Quando nulla sembra funzionare
Diverso tempo fa, mi sono trovato in una situazione che probabilmente molti di voi conoscono bene. Un paziente con demenza che seguivo da mesi, solitamente calmo, aveva iniziato a diventare sempre più agitato e difficile da gestire e, nonostante tutti i miei sforzi, sembrava che nulla funzionasse. Ogni mio tentativo di comunicare o di calmarlo, infatti, si infrangeva contro una barriera di incomprensione e rabbia e per diversi giorni, mi sono sentito frustrato e impotente. A dire la verità, in più di qualche momento, ho avuto anche la sensazione di aver fallito! Come se non bastasse, poi, la mia mente ci metteva il carico da novanta, perché tanti erano i pensieri di critica e giudizio nei miei confronti. Una parte di me, infatti, non tollerava per nulla quella frustrazione, soprattutto dopo anni di esperienza e formazione. Poi, dopo una fase “critica”, mi sono ricordato di quante volte ho vissuto la stessa esperienza in tutti questi anni e, soprattutto, di quanto la frustrazione sia una parte integrante del mio lavoro, anche se nel marasma emotivo, alcune volte mi capita ancora che io mi dimentichi di questa semplice verità!
Se anche tu ti trovi ad affrontare queste stesse difficoltà, vorrei condividere con te gli strumenti che mi hanno aiutato, sperando che possano esserti utili.
Il primo è stato di riconoscere che la frustrazione è normale e che fa parte del lavoro.
Sembra banale, ma non lo è affatto. Innanzitutto, perché lavorare con pazienti che non possono esprimere chiaramente i loro bisogni non è affatto facile e richiede tanta energia, empatia e pazienza. Inoltre, lavorare con pazienti che convivono con la demenza significa anche trovarsi di fronte a situazioni che non possiamo né controllare né risolvere immediatamente e questo di sé può essere fonte di frustrazione, che necessariamente bisogna accettare.
Un altro elemento fondamentale è stato il supporto dei colleghi.
Ricordo ancora quanto mi ha fatto bene condividere con loro le mie frustrazioni durante una supervisione e quanto mi ha fatto sentire meno solo ascoltare anche le loro stesse difficoltà.
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Infine, uno strumento che mi ha aiutato moltissimo è stata la mindfulness.
In diversi momenti di estrema difficoltà, infatti, ho fatto esperienza di quanto possa essere di vitale importanza fare una pausa anche di un minuto per respirare profondamente e ricalibrare le emozioni. Questa semplice pratica mi ha permesso di riprendere il controllo della situazione, evitando di reagire impulsivamente alla mia frustrazione.
Come diceva Viktor Frankl, 'Quando non siamo più in grado di cambiare una situazione, siamo chiamati a cambiare noi stessi” e il cuore del nostro lavoro è proprio questo:
Accogliere l'incertezza, imparare a navigare tra le onde e trovare sempre un nuovo equilibrio
Se anche tu affronti momenti di frustrazione con i tuoi pazienti, quali strategie hai provato per gestirla? Hanno funzionato?
Docente presso Scuola Secondaria di Secondo grado
5 mesiGrazie! Osservazioni utili