Perchè essere un parrucchiere quando puoi essere un Hair Stylist?

Perchè essere un parrucchiere quando puoi essere un Hair Stylist?

Del talento, delle ambizioni, della consapevolezza di sé e di come tutto questo c’entri con il mondo aziendale.

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Avete presente quegli studi di acconciatura old style, spesso privi di insegna, con poster riproducenti immagini taroccate di personaggi celebri, acconciature e attrezzature vecchie di decenni, prodotti di seconda/terza scelta e prezzi conseguentemente medio/bassi? 

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Per contro, perchè invece qualcun altro apre saloni invitanti, arredati con particolari “scintillanti” di forte appeal, propone tagli e colori all’avanguardia con prodotti premium, usa i social per promuovere il proprio lavoro e soprattutto investe in formazione con continuità?

Ma soprattutto, perchè oggi è più importante che mai ambire ad essere un hair Stylist piuttosto che un parrucchiere?

Te lo dico subito: perchè altrimenti avrai un guadagno da fame, sarai schiavo delle tasse, ti lamenterai dei cinesi di turno che fanno prezzi più bassi dei tuoi e ti condannerai ad una vita mediocre invidiando l’hair stylist di turno che invece fa una vita celebre, agiata e ricolma di soddisfazioni.

In questo fantastico mondo di opportunità in cui tutto è possibile, la mentalità, la formazione e la caparbietà sono fattori fondamentali per distinguersi dalla massa ed emergere al meglio delle proprie possibilità.

Non c’è nulla di male ad essere “soltanto” un parrucchiere se è esattamente quello che vuoi, ma cos’è invece che impedisce a tutti coloro che hanno ambizioni più elevate di divenire un Hair Stylist rimanendo parrucchiere?

Nel mondo dei liberi professionisti come in quello aziendale, ci sono alcuni fattori fondamentali a riguardo che ho avuto modo di osservare negli oltre 20 anni della mia attività lavorativa sia come manager che consulente.

Consapevolezza di sé: quanti sanno esattamente chi sono e cosa vogliono? E quanti ancora hanno l’umiltà di ammettere i propri limiti, il proprio livello professionale e la propria esigenza di colmare lacune? Riconosciamo quali sono i nostri talenti e abbiamo il coraggio di nutrirli per farli esprimere al meglio, oppure ci accontentiamo di fare il compitino per non dover faticare nella ricerca di qualcosa di più elevato? Abbiamo l’umiltà e la voglia di formarci continuamente dai migliori investendo tempo e denaro preziosi, oppure pensiamo di sapere tutto noi e di essere già arrivati dopo pochi anni di lavoro e qualche corso superficiale?

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Ambizione: uno dei miei fattori preferiti di cui pochi conoscono davvero il significato. È la somma dei termini “ambire” + “azione”, ma quanti si impegnano davvero quotidianamente, per anni al fine di ottenere ciò cui ambiscono? E soprattutto, è qualcosa cui ambiamo sul serio oppure un modello aspirazionale che però non fa parte dei nostri talenti e che non è nelle nostre corde?

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Perseveranza: ciò che fa davvero la differenza tra chi ce la fa e chi no, in assoluto ed in qualsiasi contesto. Non sono sempre l’atleta o il musicista più talentuoso ad avere il maggior successo, ma chi si applica con metodo, costanza e resilienza; non si fallisce mai, si impara ogni volta, ma davvero poche persone sono capaci di perseguire la ricerca del risultato fino a quando ci riescono, anche se questo richiede anni e senza sapere mai quanti, in quale giorno ed istante ciò avverrà. Fosse ancora vivo sarebbe interessante chiederlo a Thomas Edison, inventore della lampadina che oggi diamo tanto per scontata: ma la lampadina non si accese in un lampo. Prima di trovare un buon filamento per la sua invenzione, Edison ne provò 1.600 diversi. Bruciarono tutti quanti ed in pochi minuti. Ma Edison non si scoraggiò, anzi: «Non ho fallito, ho solo trovato 1.600 soluzioni che non funzionano», disse. Grazie a una fibra di bambù carbonizzata, la numero 1.601 fu quella decisiva: il 21 marzo 1879, miracolosamente, luce fu ed oggi dovremmo ringraziare quotidianamente Thomas Edison per non essersi arreso al tentativo 1600, condannandoci ad un futuro mediocre, per quanto affascinante, fatto di candele.

E così io mi chiedo:

Come mai esistono ancora un’infinità di aziende che si condannano alla mediocrità per l’indolenza, l’arroganza o la pochezza dei proprietari o dei manager che la gestiscono, quando invece potrebbero distinguersi e prosperare al di sopra di molte altre?

Da manager e soprattutto da consulente è uno scenario cui ho dovuto assistere inerme fin troppe volte e a cui mai potrò abituarmi, nella speranza di trovare prima o poi quell’azienda che abbia così voglia di librarsi in altro nel cielo stellato del business da guidare con coraggio, passione ed un pò di sana incoscienza.

Evviva gli Hair Stylist!


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