Neuromarketing e formulazione di strategie per il posizionamento comunicativo sui canali digitali
Negli ultimi tre anni il rigore metodologico e le più moderne tecnologie sono stati per me ottimi alleati per guidare in modo ordinato il cambiamento indotto dalla trasformazione digitale. Si tratta di un cambiamento che in molti contesti si manifesta con le logiche tipiche della digital disruption, ossia, come sostiene Clayton Christensen (1952-2020), un cambiamento che parte inizialmente dal basso e che poi, grazie a una rapida crescita di popolarità, crea nuovi mercati e nuovi valori, diventando una minaccia per i competitor presenti.
La maggior parte dei servizi tipici della platform economy, erogati con modelli di business on-demand e subscription-based, si sono imposti nel mercato con logiche similari in ogni tipologia di settore, dalle banche ai sistemi di pagamento, dal settore dell’auto ai trasporti, dal travel all’entertainment, per abbracciare un ampio spettro di categorie di servizi.
È sufficiente fare una riflessione su un ambito che interessa la maggior parte di noi, ossia la musica.
Correva il 1979 quando fu introdotto il primo Walkman dalla Sony, uno strumento rivoluzionario che ha cambiato per sempre il modo di ascoltare la musica: in mobilità e a livello individuale. Negli anni, il Walkman è cambiato moltissimo fino al punto di essere gradualmente sostituito dal lettore portatile per compact disk. Tuttavia, più che di una rivoluzione, si è trattato di un’evoluzione di standard, visto che le modalità di fruizione della musica non sono sostanzialmente cambiate. Sono serviti più di 20 anni per andare davvero oltre. Per chi se lo ricorda, celebre fu il discorso di Steve Jobs del 2001 durante il quale presentò l’iPod. Ovviamente la rivoluzione non era (solo) nello strumento ma anche nel marketplace Itunes dove poter scaricare legalmente solo le canzoni. E poi? Dopo solo 7 anni, nel 2008, il mondo della musica è cambiamento nuovamente: nasce l’on-demand, a sottoscrizione periodica e condivisibile con altri utenti grazie a Spotify. Vent’anni per passare dal Walkman ad iTunes, solo 7 anni per un modello di business radicalmente diverso.
Cosa accadrà nei prossimi 5 anni?
La questione di fondo è che un cambiamento così dirompente e pervasivo delle logiche di produzione e di consumo, di un’intera economia quindi, può spaventare e ingessare l’azione manageriale, spingendo le imprese più verso l’evoluzione che non verso l’innovazione.
È stato ampiamente dimostrato come la logica e la razionalità spesso vengono a mancare, anche nel caso di persone molto competenti, soprattutto in un contesto di information overload.
Quando il cambiamento si manifesta con frenetici ritmi di accelerazione, emerge il forte bisogno di ancorarsi a solidi punti di riferimento che, tuttavia, vengono meno perché oggi più che mai il tempo sconfessa velocemente la logica convenzionale.
Ecco il fulcro del ragionamento che intendo argomentare in queste poche pagine: cambiano le logiche di pianificazione di un efficace posizionamento comunicativo, quando un’impresa è esposta a incessanti dinamiche di cambiamento? Possono bastare metodo e tecnologia? In un’economia globale che mette tutto in discussione molto frequentemente, quale ruolo può assumere il neuromarketing e l’atto persuasivo a supporto della comunicazione verso un contesto sociale ancora bisognoso di punti fermi?
Digital strategy: una metodologia di riferimento
La frenesia del cambiamento sta imponendo una revisione parziale o totale degli approcci tradizionali alla pianificazione del posizionamento aziendale in un dato contesto competitivo.
La mia metodologia di lavoro parte dall’assunto di base che ogni azione di comunicazione che esuli dalla strategia aziendale è un’attività casuale ed estemporanea, non in grado di offrire all’impresa una garanzia di risultato.
Il legame tra la strategia d’impresa e la strategia di comunicazione quindi non dovrebbe essere messo assolutamente in discussione. In momenti di grande dinamismo ambientale il concetto di allineamento strategico, sia delle fonti di valore che, in modo consequenziale, dei processi comunicativi diventa ancora più importante. Gli step fondamentali per sviluppare un efficace posizionamento comunicativo possono essere così riassunti:
1. allineamento delle fonti di valore interne all’impresa;
2. allineamento delle fonti di valore esterne all’impresa;
3. allineamento dei processi comunicativi;
4. allineamento delle performance;
5. attuazione della strategia;
6. allineamento dei processi di reporting.
Tratterò solo sul primo e sul terzo punto in quanto un errore in queste due fasi potrebbe ripercuotersi sulle altre fasi, pregiudicando in modo irrimediabile l’intera comunicazione di impresa.
Per allineamento delle fonti di valore interne all’impresa si intende l’attività con la quale è possibile allineare i driver comunicativi rispetto alla strategia aziendale.
Per allineamento dei processi comunicativi, invece, si intende lo sviluppo di un preciso posizionamento comunicativo a cui ancorare la strategia di contenuto e le necessarie logiche di diffusione dello stesso.
Allineare le fonti di valore interne comporta le attività di analisi e formalizzazione del nucleo strategico d’impresa, al fine di farne emergere i fattori critici di successo comunicativi aziendali. Più nello specifico, in questa fase occorre:
· mettere a fuoco il nucleo strategico, ossia formalizzare la missione, la visione e i valori di impresa;
· definire i fattori critici di successo dell’impresa da polarizzare rispetto agli elementi del Business Model Canvas Comunicativo;
· strutturare le Buyer Personas, mettendo a fuoco il target a cui l’impresa intende comunicare.
L’errore che spesso si compie nella formalizzazione del nucleo strategico è quello di focalizzarsi sui prodotti e sui servizi che si è in grado di offrire. Questo approccio non contribuisce a costruire un successo duraturo e distintivo nel tempo: i prodotti e i servizi d’impresa mutano e si evolvono sempre più velocemente nel tempo.
Il perché un’impresa esiste, invece, risponde a una convinzione profonda che difficilmente cambia negli anni. Questo aspetto assume un maggior valore se si considera che ogni giorno siamo esposti a decine di migliaia di stimoli che possono attivare o meno la nostra attenzione.
Non è quindi un caso se i nuclei strategici più efficaci sono quelli che si focalizzano maggiormente sui bisogni e sui problemi delle persone, piuttosto che sulle caratteristiche tecniche dei prodotti e servizi offerti.
Un altro errore che spesso si compie è quello di confinare il nucleo strategico in statement più o meno prolissi all’interno di un’area del sito web. Per contro, il nucleo strategico, se comunicato in una logica di storytelling, può avere una forte influenza sulle scelte di consumo.
Questo articolo è un estratto del box di approfondimento di Andrea Cioffi tratto dal mio libro dal titolo: Neurobranding edito da Hoepli.
SEO Copywriter - Content Marketing - Data Journalist
3 anniOttimo lavoro, Mariano Diotto! E fiera di essere stata una studentessa di Andrea Cioffi. 😊
Sales Project Manager @Doctolib
3 anniInteressante! 💡 Andrea Cioffi