di fatto, di negare la realtà. Infatti un conto è sostenere, giustamente, che il pensiero influenza la realtà. Un conto è far passare come verità indiscutibile che il pensiero, da solo, cambia la realtà, rendendola ininfluente. Spesso c’è il rischio di confondere i due piani e credere che i limiti sono solo nella tua testa e il tuo pensiero cambierà il mondo. Affermare che a forza di crederci le cose diventano vere è un elemento terribile di infantilismo. E tende a negare qualsiasi esame di realtà e pensiero critico. Sulla critica al pensiero positivo segnalo alcuni post di Massimo ferrario pubblicati sul suo blog, tra cui questo: http://masferrario.blogspot.it/2015/02/spilli-pensiero-positivo-e-pensiero.htmlhttp://masferrario.blogspot.it/2015/02/spilli-pensiero-positivo-e-pensiero.html .
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8 anniGrazie Andrea, questo articolo molto interessante ci aiuta a riflettere ma quali sono le strategie che occorre mettere in campo per uscire da questo circolo vizioso?
ITOps
8 anniGrazie mille, grande insegnamento 😁
Retired Recruiter, Mgt Consultant, Int'l Econ/ForRel. Now, some relief missions, skiing,biking, kayaking, volunteering
8 anniQuesto è ciò che il grande governo mano-out, e buttato giù le prove di formazione stanno facendo negli Stati Uniti.