Nel cuore delle Marche
Alla scoperta dei bronzi dorati di Pergola
Era da un po' di tempo che desideravo recarmi a Pergola per ammirare quei bronzi dorati che attendono il visitatore curioso nell'ex convento di San Giacomo e di fare due passi lungo le vie del centro. Per raggiungere la cittadina situata nella parte meridionale della provincia di Pesaro e Urbino è necessario inerpicarsi per le ripide e tortuose strade tipiche di questi luoghi.
Tuttavia, è proprio la morfologia complessa di un territorio a volte racchiuso in fitti boschi di carpini e querce, altre reso fecondo dalla più che millenaria presenza umana nelle pianeggianti valli coltivate ai piedi del Catria a lasciare meravigliati. Un patrimonio storico-paesaggistico che molto presto sarà ancora più facilmente accessibile e alla portata di tutti. Infatti, è di poche settimane la notizia che nei prossimi mesi è prevista la riattivazione per scopi turistici della tratta sospesa Fabriano-Pergola.
La nascita di questo borgo, però, non è riconducibile alla dominazione romana, bensì è legata ai traffici commerciali che in epoca Medievale percorrevano i sentieri accidentati tra Iguvium, l'odierna Gubbio, e le comunità del litorale adriatico. In effetti, è bene sapere che, durante l'età antica, l'area in cui oggi si trovano Pergola e i piccoli gruppi di case sparse per il suo territorio comunale era interessata dalla presenza diffusa di domus ma non di un esteso centro urbano di riferimento identificabile con la città attuale. Stando alle fonti, essa dovette sorgere molto più tardi come luogo di sosta poco prima o poco dopo le ripide e arzigogolate mulattiere che consentono ancora oggi di superare il monte Catria e di ridiscendere a valle nei pressi di Gubbio.
Quest'ultima, sin dal 1155 e per volere dello stesso Federico Barbarossa aveva annesso il territorio pergolese ed è dagli atti notarili conservati nel suo archivio comunale che veniamo a conoscenza di un'importantissima donazione da parte di nobili eugubini in favore dei sindaci di Serralta e di alcuni massari di Monte Episcopale. Infatti, le clausole dell'accordo prevedevano tra l'altro la costruzione di un abitato fortificato in Colle Pergulae, il colle della Pergola, non lontano dal ben più antico Forum Cinischi che, come il toponimo lascia intendere, era situato in posizione commercialmente e militarmente favorevole a poca distanza della convergenza del Cinisco col Cesano. Il nome Colle della Pergola è probabilmente riconducibile ad un pergolato di viti caratteristico della chiesa di Santa Maria della Pergola, nota oggigiorno come Santa Maria di Piazza.
Da allora, questa ospitale cittadina si è andata arricchendo di preziose opere d'arte e ha dato prova di una lodevole vivacità economica, distinguendosi per le sue stoffe e l'operosità delle sue botteghe tintorie, ma anche per le miniere di zolfo, la pelletteria ed il buon vino. Inoltre, i pergolesi nel corso del Risorgimento hanno in più di un'occasione espresso con coraggio la loro adesione al sogno di un'Italia unita.
Al mio arrivo è stato facile sia trovare parcheggio, gratuito e a pochissimi metri dall'ingresso, sia visivamente individuare il museo dove è conservato il gruppo scultoreo. L'accoglienza è stata ottima e in men che non si dica ho ricevuto indicazioni semplici, ma dettagliate sulla disposizione delle varie opere e collezioni all'interno dei diversi spazi in cui sono ospitate. La sala dedicata ai bronzi tradisce ancora il sapore timido del raccoglimento religioso ed il contatto con l'opera d'arte è immediato, senza filtri. Le sculture, al di sotto di una splendida raffigurazione di Maria incoronata regina del cielo e della terra (V mistero glorioso), si rivelano in tutta la loro lucentezza dorata, ricca di particolari e di dettagli simbolici. Il "virtuosismo artigianale" che li caratterizza è ciò che davvero li rende unici ai nostri occhi abituati allo stupore ovvio delle tecnologie moderne.
Il loro ritrovamento in località Santa Lucia di Calamello, non lontano da Cartoceto di Pergola, è da molti considerato una delle scoperte archeologiche di reperti di età romana più importanti del XX secolo. Nel giugno del 1946, in occasione di uno scavo per la realizzazione di un canale di scolo per le acque piovane, i fratelli Peruzzini rinvennero dapprima uno zoccolo e poi numerosi altri frammenti in bronzo dorato. Ben presto la soprintendenza archeologica delle Marche se ne interessò ed ebbe cura di incaricarne il restauro al laboratorio della soprintendenza delle Gallerie di Firenze.
