MA È DAVVERO FUNZIONALE?
Guida alla sopravvivenza. Parte I
Da qualche anno a questa parte la disciplina del cosiddetto “allenamento funzionale” ha preso sempre più piede.
Sono nati come funghi interi corsi di allenamento funzionale, functional training, functional fitness ecc …i quali hanno spopolato perché è una cosa diverso, è varia, o semplicemente perché piace.
Ovvio che preparatori e coach hanno però storto il naso. Molte volte gli esercizi proposti sono di difficile classificazione e più legati alla fantasia. Se da una parte non vi è una vera definizione di esercizio funzionale, dall’altra ve ne sono varie e se ne abusa dicendo che tutto è funzionale.
In effetti le definizioni di esercizio funzionale sono varie. Basta cercare su Google per trovare quella che più fa al caso nostro il che, se da una parte può dare uno stimolo alla ricerca, dall’altra non da una base per definirne i confini.
Se non si ha una definizione precisa o se ne hanno troppe (e tutte vanno bene), l’unico modo per uscirne sono i numeri, l’approccio scientifico e un po’ di spirito critico. Ma andiamo per ordine.
Credit: Google Immagini
Partiamo dalle DEFINIZIONI:
1- L'allenamento funzionale affonda le sue radici nella branca della riabilitazione.
Soprattutto in principio, l’esercizio funzionale proponeva esercizi molto simili alle attività domestiche e lavorative, al fine di far riguadagnare tali capacità perdute dai soggetti in seguito traumi o interventi chirurgici.
Fonte: mypersonaltrainer
2- Per ginnastica funzionale (o allenamento funzionale) si intende un'attività motoria eseguibile in palestra o all'esterno finalizzata a migliorare il movimento dell'uomo e della donna e l'esplicazione delle funzioni motorie quotidiane.
Fonte: wikipedia
3- Schemi motori universali per il coinvolgimento dei muscoli, si sviluppano dal “core” alle estremità, sono movimenti composti che coinvolgono più articolazioni
Fonte: The Crossfit Training Guide – Level 1
Come vedete nelle definizioni che ho preso, ma ve ne sono molte altre, 2 definizioni su 3 hanno una base in comune: il “mimare” movimenti che si possono ripetere nella vita quotidiana (che poi sono quelle che vanno per la maggiore abusando dell’aggettivo funzionale). Invece l’ultima codifica un terzo tipo di movimento e qui spesse volte gli addetti ai lavori cadono nel tranello del “tutto è funzionale”.
L’aggettivo funzionale è stato molto abusato negli anni, perché “fa figo”, perché è diverso, perché alla fine ha portato una ventata di novità nel mondo del fitness, ma in realtà cosa è davvero funzionale per chi si allena sporadicamente, più spesso o persino per l’atleta?
Già qui abbiamo 3 soggetti diversi che non hanno la stessa definizione di allenamento funzionale in base a ciò che praticano.
Chiediamoci cosa può essere funzionale per un arrampicatore? E per un calciatore o un nuotatore? Per la signora Pina che prende in braccio i nipoti cos’è funzionale?
Come dicevo un pelo di spirito critico, di elasticità mentale, ma soprattutto capire chi si ha di fronte. A volte bastano 3-4 regole per avere un modello che si adatta a molte persone.
Bisogna quindi contestualizzare le varie richieste che si pongono davanti.
Prendiamo per esempio lo squat, anzi il front-squat.
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· Per un’atleta questo esercizio sarà funzionale se lo esegue con un peso pari a 1,3 – 1,5 volte rispetto al proprio peso corporeo, richiesta che varia anche in base allo sport praticato perché, per esempio, per un pesista olimpico sarà almeno due volte il proprio peso, almeno)
· Per chi lo allena sporadicamente in palestra si può arrivare al proprio peso o a muovere un quintale.
· Per la signora Pina basterà che riesca ad arrivare a muovere il proprio peso corporeo e sarà già un risultato fuori dalla media molto probabilmente ma che le darà trasfer nei movimenti di tutti giorni.
Quindi stesso movimento ma contestualizzato in base alle richieste del soggetto che si ha di fronte.
