Non ci sono più i tetti di una volta
Tetti di Riquewihr, Alsazia (F) - foto di SIlvia Magda Giusti

Non ci sono più i tetti di una volta

Secondo le varie classificazioni per classi di età io faccio parte dei baby boomer. E' un periodo abbastanza ampio (18 anni, dal 1946 al 1964) considerando quello che è accaduto (e quanto velocemente è accaduto) dalla fine della II Guerra Mondiale, fino all'inizio dell'era tecnologica, la mia classe di età è stata definita così grazie all'esplosione demografica dell'Occidente del mondo.

"demografìa s. f. [comp. di demo- e -grafia]. – Studio di carattere prevalentemente statistico dei fenomeni concernenti la popolazione, considerata sia sotto l’aspetto statico, cioè nella consistenza e nella struttura che presenta in un determinato istante (ammontare della popolazione e sua composizione per sesso, età, stato civile, professione, religione, ecc.), sia sotto l’aspetto dinamico, cioè nel processo di rinnovamento continuo cui essa è sottoposta per effetto delle nascite, delle morti e degli spostamenti territoriali (migrazioni) e sociali (mobilità sociale)." Treccani

"evoluzione ... 3. fig. Ogni processo di trasformazione, graduale e continuo, per cui una data realtà passa da uno stato all’altro – quest’ultimo inteso generalmente come più perfezionato – attraverso cambiamenti successivi" Treccani

La mia classe d'età, dal punto di vista del lavoro, è ulteriormente sezionata in due grandi parti: chi ha fatto parte dell'ultima generazione che (nella maggior parte dei casi) ha lavorato sempre nella stessa Azienda (andando in pensione con la "vecchia" legge), e chi ha iniziato il processo di nomadismo aziendale, con pro (soddisfazione di carriera, reddito) e contro di Aziende che "dismettono" personale per "necessità economiche", e ora si trova in una situazione in cui non ha ancora ben chiaro in mente quale e quando sarà la sua pensione.

Il Prof. Carlo Cottarelli propone "Secondo l’Istat, i nati in Italia nel 2021 scenderanno sotto i 400K. Con pochi figli ci saranno meno lavoratori a produrre ciò che è necessario per gli anziani, obbligando questi a ritardare il pensionamento. Servirebbe un meccanismo premiante: chi fa figli vada in pensione prima"

Una parte della mia classe d'età (la parte più giovane?) ha dedicato molta parte della sua vita più ad una possibile carriera lavorativa che ad una possibile famiglia. Con conseguente (badate bene: non sto affermando che è l'unica causa) riduzione delle nascite. Ho molti amici e colleghi che han fatto figli verso i 40 anni, e normalmente non più di uno. Vedo anche che la maggior parte dei facenti parte delle classi di età successive continuano in questo modo. Solo che la ragione è un mix fra propensione alla carriera e mancanza di un reddito costante.

Pongo una questione: c'è qualcuno che non ha mai sentito la frase "non faccio figli perché non voglio farli vivere in questo mondo"? Dove "questo mondo" è la frase sintesi di tutte le delusioni vissute.

No alt text provided for this image

Nel frattempo i giovani (che sono "i nostri figli", io - per inciso - ne ho due, sono sopra la media) sono in un mondo del lavoro completamente diverso. Con regole ancora non chiare e - bisogna dirlo senza fronzoli - che darà meno lavoro di quanto si poteva prima. Questo non perché non ci sia la possibilità "economica" ma perché il fantastico digitale di cui tanto abbiamo bisogno in tanti campi, restringe la possibilità per i non specializzati di lavorare. A meno che - a bocce ferme - non si sia disposti perennemente a lavori usuranti e, nella migliore delle ipotesi, a chiamata.

Intanto si sta facendo sempre più ampio un fronte che spera in un mondo del lavoro dove il bilanciamento lavoro - vita privata sia perfetto. Dove la consapevolezza dell'esistenza sia il motore trainante di tutto. Normalmente sono i più appagati da carriera e reddito. Beati loro.

Io sono sempre dell'idea che chi non si aiuta da solo nessuno lo potrà salvare. Non sono pessimista. Le varie fasi economiche nel medio periodo hanno sempre trovato un punto di equilibrio. Voglio spronare tutti a impegnarsi nella consapevolezza (del reale, non quella dell'esistenza che citavo prima) che bisogna gestire una serie di cambiamenti molto più veloci che in passato. Cambiamenti che in certi casi sono avvenuti senza la nostra dovuta attenzione, mi riferisco a quelli climatici, ma non solo (la cattiva gestione dei conti dello Stato meriterebbe qualche migliaio di pagine). Attenzione che era rivolta all'Io egoista ma anche all'Io "mi accontento".

Evoluzione (riprendo dal principio): Ogni processo di trasformazione, graduale e continuo, per cui una data realtà passa da uno stato all’altroquest’ultimo inteso generalmente come più perfezionatoattraverso cambiamenti successivi" Treccani

Potrebbe anche essere che il prossimo passo evolutivo sia con meno popolazione.

...Se poi volete saperne di più di come le cicogne portano i bambini:


Rosario Donzelli

Head of Sales e Business Development con particolare focus su innovazione, start up e nuovi mercati

3 anni

Bella riflessione. Messa giù così, la proposta di Cottarelli potrebbe avere anche senso (nel lungo periodo, il tempo che i nuovi nati entrino a far parte della popolazione attiva); dall’altra parte c’è da dire, però, che l’ingresso nella popolazione attiva (offerta di lavoro) è condizione necessaria ma non sufficiente perché per poter mantenere “i vecchi” devi anche lavorare, quindi trovare un punto di incontro e di equilibrio con la domanda di lavoro. E si ritorna a quello che secondo me è il vero problema: ci vogliono anche politiche di lavoro che vadano oltre il semplice “agire sul sintomo” e che devono partire già dal sistema scolastico/universitario. È il sistema nel suo complesso che deve funzionare ed essere sostenibile. In passato, per creare posti di lavoro (e agendo sempre sul sintomo) si era pensato di risolvere il problema dell’equilibrio domanda/offerta di lavoro incentivando il pensionamento.

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altre pagine consultate