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Il restauro ed il paziente lavoro di ricomposizione dei vari elementi superstiti durarono fino al 1987 e fu particolarmente travagliato a seguito di complesse vicissitudini che li videro fare avanti e indietro tra Ancona e Firenze per troppo a lungo. Furono, però, anni in cui la loro fama crebbe a dismisura poiché le teste dei cavalli fecero il giro del mondo, da New York, Londra e Parigi fino a Tokio, Milano, Berlino fino a Città del Messico nell'ambito della mostra itinerante dei cavalli di San Marco. Una volta terminata questa fase, i bronzi furono temporaneamente inviati a Pergola in vista dell'inaugurazione del Museo archeologico di Ancona.
La loro presenza in città ebbe sin da subito una ricaduta molto positiva sia per la sua immagine nel mondo che per l'economia del territorio circostante. Infatti, i pergolesi si resero immediatamente conto delle possibilità di sviluppo legate alla valorizzazione di simili capolavori e contro ogni avversità e pronostico riuscirono ad ottenere che presso la loro comunità trovassero la loro la sede definitiva. Non è un fatto scontato che oggi i bronzi dorati si trovino a Pergola.
Nello specifico, si tratta di quattro statue in realizzate con la tecnica della cera persa utilizzando una lega di rame, stagno, piombo e bronzo. La doratura venne eseguita con il metodo a foglia, mentre l'acconciatura in stile ellenistico della dama (si noti la sottile ciocca di capelli vicino all'orecchio sinistro) lascia ipotizzare una vaga datazione intorno al I secolo d.C.
Non sappiamo se il gruppo scultoreo in origine comprendesse altre statue oltre le due matrone e i due personaggi a cavallo e tantomeno la loro disposizione iniziale. Incerto è anche lo spazio, pubblico o privato, in cui erano inizialmente esposte e le ragioni, nonché le modalità del loro occultamento. Le uniche informazioni a nostra disposizione derivano dall'analisi di quanto rimane delle decorazioni, degli abiti e delle acconciature. Di particolare pregio è il thiasos marino che si compone di una Nereide e di un fiero Tritone che sorreggono uno scudo circondati da delfini e ippocampi.
Entrambi gli stalloni presentano sul pettorale tale raffigurazione e viene spontaneo domandarsi se i due cavalieri volessero così alludere ad un loro forte legame con il mare. Altro elemento che induce molte persone a porsi degli interrogativi sull'identità e sull'idea di religione di queste persone sono le effigi che la mano sapiente dello scultore (o degli scultori) ha saputo modellare sulle falere ben visibili sulla fronte dei due cavalli. Oltre alla testa di un leone, tra le divinità ivi raffigurate sono facilmente distinguibili le icone di Marte e Giove, Giunone e Minerva, Venere e Mercurio. Dai restanti elementi in nostro possesso come l'anello d'oro della donna, il paludamentum e la tunica del cavaliere è ragionevole ritenere che il gruppo scultoreo intendesse omaggiare personaggi molto importanti dell'alta società che era per lo più formata da esponenti di rango senatorio ed equestre. Quasi sicuramente i due cavalieri devono avere avuto alle spalle una carriera militare con incarichi di rilievo e grandiose ambizioni anche in ambito politico.
Tuttavia, come già detto, la loro identificazione resta controversa e numerose ipotesi si sono succedute nel tempo. Dalla famiglia dell'imperatore Augusto a quella del suo successore Tiberio, da membri di spicco dell'elite locale a Cicerone, ai Murena ai Domizi Enobarbi, storici e archeologi hanno avanzato numerose ed affascinanti ipotesi. Per quanti siano desiderosi di approfondire questo misterioso e intrigante aspetto, venerdì 17 settembre alle ore 17:30, si terrà un incontro pubblico dal titolo "Riflessi dorati. Ipotesi e studi a 75 anni dalla scoperta dei Bronzi da Cartoceto di Pergola". L'evento avrà luogo presso il teatro Angel dal Foco e ulteriori informazioni sono disponibili consultando la sezione novità del sito istituzionale del comune di Pergola.
Bibliografia:
- Tonelli Francesco, Ilari Graziano, Roia Armando, Pergola, il vino dei ribelli per l'orgoglio delle colline marchigiane, I edizione, Kellermann editore: San Giuliano Milanese, maggio 2021.
- Landolfi Maurizio, Dalle prime esperienze protostoriche ai bronzi romani di Cartoceto in Scultura nelle Marche, dalle origini all'età contemporanea a cura di Pietro Zampetti, Nardini Editore: Firenze dicembre 1993 - gennaio 1994.
- Clemente Guido, Guida alla storia romana, Edizioni Mondadori: Cles, 2018.
- Spadola Marco, Tre uscite per il treno turistico poi via al traffico commerciale, il gruppo "Pergola nel cuore" plaude al piano di ripristino della tratta Fabriano-Pergola, Corriere Adriatico di Giovedì 2 settembre, p. 26.
- Appignanesi Laura, Paladini Michele, La distruzione dell’arte nel processo di trasformazione della società, Cambio, Rivista Sulle Trasformazioni Sociali, ottobre 2016, vol. 6, no. 11, pp. 109-120.