Spesse volte invece si cade nel tranello della troppa variazione degli esercizi per non far stancare i clienti applicando quello che funziona per il recupero funzionale e riabilitativo (vedi prima definizione, motivazione primaria della nascita di questo tipo di allenamento) piuttosto che concentrarsi sulle componenti della forza, resistenza, velocità, coordinazione ed equilibrio.
Se ci pensate queste componenti (che tra l’altro richiamano quelle della pesistica olimpica) sarà difficile trovarle eseguendo uno squat su un Bosu (v. immagine a sinistra), in uno squat monopodalico attaccati ad un TRX, o un piegamento su una stability ball, e difficilmente daranno un transfer reale rispetto alla vita quotidiana o a movimenti sport-specifici.
Darà più transfer di forza, equilibrio, coordinazione eseguire 3 serie da 10 piegamenti in verticale (handstand push-ups) o eseguirne sempre 3 set da 10 ripetizioni su una stability ball?
Se state pensando “si ma sono difficili da imparare come movimenti, non ce la faccio!”, ponete questa opzione in termini di efficienza di tempo. Mentre la signora Pina sta imparando tutte le fasi per eseguire il suo primo handstand-pushups, il suo primo strappo olimpico, il suo primo squat con il peso corporeo, voi vi state allenando per movimenti che non avranno transfer in nessuna attività che praticate.
E a quel punto se alla signora chiedete di fare un piegamento su un piano instabile, o uno squat mono podalico riuscirà ad eseguirlo, voi invece non riuscirete a riprodurre lo squat con il peso che muove lei.
Purtroppo la realtà è molto più disarmante e semplice di quello che si crede. Cit. Anonimo
Lasciamo stare la signora Pina e prendiamo un esempio tanto caro alla popolazione nazionale: il calciatore!
Nel calcio (ma pensiamo anche al rugby o al basket) abbiamo cambi di direzione, scatti, salti, che richiedono una certa padronanza del corpo.
E’ meglio prepararlo facendogli eseguire strani esercizi usando fitball perché è ancora presente la vecchia leggenda del “i pesi rallentano” (ricordiamoci che potenza = FORZA x velocità, si dovete essere forti in relazione a ciò che fate); o è meglio insegnarli a capire come si muove il proprio corpo nello spazio, strutturando una parte superiore del corpo in grado di assorbire impatti di vario genere (da spallate alle cadute a terra) e rinforzando la parte inferiore in modo che abbia una carriera con una minore probabilità di infortunio (Cristiano Ronaldo docet)?
Potrei continuare a fare esempi sugli arrampicatori che fanno trazioni con 40-50kg di sovraccarico, piuttosto che nuotatori che allenano le trazioni zavorrate o i muscle-up, per passare dai corridori che allenano, sempre tramite sovraccarichi la catena cinetica posteriore per evitare infortuni o strappi muscolari.
Se da una parte abbiamo che molti esercizi sono funzionali alle richieste specifiche per una data persona; dall’altra dobbiamo considerare che devono essere sempre applicati e contestualizzati. Non avrà senso che un arrampicatore mi esegua uno squat con 200kg se poi non riesce nemmeno a farmi una trazione; piuttosto che un rugbysta che, esegue si le trazioni, ma non riesce a squattare o staccare da terra gli stessi 2 quintali.
Come non avrà senso che la signora Pina (che ormai mi ha fatto causa) mi corra i 5km sotto i 20 minuti, ma avrà più senso allenare la sua capacità aerobica in modo che non poi abbia il fiatone per fare le scale, o la sua forza resistente in modo che non senta i DOMS il giorno dopo una camminata in montagna.
Quindi, per allenare in modo funzionale, bisogna sapere le richieste specifiche per un determinato sport e/o che capire chi abbiamo davanti, e somministrare i corretti esercizi.
La base di partenza è comunque sempre la stessa:
- Deve essere un minimo sfidante per la persona che lo esegue;
- Eseguito con una tecnica corretta;
- Eseguito con un determinato carico o per determinate ripetizioni;
- Contestualizzato sul soggetto
Se non sapete di cosa sto parlando e volete approfondire sapete dove trovarmi
Federico Mainenti - Fitness coach